Bruxelles – Ancora polemiche sui trattamenti riservati alle persone migranti che bussano le porte ai confini dell’Unione europea. Nel giorno in cui il Comitato del Consiglio d’Europa per la prevenzione della tortura (Cpt) chiede ai governi dei Paesi membri “di proteggere da ogni forma di maltrattamento i cittadini stranieri privati della libertà secondo le leggi sull’immigrazione e di porre fine ai respingimenti ai confini terrestri o marittimi”, la Corte europea per i diritti dell’uomo (Cedu) condanna l’Italia al risarcimento di 4 cittadini tunisini, privati della libertà nell’hotspot di Lampedusa e vittime di un’espulsione collettiva.
Nel suo rapporto annuale, il Cpt ha dichiarato di aver ricevuto numerose segnalazioni di maltrattamenti di cittadini stranieri da parte della polizia e delle guardie di frontiera e ha visitato centri di immigrazione vicini ai confini in pessime condizioni. Gli esperti del Consiglio d’Europa, nelle sette visite periodiche compiute nel corso del 2022 in Croazia, Italia, Lettonia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo e San Marino, hanno incontrato “un numero crescente di persone” che hanno denunciato di aver subito respingimenti violenti, senza che fossero considerate le loro situazioni personali, durante le intercettazioni in mare o ai valichi di frontiera.
Che è esattamente ciò che quattro cittadini tunisini hanno contestato allo Stato italiano, e a cui oggi la Corte europea per i diritti dell’uomo ha dato ragione, condannando l’Italia a un risarcimento per un totale di 50 mila euro (12.500 euro a testa). I quattro erano stati soccorsi in mare nell’ottobre del 2017 e accompagnati nell’hotspot di Lampedusa per essere identificati: rimasti per dieci giorni nel centro, in condizioni “disumane e degradanti”, senza poter mai interagire con le autorità, sarebbero poi stati portati insieme ad altre quaranta persone all’aeroporto dell’Isola e forzatamente respinti in Tunisia.
Secondo il verdetto della Corte di Strasburgo, l’Italia avrebbe violato tre articoli della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, rendendosi responsabile di trattamento disumano e degradante, di privazione della libertà personale e di espulsione collettiva. Tanto la Cedu quanto la Cpt ricordano che “le difficoltà dovute all’afflusso di migranti e di richiedenti asilo non esentano gli Stati membri dai loro obblighi in materia di diritti umani”. Il presidente del Cpt, Alan Mitchell, si è scagliato in particolare contro i respingimenti, definiti “illegali e inaccettabili”: la documentazione raccolta negli anni, avrebbe permesso al Cpt di identificare “chiari schemi di maltrattamento fisico nei confronti di cittadini stranieri nel contesto delle operazioni di respingimento”. Pugni, schiaffi e manganellate da parte di agenti “che talvolta rimuovono le loro etichette identificative o le mostrine della polizia per nascondere la loro identità”.