Bruxelles – Il Qatargate, l’inchiesta della magistratura belga su presunti casi di corruzione che coinvolgono deputati e funzionari del Parlamento europeo, ha finito per riaccendere i riflettori su un problema cronico del regno di Filippo: il sovraffollamento delle carceri e il ricorso massiccio alla detenzione preventiva, e più in generale il rispetto dei diritti umani nei confronti dei detenuti.
Il tema del sovraffollamento delle carceri è stato sollevato in prima battuta dai legali di Silvia Panzeri e Maria Colleoni, figlia e moglie dell’ex deputato europeo considerato al centro della “cricca”, Pier Antonio Panzeri, sulle quali pendevano due richieste di estradizione in Belgio. Anche gli avvocati di Andrea Cozzolino, europarlamentare del Pd, hanno evidenziato le condizioni precarie delle carceri belghe per scongiurare la consegna del proprio assistito. La difesa dell’ex vicepresidente del Parlamento europeo, Eva Kaili, ha invece denunciato le condizioni inumane a cui è sottoposta la donna. E l’avvocato di Marc Tarabella ha chiesto la ricusazione del giudice istruttore, Michel Claise, a causa della violazione del principio della presunzione d’innocenza: per tutti i sospettati, il magistrato belga ha disposto fin dall’inizio la custodia cautelare, salvo concedere il braccialetto elettronico a Francesco Giorgi, compagno di Kaili e assistente di Andrea Cozzolino, dopo tre mesi di detenzione.
Un sovraffollamento delle carceri di lunga data
Secondo uno studio sulle prigioni europee richiesto dalla Commissione parlamentare Ue per le libertà civili (Libe), sono 7 i Paesi dell’Unione in cui è presente un “serio sovraffollamento” delle carceri, tra cui Italia, Grecia e Belgio. Nel 2021, il tasso di occupazione delle 37 prigioni belghe era del 158 per cento, vale a dire 158 detenuti per ogni 100 posti. Lo Stato belga è stato invitato a più riprese, nell’arco degli ultimi anni, a porre un rimedio al fenomeno: nel 2019, una sentenza del tribunale francofono di Bruxelles condannava lo Stato come responsabile del sovraffollamento carcerario, in particolare riguardo le strutture di Saint Gilles e di Forest, e chiedeva di riportare la popolazione alla capacità massima degli istituti entro sei mesi. Se la prigione di Forest è stata definitivamente chiusa lo scorso novembre, sostituita dal nuovo carcere di Haren, quella di Saint Gilles ospitava ancora circa 900 persone, a fronte di una capacità di 502 detenuti.
È toccato poi al Consiglio d’Europa, in particolare al Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani e degradanti (Cpt), evidenziare i problemi persistenti nelle carceri belghe. Il 29 novembre 2022, a seguito di una serie di visite nelle carceri di Anversa, Lantin, Saint Gilles e Ypres, il Cpt constatava “il sovraffollamento di lunga data e la carenza di personale” in tutti gli istituti e chiedeva “nuovamente alle autorità di ridurre la popolazione carceraria e affrontare il sovraffollamento, in linea con le raccomandazioni del Consiglio d’Europa”.
La detenzione preventiva in Belgio
Per affrontare il tema del sovraffollamento, e le violazioni dei diritti dei detenuti che ne conseguono, una delle vie indicate a più riprese dalle istituzioni europee è mettere mano alle leggi che regolano il ricorso alla detenzione preventiva. Una questione non solo belga, ma europea. Secondo l’ultimo report del Consiglio d’Europa, sarebbero oltre 98 mila le persone nelle carceri europee sottoposte al regime di custodia cautelare. Un detenuto su cinque, sul territorio comunitario, è un presunto innocente, che non ha ancora ricevuto una condanna definitiva. Ma se la media europea è del 22 per cento dei detenuti, in Belgio tocca il 38,4 per cento: 3.983 persone su 10.379 totali. Lo studio del Consiglio d’Europa evidenzia come il tasso di occupazione delle strutture carcerarie nel Paese diminuirebbe di oltre 60 punti percentuali, passando dal 158 al 97 per cento, se non fossero più detenute in carcere le persone non condannate.
In generale, gli Stati Ue consentono la detenzione preventiva solo per gli imputati che rischiano determinate pene minime: almeno un anno in Belgio, due in Spagna, tre in Francia e dai tre ai cinque in Portogallo. Perché si possa ricorrere alla carcerazione, deve inoltre essere presente il rischio di distruzione delle prove o di influenzare i testimoni o le vittime, il rischio di reiterazione del reato o il rischio che l’imputato cerchi di fuggire prima del processo. C’è poi la questione del tempo massimo previsto per le custodie cautelari. La Convenzione europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che una persona in detenzione preventiva ha il diritto di “essere processata entro un termine ragionevole o rilasciata”. La Commissione europea, lo scorso dicembre, ha elaborato una raccomandazione in cui chiede agli Stati membri di utilizzare la custodia cautelare solamente come extrema ratio e di accompagnarla da revisioni periodiche.
Bruxelles ha inoltre stabilito standard minimi per le dimensioni delle celle: “Gli Stati membri dovrebbero assegnare a ciascun detenuto una superficie minima di almeno 6 m2 nelle celle a occupazione singola e 4 m2 nelle celle a più occupanti”. Non è proprio la situazione che hanno trovato lo scorso 20 dicembre i membri della Commissione di sorveglianza della prigione di Saint Gilles, incaricati del controllo indipendente della struttura, del trattamento riservato ai detenuti e del rispetto dei loro diritti. In una lettera al sindaco del comune, la commissione di sorveglianza ha constatato che “le condizioni dei detenuti e del personale sono peggiori che mai e si degradano di giorno in giorno“. A causa del sovraffollamento, vengono utilizzate “celle che erano bruciate, in cui l’impianto idraulico non funziona” e addirittura alcune “senza finestre”. A causa della carenza di personale inoltre, la lettera denuncia l’annullamento “delle più elementari attività per i detenuti”. Nelle celle d’isolamento, i detenuti “non ricevono più acqua calda per lavarsi” e sono costretti a utilizzare “sanitari difettosi che emanano un odore fetido”. Secondo la Commissione di sorveglianza, le condizioni di detenzione nel carcere di Saint Gilles costituirebbero un “trattamento inumano e degradante“, in violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. “Lo Stato belga è colpevole di violazioni dei diritti umani fondamentali dei detenuti”, conclude la missiva.