Bruxelles – I video lasciano spazio a pochi dubbi, ma per la Commissione Europea 48 ore non sono abbastanza e chiede tempo per analizzare quanto accaduto nel Mar Mediterraneo, al largo delle coste della Libia ma già in acque internazionali. “Non commentiamo i dettagli di questo incidente specifico, ma chiederemo alle autorità libiche spiegazioni e chiarimenti su ciò che è successo e perché“, è il commento laconico del portavoce-capo dell’esecutivo comunitario per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Peter Stano, nel corso del punto quotidiano di oggi (27 marzo) con la stampa europea. Al centro delle polemiche c’è il comportamento di sabato (25 marzo) della cosiddetta Guardia Costiera libica, le cui milizie hanno minacciato con le armi – ed effettivamente sparato in aria o in acqua – sia la nave Ocean Viking della SOS Méditerranée sia un gommone carico di persone migranti dalla motovedetta 656, donata dall’Italia nel 2017.
“Quando avremo più informazioni dalla parte libica, potremo dire con certezza se si trattava di una motovedetta fornita dall’Ue”, ha spiegato Stano. Non si tratterebbe della motovedetta consegnata a Tripoli un mese fa nell’ambito del programma Support to integrated border and migration management in Lybia (Sibmmil) della Commissione Ue, ma dell’ex-pattugliatore ex G.85 Fortuna donate da Roma nel 2008 all’allora dittatore Muamar Gheddafi e poi riconsegnate nel 2017 alla Libia dopo le operazioni di riparazione per i danni subiti nel corso del rovesciamento del regime nel 2011. “La nostra assistenza non prevede finanziamenti alla Guardia Costiera libica, ma miglioramenti alle capacità per le attività di ricerca e soccorso in mare, con addestramento e mezzi, nel rispetto dei diritti umani”, ha rivendicato Stano.
Ciò che hanno riportato le Ong SOS Méditerranée e Sea-Watch mostrano tutt’altro rispetto a un’operazione di ricerca e soccorso in mare. Nella mattinata di sabato, dopo la segnalazione di Alarm Phone (il servizio che fornisce assistenza ai migranti nel Mediterraneo) di un gommone con circa 80 persone in difficoltà, sia la nave Ocean Viking sia la motovedetta 656 della cosiddetta Guardia Costiera libica si sono trovate nello stesso tratto di mare, in acque internazionali. Come mostrato da un video di SOS Méditerranée, il pattugliatore ha minacciato la nave dell’Ong con spari in aria, impedendo le operazioni di soccorso e costringendo l’equipaggio ad abbandonare l’area. A quel punto l’aereo Seabird dell’Ong Sea-Watch ha filmato le pericolose manovre della motovedetta per fermare il gommone – inclusi spari in mare a pochi metri dalle persone in difficoltà – prima di catturare tutti i naufraghi e riportali in Libia: “È una violazione del diritto internazionale commissionata e pagata dall’Italia e dalla Ue”, ha denunciato l’organizzazione non governativa tedesca.
https://twitter.com/SeaWatchItaly/status/1639701516259868673?s=20
“Noi non sappiamo quale mezzo è stato utilizzato, ma indagheremo sugli sviluppi“, ha temporeggiato il portavoce della Commissione Ue. Dopo il naufragio dello scorso 12 marzo al largo delle coste libiche per mancanza di coordinamento, il nuovo episodio – opposto per tipo di dinamiche da parte delle milizie libiche – rischia di minare la strategia tratteggiata dalla presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, di fornire altre due nuove motovedette a Tripoli. “La nostra assistenza è molto flessibile e la adattiamo in base allo sviluppo sul terreno e dal comportamento dei partner”, dal momento in cui “la sicurezza e i diritti dei migranti vengono prima di tutto”, ha cercato di parare il colpo Stano di fronte alle domande incalzanti della stampa europea. “Dobbiamo ricordare che la Libia è un Paese in conflitto, che non permette sempre un approccio facile e ideale”.
Oltre a ciò, la Libia non ha sottoscritto la Convenzione sullo status del rifugiati del 1951, non conduce operazioni di soccorso in mare – come ha dimostrato l’azione violenta di sabato scorso – ed è responsabile di “sistemiche violazioni dei diritti umani”, come ha ricordato in un’intervista a Eunews il relatore per la raccomandazione del Parlamento Ue, Giuliano Pisapia (S&D). La Guardia Costiera libica non è nemmeno una vera e propria Guardia Costiera, considerato il fatto che il Paese dilaniato dalla guerra civile è diviso in due: Tripoli e la Libia nord-occidentale sono controllate dal Governo di unità nazionale di Abdul Hamid Dbeibah, mentre Sirte e la Libia centrale e meridionale dal governo di Fathi Bashagha, mentre rimane fortissima l’influenza politico-militare del generale Khalifa Haftar nelle zone orientali. In assenza di un governo centrale in grado di controllare tutto il territorio nazionale, ogni milizia rivendica per sé l’autorità e le competenze di una Guardia Costiera.