Bruxelles – Contro le crisi come quelle di Silicon Valley Bank la risposta è: schema europeo di garanzia sui depositi (Edis) e completamento dell’Unione bancaria. “Dobbiamo assolutamente procedere con l’Edis“, scandisce Andrea Enria, il presidente del Consiglio di vigilanza della Bce. “La necessità non deriva dal caso della Silicon Valley Bank”, ma si poneva già prima. “Con schemi diversi si rischia di avere un sistema frammentato”, qual è quello esistente. Lo ricorda ai deputati della commissione Affari economici. “Ci troviamo di fronte a quadri nazionali di liquidazione bancaria molto eterogenei e ruoli diversi per i sistemi di garanzia dei depositi negli Stati membri“.
Il motivo è l’incapacità degli Stati membri dell’Ue di trovare un accordo sulla proposta di schema comune di depositi. E’ uno degli elementi portanti di un progetto di unione bancaria ancora in fase di realizzazione. La Commissione europea l’ha presentata nel 2015, ma sette anni di discussioni non sono bastati per raggiungere una sintesi e, di conseguenza un accordo. Tutto fermo, perché le probabilità di chiudere sono poche.
Permane la divisione tra quegli Stati membri che prima di condividere il rischio ne vorrebbero una riduzione. I nordici non vogliono usare le proprie risorse per istituti di credito di altri Paesi a rischio liquidità. Un impasse da cui Enria esorta a uscire quanto prima, considerato che fin qui “l‘unione bancaria ha dimostrato più di una volta la sua capacità di gestire rapidamente gli scenari di crisi bancaria”.
Per questo, insiste il supervisore capo della Bce, “è importante muoverci verso miglioramenti mirati nella legislazione e nelle pratiche. Questo ci aiuterebbe anche ad avvicinarci di un passo al completamento dell’unione bancaria“. Un principio valido prima, e ancor di più dopo il crack di Silicon Valley Bank e le difficoltà di Credit Swiss.
Conferma comunque una volta di più che “non esiste un legame diretto degli eventi statunitensi per le banche significative dell’area dell’euro“. Ciò in virtù di condizioni diverse. Svb aveva circa l’80 per cento dei depositi non assicurato, e “le banche che controlliamo non presentano le caratteristiche anomale di un rischio di tasso di interesse estremo e di una dipendenza predominante da una base di depositi concentrata e non assicurata”.