Bruxelles – Il sostegno dell’industria bellica europea all’Ucraina ha aperto la strada, ora Bruxelles sembra pronta a fornire equipaggiamento militare nel continente africano. Al primo Forum Schuman per la sicurezza e la difesa, l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, ha annunciato che “sarà adottata presto una misura per fornire attrezzature letali ai nostri partner africani, Niger e Somalia”.
Non si tratta dunque di equipaggiamento leggero, ma nello specifico di “munizioni per elicotteri al Niger e munizioni per scopi di addestramento alla Somalia“, sostenute attraverso lo strumento europeo per la pace (European Peace Facility), il programma con cui l’Unione europea ha stanziato in un anno oltre 4,5 miliardi di euro per rispondere all’invasione russa in Ucraina e per operazioni militari in diversi Paesi africani, in Libano, in Giordania, in Moldavia e in Georgia. Uno strumento utilizzato “così tanto”, che lo scorso 14 marzo il Consiglio dell’Ue ne ha aumentato il massimale finanziario: dai 5 miliardi originali ai 7,979 miliardi di euro (a prezzi correnti) fino al 2027.
“La nostra risposta alla guerra in Ucraina ha cambiato il modo in cui l’Europa guarda alla propria agenda in materia di difesa e sicurezza”, ha ammesso Borrell: la rottura di un “tabù”, quello di finanziare i rifornimenti di armi di un Paese in guerra, è saltata all’occhio anche ai partner del continente africano, che “chiedono sempre di più un supporto, anche di attrezzature letali“. Per poter “soddisfare le aspettative” dei partner, esattamente un anno fa l’Ue ha lanciato la Bussola Strategica (Strategic Compass), che ha consentito un rafforzamento delle missioni e delle operazioni civili e militari, con “formazioni e attrezzature più mirate”. Ne è l’esempio la missione di addestramento in Niger lanciata il mese scorso: una missione di partenariato militare, a guida italiana, che secondo Borrell segue il modello “addestrare ed equipaggiare”, non solamente “addestrare”.
Il contrasto alla presenza russa in Africa
I rappresentanti di oltre 50 Paesi partner dell’Ue che si sono riuniti al Forum Schuman sono per il capo della diplomazia europea la risposta “all’indebolimento del multilateralismo e al ritorno della politica di potenza in tutto il mondo”. Mentre Pechino strizza l’occhio a Mosca, il blocco occidentale si rinsalda attorno all’Ucraina, ma non vuole rischiare di cedere terreno all’autoritarismo di stampo russo-cinese in Africa. “Abbiamo tratto lezioni dalle sfide che affrontiamo nella Repubblica centrafricana e in Mali”, ha dichiarato Borrell, sottolineando lo sforzo insufficiente delle missioni europee in entrambi i Paesi, che hanno aperto la strada all’insinuazione del gruppo Wagner, lo “spietato procuratore del regime russo”.
Perché anche il Cremlino ha la sua strategia di affermazione nel continente africano: la presenza crescente in Africa di istruttori militari russi, e quella più oscura del gruppo Wagner, viene giustificata da Mosca con il contrasto alle forze jihadiste che operano nel Sahel. In realtà, la presenza russa sul continente africano sarebbe costellata di ripetute violazioni dei diritti umani: nel giugno 2021, in un rapporto delle Nazioni Unite sulla Repubblica centrafricana, gli “istruttori” mercenari russi sono stati indicati come responsabili di numerose uccisioni, torture, violenze sessuali e saccheggi.
“Le Nazioni Unite possono contare su di noi e sul nostro continuo sostegno” in tutte le missioni, “dal coordinamento politico e operativo alla condivisione delle informazioni e delle immagini satellitari”, ha concluso l’Alto rappresentante Ue. Perché la guerra in Ucraina ha testato la solidità del legame tra Ue e Nato, un legame “più forte che mai”. Che chiama l’Africa dalla sua parte.