Bruxelles – “Irrealistica e preoccupante per l’ambiente”, perché rischia di frenare la transizione e il rinnovamento del parco auto dell’Ue. La proposta della Commissione europea sui nuovi standard Euro 7 per le emissioni di auto e furgoni non piace agli otto ministri dei trasporti Ue – di Italia, Germania, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania e Portogallo – che oggi si sono incontrati a Strasburgo (gli ultimi quattro connessi da remoto) a una riunione a margine dei lavori della sessione plenaria per fare un punto sul futuro dei dossier europei che riguardano l’industria automotive dell’Ue. Oltre agli standard Euro7, la riunione è stata anche l’occasione per fare un punto sui negoziati in stallo al Consiglio sullo stop ai motori a combustione interna dal 2035 e sulle nuove norme di riduzione delle emissioni per i veicoli pesanti, con l’idea di inviare a Bruxelles nelle settimane un resoconto dettagliato dell’incontro e sulle richieste dei Paesi.
Una riunione convocata su iniziativa del ministro di Praga, Martin Kupka, per discutere principalmente degli Euro7 ma che per l’Italia, rappresentata a Strasburgo dal ministro Matteo Salvini, è soprattutto un’occasione per ribadire il ‘no’ secco del Paese allo stop della vendita dei veicoli a combustione interna, benzina e diesel, a partire dal 2035. Fonti del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti assicurano che è stata confermata “piena sintonia” tra Roma, Berlino e Varsavia sulla questione. Insieme a Kupka, Salvini ha incontrato fisicamente a Bruxelles il ministro tedesco Volker Wissing e il polacco Andrzej Adamczyc, con il quale Salvini ha avuto un bilaterale al termine della riunione.
Il voto in Consiglio Ue sulle auto a combustione è tenuto in ostaggio da una settimana da Berlino, che chiede alla Commissione europea un impegno più vincolante di quello attuale a presentare una proposta per aprire la strada ai veicoli alimentati con carburanti sintetici (e-fuel) anche dopo il 2035. Un mercato ancora acerbo, su cui però Berlino punta e che potrebbe in effetti costare più dell’elettrico. L’Italia e la Polonia hanno confermato l’intenzione di votare contro il dossier, mentre la Bulgaria ha deciso di astenersi. Ma con i soli voti contrari di Roma e Varsavia e l’astensione di Sofia l’accordo avrebbe ottenuto comunque il via libera con voto a maggioranza qualificata, che si raggiunge quando il 55% degli Stati membri vota a favore (in pratica, 15 Paesi su 27) e quando gli Stati membri che appoggiano la proposta rappresentano almeno il 65% della popolazione totale dell’Ue. Con l’astensione o l’opposizione della Germania (che rappresenta circa il 18% della popolazione europea) si andrebbe a creare una minoranza di blocco in seno al Consiglio Ue. Al termine dell’incontro, Salvini ha dichiarato in un video che la riunione con gli omologhi è stata positiva “per dire no alla messa al bando delle auto a benzina e diesel”, dal momento “che il solo elettrico significa fare un regalo alla Cina, licenziare in Italia, licenziare in Europa, non aiutare l’ambiente e mettersi in mano alla potenza cinese”. Ha poi aggiunto che la transizione ecologica “è fondamentale ma non va avanti a colpi di multe, divieti, obblighi, penalizzazioni e di tasse. Questo sia sulla casa che sulle auto. Evviva la transizione ecologica e ambientale ma accompagnata, non imposta per legge da Bruxelles sulla testa e il portafoglio degli italiani”, ha dichiarato.
Qui Strasburgo, insieme ai ministri di Germania, Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria, Romania, Slovacchia e Portogallo a difesa di aziende e posti di lavoro, nel nome del buonsenso e della sostenibilità ambientale, economica e sociale.
Vi aggiorno.#stopdivietoauto pic.twitter.com/er3b5FeiH1— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) March 13, 2023
Stando alle parole del ministro ceco per i trasporti Kupka, però, i ministri hanno toccato l’argomento solo marginalmente, il focus dell’incontro erano gli Euro7. “Si è discusso anche della possibilità di introdurre nel regolamento un’esenzione giuridicamente vincolante per i carburanti sintetici (e-fuels) alle norme Ue” che prevedono lo stop ai motori a combustione interna dal 2035, ha sintetizzato il ministro in conferenza stampa. Più urgente, secondo Praga, è trovare una convergenza per portare la Commissione europea a rivedere le norme sugli standard Euro7 nei prossimi mesi, spostando in avanti anche le date per l’entrata in vigore della normativa (che la Commissione ha fissato per il 2025). La proposta è stata avanzata da Bruxelles a novembre e propone di rendere i test sulle emissioni dei veicoli più coerenti con le condizioni di guida reali e di fissare limiti alle emissioni di particolato causate dall’usura di freni e pneumatici (che, secondo Bruxelles, stanno per diventare le principali fonti di emissioni di particolato dai veicoli), con l’obiettivo di ridurre entro il 2035 le emissioni di ossido di azoto (NOx) di auto e veicoli commerciali leggeri del 35% rispetto al precedente standard Euro 6. Gli standard di emissione Euro 7 introducono dunque limiti più ambiziosi per gli inquinanti atmosferici, ma non riguardano le emissioni di CO2 che invece sono regolate dal regolamento sull’addio alla vendita delle auto e dei furgoni con motore a combustione interna, diesel e benzina, dal 2035.
La proposta sugli standard Euro7 non piace a molti Stati membri, né all’industria. Secondo Praga, la proposta è controproducente ed è necessario modificarla nei prossimi mesi dal momento che richiede agli Stati azioni difficilmente praticabili. L’altro rischio secondo i Paesi contrari è che l’aumento dei costi delle auto potrebbe “rallentare l’aggiornamento delle flotte” che invece è fondamentale per ridurre l’impatto ambientale. Nelle prossime settimane l’idea è quella di inviare alla Commissione europea “un resoconto di questo breve incontro, diviso per argomenti sui tre dossier che sono stati affrontati dai ministri”, ha spiegato ancora il ministro. Fonti diplomatiche spiegano che tra gli Stati membri non c’è urgenza di accelerare i lavori sul dossier per l’approvazione dentro al Consiglio Ue. A quanto si apprende, nonostante l’attuale presidenza svedese di turno al Consiglio Ue stia cercando di accelerare i lavori sul fascicolo, l’Italia tra altri Paesi sta spingendo per rallentarne l’approvazione in seno al Consiglio dove la discussione ancora non è stata avviata e la riunione di oggi ne è una testimonianza. E’ probabile che il dossier finisca direttamente sul tavolo della futura presidenza della Spagna, che guiderà il Consiglio Ue dal primo luglio al 31 dicembre