Bruxelles – Il governo rassicura, com’è giusto che sia così. Ma di per sé, se c’è bisogno di rassicurare è perché qualcuno, da qualche parte, nutre se non preoccupazioni dei dubbi. Quel qualcuno da qualche parte è la Commissione europea a Bruxelles, che inizia a interrogarsi sull’effettiva volontà dell’attuale maggioranza di tenere fede agli impegni presi in materia di piano nazionale per la ripresa (Pnrr). Non è un compito dei più agevoli, viste le tante riforme e misure da realizzare in tempi anche molto spediti, in una situazione economica globale non facile. Ma l’esecutivo comunitario si prende più tempo per valutare il percorso di attuazione tricolore. Segno che i conti non tornano.
Fa bene la Commissione a temporeggiare. Per un punto di vista di scrupolo tecnico, vista la complessità della materia, e per evitare scossoni in un momento di rinnovate turbolenze sui mercati finanziari. L’Italia è il principale beneficiario dei fondi del Recovery Fund per risorse complessive (191,5 miliardi di euro, 123 miliardi in prestiti e 68,9 miliardi in garanzie), il secondo dopo la Spagna per sovvenzioni a fondo perduto (69,5 miliardi contro 68,9 miliardi). Annunciare pubblicamente che non si può procedere all’esborso di nuove tranche di aiuti europei per i problemi nel Paese avrebbe delle ripercussioni.
A Bruxelles comunque si loda lo sforzo italiano. “Fin qui l’attuazione è regolare”, scandisce Veerle Nuyts, portavoce responsabile per le questioni economiche. Fin qui, guardando ai progressi compiuti, “il giudizio è positivo”, e proprio per questo “è importante proseguire in questo modo, con un’attuazione efficace e veloce“. Per gli eventuali nodi che sembrano profilarsi all’orizzonte “produrremo le nostre valutazioni entro la fine di aprile“.
Che la Commissione guardi con attenzione e una sempre più crescente apprensione al governo Meloni non è una novità. E’ da quando si è insediato l’esecutivo Fdi-Lega-FI che non si fa altro che inviare richiami alle riforme. Uno degli ultimi, in ordine temporale, quello del commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, una decina di giorni fa. Si pensa troppo al ponte sullo Stretto e poco al piani di ripresa, la reprimenda. Con delle ragioni di fondo.
Per finanziare i vari Pnrr, quantomeno le componenti utili alle transizioni verde e digitale, i governi hanno deciso di creare debito comune, permettendo alla Commissione di emettere green bond per reperire i fondi necessari sui mercati. Si è rotto un tabù. C’è la possibilità di fare di questo cambiamento epocale una regola, a patto che l’attuale meccanismo di ripresa funzioni. Questo Gentiloni l0 ha detto in tempi non sospetti. Era l’aprile 2021. In quella sede chiarì come tutto dipende dall’Italia. Ancora prima, a marzo 2021, ricordò le regole del gioco: erogazione semestrale solo dopo aver fatto i compiti a casa.
Il nuovo governo, però, pretende di rivedere quanto negoziato a Bruxelles. Fin qui la Commissione ha offerto la disponibilità che può. Modifiche limitate sono possibili, ma non si può pretendere di stravolgere il tutto. Eppure c’è una tendenza tutta italiana a voler tirare dritto, con il governo che apertamente non fa mistero di voler procedere se non a modo proprio comunque in modo diverso, nel rispetto della visione d’Europa propria della coalizione che si riflette inevitabilmente anche sul Pnrr.
Al netto di quello che probabilmente l’Italia non è nelle condizioni di rispettare anche a causa delle mutate condizioni generali dell’economia globale (ma la Commissione sta verificando, va ricordato) c’è anche l’aspetto di quello che il Paese non sembra voler fare. E’ soprattutto questo che preoccupa Bruxelles. Che non ha bisogno di dirlo, perché in questi mesi l’occasione per mandare messaggi, fossero richiami o preoccupazioni, non è mancato.
C’è però un dato che emerge, ed è relativo alla struttura tecnico-burocratica. “Notiamo che molti strumenti devono essere attuati a livello locale, e migliorare la capacità amministrativa è fondamentale“, rileva ancora la portavoce Nuyts. Dall’Italia si leva la voce di Matteo Biffoni, sindaco di Prato. “Fidatevi dei sindaci. Non conosco qual è la situazione sui fondi tra governo e Commissione, ma conosco la situazione dei Comuni, a cui non possono essere imputati ritardi di alcun tipo”. Anche se, ammette, servono correttivi. “La situazione a livello di burocrazia è imbarazzante. Serve una burocrazia più snella” e soprattutto più personale. “Gestire più progetti a parità di persone è una sfida“.