Bruxelles – Fondi comuni per ricerca e sviluppo oltre il 3 per cento del Pil. Per Ursula von der Leyen è arrivato il momento di proporre ai capi di Stato e governo un aumento della spesa comune per gli investimenti nella ricerca per rendere l’Unione europea più competitiva a livello industriale e non solo. Nel suo intervento in plenaria a Strasburgo, la presidente della Commissione europea ha confermato questa mattina che una proposta in tal senso sarà sul tavolo al Vertice europeo del 23 e 24 marzo a Bruxelles, quando i leader Ue discuteranno di come rafforzare la competitività industriale dell’Ue.
“Ci siamo prefissati l’obiettivo di spendere il 3 per cento del nostro Pil in ricerca e sviluppo entro il 2030. Lentamente ma inesorabilmente, ci stiamo avvicinando all’obiettivo però non è abbastanza. Altri sono più veloci e migliori”, ha messo in guardia la leader tedesca, ricordando che mentre l’importo che l’Ue spende in ricerca e sviluppo sta lentamente aumentando, “la nostra quota di spesa globale in ricerca e sviluppo è scesa dal 41 al 31 per cento negli ultimi 20 anni”. Per questo – ha annunciato – “insieme alla presidenza svedese del Consiglio, vorrei proporre ai capi di Stato e di governo di aumentare l’obiettivo comune dell’Europa per la spesa per la ricerca. Ciò non è necessario solo per i ricercatori, gli scienziati e le imprese europee. È anche un forte segnale di quanto siamo seri nel rafforzare la nostra competitività”, ha spiegato.
L’obiettivo del 3 per cento è stato fissato nel quadro della strategia di Lisbona, adottata dal Consiglio europeo straordinario del marzo 2000, fondata sull’obiettivo strategico di rafforzare l’occupazione, le riforme economiche e la coesione sociale nel contesto di un’economia fondata sulla conoscenza. Il documento stimava all’ora che se l’Europa raggiungesse davvero gli obiettivi che si erano prefissati, il Prodotto Interno Lordo di Europa potrebbe aumentare dal 12 al 23 per cento e l’occupazione di circa l’11 per cento. Ora per Bruxelles gli obiettivi vanno aggiornati, nel quadro delle riflessioni che il Continente sta facendo su come rafforzare la competitività del mercato unico, di fronte al rischio di rimanere indietro rispetto a economie che vanno più veloci, Stati Uniti e Cina.
La proposta potrebbe essere contenuta nella strategia per la competitività dell’Ue a lungo termine che la Commissione dovrebbe adottare e dunque presentare domani, dopo la riunione del collegio. La riflessione europea prende le mosse dall’Inflation Reduction Act (IRA), il piano di sussidi verdi degli Stati Uniti da quasi 370 miliardi di euro e altri regimi di sovvenzione per la tecnologia pulita in tutto il mondo rappresentano una sfida per la competitività dell’Unione europea. Per rispondere alla sfida della competitività la Commissione europea promuove l’idea di un Piano industriale per il Green Deal, una strategia di lungo termine per la competitività dell’industria, di cui le proposte legislative dovrebbero essere svelate domani: il ‘Net-Zero Industry Act’, la proposta di regolamento per l’industria a emissioni zero e il ‘Critical Raw Material Act’ per non perdere la corsa all’approvvigionamento di materie prime critiche per la transizione.
Perno centrale del Piano industriale sarà la legge Net-Zero, di cui Eunews ha anticipato una bozza la scorsa settimana. Nella sostanza, il piano si pone l’obiettivo di introdurre un quadro normativo prevedibile e semplificato per lo sviluppo di tecnologia pulita, sulla scia del ‘Chips Act’ varato per i semiconduttori. In plenaria von der Leyen ha spiegato che con la legge sull’industria a zero emissioni, l’esecutivo fisserà l’obiettivo entro il 2030 di produrre almeno il 40 per cento della tecnologia pulita in Europa. “Stiamo facilitando le autorizzazioni e creando regimi di aiuti di Stato più semplici, consentendo agevolazioni fiscali e un uso flessibile dei fondi Ue”. Insieme all’obiettivo complessivo del 40 per cento, Bruxelles fisserà una serie di obiettivi produttivi vincolanti da raggiungere entro il decennio per quei settori industriali che vengono considerati chiave per il passaggio allo zero netto, tra cui il solare, l’eolico, le pompe di calore, le batterie e l’idrogeno. Ricalcando l’idea alla base del Chips Act, la proposta legislativa punta soprattutto sull’individuare una categoria di cosiddetti “progetti di resilienza Net-Zero”, ovvero progetti considerati di importanza strategica dal punto di vista del contributo che possono dare alla transizione energetica. E che, secondo la Commissione Ue, devono poter godere di procedure accelerate per le autorizzazioni e di vedersi mobilitare fondi in via di priorità.
La seconda proposta legislativa è il piano sulle materie prime critiche, per ridurre la dipendenza europea da Paesi terzi, in particolare la Cina. “Il 98 per cento delle nostre forniture di terre rare e il 93 per cento del nostro magnesio provengono dalla Cina”, ha ricordato von der Leyen, incalzando a “rafforzare e diversificare le nostre catene di approvvigionamento con partner affini”. L’obiettivo della legge sarà quello di fissare un target per l’estrazione di più minerali critici in Europa. “Vogliamo aumentare la nostra capacità di lavorazione fino a raggiungere almeno il 40 per cento del consumo annuale”. Prioritario per la Commissione “riciclare di più”, ha detto von der Leyen citando il Canada – dove si è recata la scorsa settimana – dove ha “visitato un’azienda che è in grado di riciclare il 95 per cento di litio, cobalto e nichel dalle batterie. Il 95 per cento riciclato. Questo è il futuro”, ha detto.