Bruxelles – La data è stata fissata, ma la tensione politica è già altissima. Il 21 maggio la Grecia tornerà alle urne per scegliere i nuovi 300 membri del Parlamento monocamerale, in un clima di approccio alle elezioni tutt’altro che sereno. Tra frammentazione e polarizzazione dello scenario partitico, nuovo sistema di rappresentanza e scandali sull’uso di spyware che da mesi stanno mettendo sotto torchio il governo di Kyriakos Mitsotakis, gli elettori greci affronteranno mesi pre- e post-elezioni particolarmente intensi sul piano delle polemiche tra le tre maggiori forze in campo: Nuova Democrazia di Mitsotakis, il Movimento Socialista Panellenico (Pasok) e la Coalizione della Sinistra Radicale – Alleanza Progressista (Syriza).
Ad annunciare la data ufficiale è stato lo stesso premier, sottolineando che le elezioni generali in Grecia “si terranno alla fine del mandato quadriennale, come mi ero impegnato a fare fin dall’inizio”, a un mese e mezzo dalla scadenza naturale della legislatura. Lo scenario che si apre è di particolare incertezza, considerato soprattutto il nuovo sistema elettorale approvato nel 2020. Il primo turno sarà basato su un sistema di tipo proporzionale, ma se non si riuscisse a mettere in piedi una maggioranza parlamentare, il complicato sistema elettorale greco prevede il passaggio da un secondo turno maggioritario (previsto per il 2 luglio), che assicura al partito più votato un bonus di 50 seggi supplementari.
Il vero problema emerge quando si considera il rapporto tra i vari partiti e le diverse intenzioni post-elettorali. I conservatori di Nuova Democrazia (affiliati al Ppe) rifiutano coalizioni di governo e puntano tutto sul secondo turno, con l’obiettivo di migliorare le attuali stime del 34 per cento secondo i sondaggi, per arrivare al premio di maggioranza e formare un nuovo esecutivo monocolore. Sullo spettro opposto della scena politica in Grecia, il principale partito di opposizione Syriza (nel gruppo della Sinistra al Parlamento Ue) è sempre più vicino nei sondaggi ed è aperto a coalizioni progressiste con i socialisti di Pasok (S&D) e tutte le piccole forze che riusciranno a superare la soglia del 3 per cento per entrare in Parlamento (in particolare il Partito Comunista di Grecia e il Movimento per la democrazia in Europa 2025 dell’ex-ministro delle Finanze Yanis Varoufakis). Il problema sta sempre nei numeri – non è scontato che la coalizione raggiunga già al primo turno la maggioranza necessaria – e i disaccordi tra le anime di sinistra: il leader di Pasok, Nikos Androulakis, è consapevole di poter diventare l’ago della bilancia e si è già candidato a potenziale primo ministro della coalizione, una mossa non particolarmente gradita a Syriza.
I nuovi attacchi alla Grecia sullo spyware Pegasus
Tutto questo mentre in Grecia il governo Mitsotakis è sotto torchio non solo per le responsabilità indirette che hanno portato al disastro ferroviario dello scorso primo marzo a Larissa, ma anche per gli scandali sull’uso e l’esportazione dello spyware Predator che soprattutto a Bruxelles sono sotto la lente di osservazione della Commissione e del Parlamento Ue. Proprio ieri (28 marzo) il vicepresidente dell’esecutivo comunitario responsabile dell’Economia e il commercio, Valdis Dombrovskis, ha criticato il governo greco nel corso di un’audizione alla commissione d’inchiesta dell’Eurocamera incaricata di esaminare l’uso di Pegasus e di spyware di sorveglianza equivalenti (Pega). “So cosa significa per un regime monitorare i propri cittadini“, è stato l’attacco di Dombrovskis – in riferimento alla nazionalità lettone, fino al 1991 ufficialmente parte dell’Unione Sovietica – “gli spyware non dovrebbero essere utilizzati se non per motivi di sicurezza pubblica”.
Dall’agosto dello scorso anno il governo di Nuova Democrazia è accusato di aver utilizzato lo spyware contro membri della società civile, giornalisti e oppositori politici, compreso l’eurodeputato e leader di Pasok, Nikos Androulakis. Come rivelato dallo stesso Androulakis lo scorso settembre, tutto è nato quando la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, aveva deciso di reagire con decisione allo scandalo del CatalanGate, in cui erano rimasti coinvolti cinque eurodeputati indipendentisti catalani. Da allora i servizi dell’Eurocamera permettono a tutti gli eurodeputati che ne facciano richiesta di esaminare i propri smartphone, per verificare se sono stati oggetto di spionaggio attraverso spyware. Androulakis se ne era avvalso a fine giugno a livello precauzionale e dal primo controllo è stato rilevato un link legato allo spyware Predator, sviluppato in Israele.
Come per lo spyware Pegasus – che per ora ha coinvolto i governi di Polonia, Ungheria e Spagna – anche Predator, al centro di quello che gli eurodeputati hanno definito “il WaterGate di Grecia”, sfrutta i difetti del software dello smartphone per raccogliere informazioni sulle attività online di un utente senza il suo consenso, come conversazioni, e-mail, messaggi, foto, video. Lo spyware permette anche di trasformare il dispositivo in un registratore audio e video per sorvegliare in tempo reale il contatto intercettato. Oltre al possibile utilizzo contro i cittadini greci, il vicepresidente della Commissione Ue Dombrovskis ha annunciato ai membri della commissione Pega che lo scorso 14 febbraio l’esecutivo comunitario ha chiesto ad Atene di fornire “chiarimenti” sulle notizie di esportazione di licenze Predator a Sudan e Madagascar, ma il governo non ha ancora risposto. Tutto questo troverà molto probabilmente spazio nel rapporto finale a firma Sophie in ‘t Veld (Renew Europe), che sarà presentato a fine aprile, prima delle elezioni in Grecia del 21 maggio. Un altro fattore che potrebbe rimescolare le carte in uno scenario politico particolarmente delicato nel Paese membro Ue.