Bruxelles – L’acquirente di un veicolo a motore dotato di un impianto di manipolazione illecito beneficia di un diritto al risarcimento da parte del costruttore dell’automobile “qualora detto impianto abbia causato un danno a tale acquirente”. Lo ha stabilito la Corte di giustizia europea, nella sentenza sulla causa intentata in Germania contro Mercedes Benz. I giudici di Lussemburgo ricordano che la direttiva quadro sulle omologazioni prima, e il regolamento in materia poi, stabilisce “un collegamento diretto tra il costruttore di automobili e il singolo acquirente di un veicolo a motore volto a garantire a quest’ultimo che il veicolo sia conforme alla normativa pertinente dell’Unione“.
Nel caso di specie, ma soprattutto in linea di principio generale, se un costruttore di automobili installa un programma che falsa i valori sulle emissioni di gas di scarico, “gli Stati membri sono quindi tenuti a prevedere che l’acquirente di un simile veicolo benefici di un diritto al risarcimento da parte del suo costruttore”. La natura nazionale dell’azione viene sottolineata nella sentenza che sancisce i diritti dei consumatori. Spetta infatti al giudice nazionale “svolgere le valutazioni di fatto necessarie” per stabilire se il software di programmazione in dotazione sull’automobile messa in commercio debba essere qualificato come impianto di manipolazione oppure no.
Non è la prima volta che la Corte di giustizia dell’Ue si pronuncia sul caso. Nello scandalo noto come ‘dieselgate’ per l’alterazione dei dati sulle emissioni dei motori diesel, le case automobilistiche sono state condannate al risarcimento per l’illecito prodotto e i danni scaturiti.