Bruxelles – Le bollette diminuiscono, ma non necessariamente al calo dei prezzi dell’energia può corrispondere una diminuzione dell’inflazione. Christine Lagarde condivide aspettative e timori, e si dice pronta a mantenere la linea decisa adottata finora. La presidente della Banca centrale europea sceglie la platea del convegno ‘La Bce e i suoi osservatori XXIII’ per fare il punto di una situazione fatta di luci e ombre. “Finora non vediamo una chiara evidenza che l’inflazione sottostante stia tendendo al ribasso”.
Da un lato, spiega la numero uno dell’Eurotower, “il calo dei prezzi dell’energia sta indebolendo un fattore chiave delle pressioni inflazionistiche sottostanti”. Un fattore, questo, che spinge l’inflazione al ribasso. Dall’altra parte, però, “le crescenti pressioni interne sui prezzi potrebbero controbilanciare parte di questo impulso deflazionistico”. E avverte: “Se continua così e la domanda aggregata si riprende dagli attuali livelli compressi, potremmo assistere a un passaggio dalle pressioni sui prezzi importati a quelle interne che manterrà elevate le pressioni complessive sui prezzi”.
I timori di Lagarde derivano dalle dinamiche del mercato del lavoro. Quello che sta accadendo, spiega, è che “di fronte alla carenza di manodopera, le imprese stanno rispondendo alla domanda più debole in primo luogo accumulando manodopera, ovvero riducendo ulteriormente le ore lavorate piuttosto che tagliando i posti di lavoro“. Buona notizia da un punto di vista occupazionale. Ma alla Bce che resta focalizzata sull’inflazione e la necessità di un ritorno al valore di riferimento del 2 per cento, “con il calo dei prezzi dell’energia e l’aumento dei salari, i redditi disponibili delle famiglie sono destinati ad aumentare”. Con le ripercussioni del caso sui prezzi al consumo. Ecco la spirale a cui a Francoforte si guarda con una certa apprensione.
Per queste ragioni la Bce continuerà ad aumentare i tassi di interesse di riferimento, come fatto finora. “Affinché le pressioni inflazionistiche si allentino, è importante che la nostra politica monetaria operi con fermezza in direzione restrittiva”, ribadisce una volta di più Lagarde. E’ consapevole che un aumento dei tassi rende più oneroso chiedere prestiti e più costoso ripagare mutui. Ma, sottolinea, “dall’ultima volta che la Bce ha condotto un importante ciclo di rialzi, a metà degli anni 2000, la struttura finanziaria dell’area dell’euro si è evoluta”, tanto che oggi “la quota dei mutui a tasso variabile è diminuita, rallentando la trasmissione degli aumenti dei tassi di interesse nei pagamenti del debito”.