Bruxelles – Case green, l’Europarlamento dice sì. Dopo il primo via libera in commissione Industria, ricerca ed energia (Itre) lo scorso 9 febbraio, la divisiva revisione della direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia (la cosiddetta EPDB – ‘Energy Performance of Building Directive’) ha ricevuto il via libera dall’intero Parlamento europeo riunito a Strasburgo con 343 voti a favore, 216 contrari e 78 astenuti. Il testo uscito dall’Eurocamera, che conferma la struttura di quello adottato un mese fa in Itre, diventerà la posizione dell’Europarlamento sulla revisione della direttiva per poter avviare i negoziati con gli Stati membri che hanno già adottato la loro posizione a ottobre, stravolgendo in parte la proposta originaria della Commissione europea di dicembre 2021.
L’Europarlamento rafforza i target di efficienza rispetto alla proposta originaria della Commissione europea avanzata a dicembre 2021, ma garantisce più flessibilità agli Stati membri per raggiungerli attraverso i piani nazionali. Le case dovrebbero raggiungere almeno la classe di prestazione energetica ‘E’ entro il 2030 e ‘D’ entro il 2033 (la Commissione Ue proponeva di raggiungere la classe “F” entro il primo gennaio 2030 e la classe “E” entro il primo gennaio 2033). Gli edifici non residenziali e pubblici dovrebbero raggiungere le stesse classi rispettivamente entro il 2027 e il 2030 (la Commissione ha proposto ‘F’ ed ‘E’). Il testo adottato prevede che tutti i nuovi edifici siano a emissioni zero dal 2028 (la Commissione proponeva il 2030) e tutti i nuovi edifici dovranno disporre di impianti solari entro il 2028.
Confermata una serie di deroghe (sempre da stabilire a livello nazionale) con la possibilità di escludere gli edifici protetti per il loro particolare valore architettonico o storico, gli edifici tecnici, l’uso temporaneo di edifici o chiese e luoghi di culto. Gli Stati membri possono anche esentare gli alloggi pubblici sociali. Nei piani nazionali di ristrutturazione gli Stati dovranno includere regimi di sostegno con obiettivi realistici e misure per facilitare l’accesso a sovvenzioni e finanziamenti, oltre che istituire punti di informazione gratuiti e programmi di ristrutturazione a costo zero. Compromesso raggiunto inoltre sull’eliminazione dei combustibili fossili negli edifici entro il 2035 o, se concordato dalla Commissione, entro il 2040 al più tardi.
Sul voto non ci sono state grandi sorprese. La proposta è stata sostenuta da un accordo politico di compromesso raggiunto nelle settimane precedenti dai principali gruppi all’Europarlamento – Partito popolare europeo (PPE), Socialisti&Democratici (S&D), Renew Europe, Verdi Ue -, che ha spianato la strada al via libera in commissione e ora in plenaria. Poco prima del voto, il centrodestra italiano a Strasburgo ha dichiarato l’intenzione di votare compatto contro la proposta: la delegazione della Lega all’Europarlamento ha presentato una proposta di rigetto dell’intera iniziativa (poi bocciata al voto in plenaria), mentre il capodelegazione di Forza Italia, Fulvio Martusciello, ha dichiarato di ritenere la proposta “fortemente dannosa nei confronti del bene sacro degli italiani, ovvero la casa. Mi fa piacere prendere atto che i gruppi del centrodestra italiano avranno tutti la stessa posizione, seguiranno tutti l’indicazione del presidente Berlusconi votando contro questa direttiva”. Alla domanda su quali siano i punti di criticità della riforma, ha spiegato che “non vanno bene i tempi, non è il momento per creare problemi alle imprese e agli italiani”.
Secondo Patrizia Toia, eurodeputata Pd e vicepresidente della commissione Industria, Ricerca ed Energia, “sull’efficienza degli edifici è meglio ottenere finanziamenti e deroghe, come abbiamo fatto noi eurodeputati Pd, che sbandierare la propria opposizione, come fa la destra, per poi subire le normative europee senza poterle modificare”. la parlamentare ricorda che “noi abbiamo preferito lavorare seriamente per migliorare i testi e ancora una volta abbiamo saputo farlo su un provvedimento complesso come quello della ristrutturazione degli edifici, che resta indispensabile per risparmiare energia, pagare meno le bollette e per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni sottoscritti anche dalla maggioranza di governo italiana. I partiti di governo si limitano a dire ‘no’ e vengono sconfitti”.
Da prima che fosse presentata dalla Commissione europea a dicembre 2021, la proposta di direttiva ha sollevato in Italia un’aspra polemica soprattutto per quanto riguarda la parte relativa ai finanziamenti. Secondo le stime, basate sulla proposta della Commissione Ue che difficilmente rimarrà uguale dopo il negoziato con il Parlamento europeo e gli Stati membri, per l’Italia potrebbe significare dover ristrutturare al massimo tra 3,1 e i 3,7 milioni di edifici residenziali entro il 2033, degli oltre 12 milioni totali. Si tratta di stime approssimative dal momento che si basano sulla proposta della Commissione. Dopo il via libera in plenaria, inizierà il confronto con i negoziatori del Consiglio Ue. La presidenza di Stoccolma punta a raggiungere un accordo politico entro la fine del semestre, il 30 giugno prossimo.