Bruxelles – I Balcani Occidentali spingono per l’allineamento alla politica estera dell’Ue, per avvicinarsi ancora di più all’adesione all’Unione. Non tutti, perché la questione è molto delicata per Serbia e Bosnia ed Erzegovina, toccando direttamente il tema delle sanzioni internazionali contro la Russia. Ma gli altri quattro – Albania, Kosovo, Macedonia del Nord e Montenegro – hanno già fatto tutti i compiti a casa da quando è iniziata l’invasione dell’Ucraina e vedono nel rispetto totale delle misure restrittive dell’Ue uno dei punti di forza nel proprio percorso di avvicinamento all’ingresso nell’Unione.
Ecco perché da ieri (29 marzo) è nata una nuova iniziativa politica, la Western Balkan Quad – 100% compliance with Eu foreign policy, con l’obiettivo di coordinare le politiche e le migliori pratiche dei quattro Paesi dei Balcani Occidentali. “Dopo l’aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina, l’allineamento alla Pesc [Politica estera e di sicurezza comune, ndr], ma ancor più in generale alle posizioni e ai valori del mondo democratico, si è trasformato in una delle priorità più importanti dei Paesi che aspirano all’adesione all’Ue, un chiaro messaggio di dove questi Paesi appartengono“, si legge nella dichiarazione congiunta dei ministri degli Esteri di Albania, Kosovo, Macedonia del Nord e Montenegro.
Un’iniziativa nei Balcani Occidentali che nasce e si svilupperà “alla luce della nuova realtà geopolitica, delle minacce ibride, della crisi energetica e delle conseguenze economiche” causate dalla guerra russa, per cui l’Ue ha già deciso di stanziare un pacchetto complessivo da un miliardo di euro. I Paesi del Western Balkan Quad – un forum informale che affianca le già esistenti Open Balkan (zona economica e politica tra Albania, Macedonia del Nord e Serbia) e il Processo di Berlino (iniziativa diplomatica per l’allargamento Ue nella regione) – baseranno il proprio confronto sul fatto che “individualmente abbiamo dimostrato di essere partner affidabili della Nato e dell’Ue“, non solo con l’allineamento sulle sanzioni, ma anche attraverso “una specifica assistenza umanitaria e di altro tipo all’Ucraina”. Da qui ne scaturirà uno scambio “sugli attuali sviluppi regionali e internazionali, il processo di attuazione e applicazione delle politiche, dei regolamenti e degli standard dell’Ue”.
Non si può non notare l’assenza di due attori centrali per i rapporti dell’Ue con i Balcani Occidentali: Serbia e Bosnia ed Erzegovina. Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, la Serbia ha sempre cercato di mantenere una – quasi insostenibile – politica di non-allineamento, per non perdere da una parte il più influente partner commerciale e politico (l’Unione Europea, tra cui in particolare l’Italia riveste un ruolo chiave) e dall’altra il punto di riferimento privilegiato per la propria retorica nazionalista (la Russia). Questo riguarda anche le sanzioni internazionali contro la Russia, che Belgrado si è sempre rifiutata di adottare, e una serie di mosse politico-economiche al limite dello scontro diplomatico con Bruxelles. Più complessa la situazione in Bosnia ed Erzegovina, dove lo scenario politico è in costante stallo per le posizione manifestamente filo-russe della Republika Srpska, l’entità a maggioranza serba del Paese: qualsiasi tentativo a Sarajevo di far passare politiche restrittive contro Mosca sono state bloccate dalla componente serba della presidenza tripartita e del Parlamento bicamerale.
A che punto sono i sei Paesi dei Balcani Occidentali nel percorso verso l’Ue
Sui sei Paesi dei Balcani Occidentali che hanno iniziato il lungo percorso per l’adesione Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e l’ultimo ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo. Per Tirana e Skopje i negoziati sono iniziati nel luglio dello scorso anno, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Podgorica e Belgrado si trovano a questo stadio rispettivamente da 11 e nove anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre dello scorso anno anche Sarajevo è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione, mentre Pristina è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata alla fine dello scorso anno: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue non lo riconoscono come Stato sovrano (Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia) e parallelamente deve essere implementato un delicatissimo accordo di normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo.
Il processo di allargamento Ue in cui sono impegnati i sei Paesi dei Balcani Occidentali inizia con la presentazione da parte di uno Stato extra-Ue della domanda formale di candidatura all’adesione, che deve essere presentata alla presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea. Per l’adesione all’Unione è necessario prima di tutto superare l’esame dei criteri di Copenaghen (stabiliti in occasione del Consiglio Europeo nella capitale danese nel 1993 e rafforzati con l’appuntamento dei leader Ue a Madrid due anni più tardi). Questi criteri si dividono in tre gruppi di richieste basilari che l’Unione rivolge al Paese che ha fatto richiesta di adesione: Stato di diritto e istituzioni democratiche (inclusi il rispetto dei diritti umani e la tutela delle minoranze), economia di mercato stabile (capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale) e rispetto degli obblighi che ne derivano (attuare efficacemente il corpo del diritto comunitario e soddisfare gli obiettivi dell’Unione politica, economica e monetaria).
Ottenuto il parere positivo della Commissione, si arriva al conferimento dello status di Paese candidato con l’approvazione di tutti i membri dell’Unione. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio Ue di avviare i negoziati che, anche in questo caso, richiede il via libera all’unanimità dei Paesi membri: si possono così aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile), il cui scopo è preparare il candidato in particolare sull’attuazione delle riforme giudiziarie, amministrative ed economiche necessarie. Quando i negoziati sono completati e l’allargamento Ue è possibile in termini di capacità di assorbimento, si arriva alla firma del Trattato di adesione (con termini e condizioni per l’adesione, comprese eventuali clausole di salvaguardia e disposizioni transitorie), che deve essere prima approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio all’unanimità.