Bruxelles – La vera sfida è la Cina. Nella corsa alla transizione sostenibile il vero ostacolo è quello cinese. La Repubblica popolare dispone di materie prime fondamentali in quantità, da cui l’Ue oggi dipende fortemente, troppo, per poter chiudere un occhio. Non è un caso se nella proposta di regolamento in materia, l’esecutivo comunitario dedichi passaggi e addirittura un paragrafo specifico alla questione. In un generale senso di urgenza per la diversificazioni di approvvigionamento per ciò che serve affinché il Green Deal si traduca in realtà, emerge la necessità di evitare di ritrovarsi schiacciati tra pochi, grandi venditori.
“L’Ue dipende quasi esclusivamente dalle importazioni di molte materie prime critiche“, si ricorda nel testo. La strategia della Commissione europea si spiega con questo. Perché “i fornitori di tali importazioni sono spesso altamente concentrati in un ristretto numero di paesi terzi, sia nella fase di estrazione che di trasformazione”. Vuol dire essere in balia di altri soggetti, e mettere nelle mani di governi più o meno capricciosi il destino della scommessa green dell’Ue.
A proposito di transizione verde, i minerali alla base della produzione delle tecnologie rinnovabili sono le terre rare. Il magnesio serve per produrre le batterie necessarie per le auto pulite, il gallio trova utilizzi nel fotovoltaico. Per tutte queste materie prime, la quota di fornitura per l’Ue dalla Cina “è superiore al 90 per cento”. Ma non c’è solo il processo di estrazione, c’è anche quello di lavorazione. Qui, sottolinea la Commissione, “gli elementi di terre rare pesanti, utilizzati nei magneti permanenti, sono raffinati esclusivamente in Cina“.
La geografia delle materie prime considerate strategiche, perché strategici per l’Ue sono green-economy e innovazione tecnologica, le due grandi transizioni che l’Europa è decisa a portare avanti, è a forte connotazione cinese anche per ciò che riguarda litio, cobalto, e manganese, tutti materiali utili per la produzione delle batterie per l’auto elettrica. Ebbene, “la Cina controlla il 56 per cento della capacità globale di litio raffinato, il 60 per cento di cobalto raffinato, il 58 per cento di manganese raffinato“.
Sul cobalto la proposta di regolamento per la materie prime critiche approfondisce ancora di più. Il 63 per cento del cobalto mondiale, utilizzato nelle batterie, viene estratto nella Repubblica Democratica del Congo, mentre il 60 per cento viene raffinato in Cina. Questo particolare minerale accende i riflettori sulla corsa ai mercati mondiali. “Alcuni attori hanno ampliato il loro dominio sulla catena del valore globale acquisendo il controllo di attività economiche e asset in paesi terzi, come la Cina che controlla le miniere di cobalto in Congo (gli azionisti cinesi controllano due aziende in Congo che insieme rappresentano il 13,8 per cento della produzione mondiale di cobalto)”.
Dati alla mano, i pochi forniti e tutti legati alla Repubblica popolare cinese, emerge come il principale ostacolo alla strategia europea arrivi da est e conferma una volta di più la sfida geopolitica di una transizione non certo agevole sotto molteplici punti di vista.