Bruxelles – Un dossier “molto importante”, perché ha a che fare con il futuro dell’Unione europea e dei suoi Stati membri. Un tema tanto delicato da rischiare di tenere i capi di Stato e di governo seduti attorno al tavolo più del preventivato. Chi segue da vicino i lavori che portano al vertice del Consiglio europeo ammette che di “non sapere quanto durerà” il confronto tra i Ventisette sulle questioni di governance economica. Un punto all’ordine del giorno del summit al via domani, 23 marzo, che “potrebbe essere ragionevolmente lungo”.
Non è solo una questione di Eurosumit, come da prassi consolidata collocato nel secondo giorni di lavori. Perché la riforma del patto di stabilità si intreccia anche col tema della competitività che pure trova in agenda uno spazio rilevante. Qui ricade la riforma del mercato elettrico, l’accesso alle materie prime critiche, ma pure gli investimenti che servono per tradurre in pratica le rivoluzioni verde e tecnologica che l’Ue si è posta come obiettivo strategico di lungo periodo.
Per essere competitivi occorrono regole comuni di bilancio che permettano di esserlo. E’ questo il nodo da sciogliere, e che interessa l’Italia, Paese dall’elevato livello di debito pubblico e, per questo, senza spazi di spesa. Se non si ottiene la regola per cui alcuni interventi di spesa per gli investimenti non sono conteggiati ai fini del deficit e dello stesso debito, “bisognerà negoziare altre cose per trovare o compensare quegli spazi di spesa che non ci sono, altrimenti poi alla fine questi investimenti non si fanno”, ragionano a Bruxelles.
E’ questa la linea dell’Italia, con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, deciso a ribadirla una volta di più. Dovrà superare le resistenze dei soliti noti, quei partner molto attenti ai conti (Germania, Austria, Paesi Bassi, Danimarca e Finlandia) e poco inclini a eccessiva flessibilità. Tutto può succedere, poiché mentre per il vertice del Consiglio europeo delle conclusioni sono tracciate, per tutto ciò che riguarda la riforma della governance è ancora tutta da scrivere, e non si scriverà in questa data.
Così come andrà ricercata in altra sede la riforma del Meccanismo europeo di stabilità, il cui trattato deve essere ancora essere approvato dal parlamento di Roma. Non è intenzione sollevare il tema, e Meloni se ne guarderà bene, ma il dibattito dell’Eurosummit difficilmente non potrà portare a richiami in quel senso. Il fallimento di Silion Valley Bank e la crisi di Credit Swiss, se non pone rischi per l’eurosistema, dall’altra vede la Bce mettere pressione sui governi per il completamento dell’Unione bancaria.
La riforma del Mes gioca un ruolo in questo percorso. Da accordo siglato a fine gennaio 2021, dall’1 gennaio 2022 il fondo salva-Stati avrebbe dovuto iniziare a fornire denaro al Fondo di risoluzione unico, istituito per ristrutturare o liquidare le banche in difficoltà. L’Europa è in ritardo, e lo è a causa dei cambi di idea di un Paese per cui non sorprenderebbe richiesta di chiarimenti nei corridoi, nei momenti di pausa del lavori. L’Italia ha deciso che continuerà a bloccare. Così ha detto Meloni, smentendo il suo ministro dell’Economia, il leghista Giorgetti.
Il capitolo economico del vertice dei capi di Stato e di governo dunque porta con sé divisioni tutte da ricucire e soluzioni ancora da trovare. Nell’Ue dallo strutturale deficit di politica estera comune, la sintesi tra le parti sembra esserci più sulle questioni di geopolitica internazionale che alle questioni relative alle specificità del mercato unico. Il sostegno all’Ucraina non si discute (ma si tratta di definirlo in dettaglio, anche se la fornitura di munizioni e gli aiuti economici non appaiono in dubbio), l’impegno per il multilateralismo neppure, la necessità di fare di più in materia energetica è condivisa. E’ sulle questioni economiche che occorrerà lavorare.