Bruxelles – Agricoltura europea cercasi. Tra il 2005 e il 2020 l’Unione europea registra una diminuzione di circa il 37 per cento di aziende agricole, passando da 14,4 milioni di imprese a 9,1 milioni. Sono andate perse qualcosa come 5,3 milioni di ditte, secondo le stime di Eurostat, dai cui dati emerge come anche il ‘made in Italy’, che pure ha nel settore primario una produzione di eccellenza, non sia rimasto immune all’emorragia di operatori del comparto. Nel giro di quindici anni si registra la perdita di 595.510 aziende agricole, alla fine del 2020 poco superiori al milione (1.133.020).
La chiusura delle imprese attive nella produzione agro-alimentare non risparmia nessun tipo di attività, che sia specializzata su allevamento del bestiame, che sia principalmente coltivazioni, o che sia mista. Rispetto al 2005, alla fine del 2020 si contano 1,6 milioni in meno di aziende specializzate in allevamento, 0,9 milioni in meno di aziende agricole specializzate in colture, e 2,6 milioni in meno di aziende miste.
Anche in questo caso l’Italia non si distingue per controtendenze. Anzi. Nello stesso periodo di riferimento risultano più che dimezzate le imprese dedite a pastorizia e allevamento, scese da 6.830 a 3.360, a cui si accompagna la diminuzione delle aziende da bestiame misto, principalmente bestiame al pascolo (9.770 a 3.500 aziende).
Il made in Italy in sostanza perde slancio come tutta l’agricoltura europea. Un dato che induce a riflettere su come e quanto il sistema Paese sappia effettivamente garantire la provenienza e la natura italiana di ciò che finisce sullo scaffale, in tema di carne. Di fronte a questi numeri il ‘no’ a quella sintetica assume un altro significato.