Bruxelles – Fanno discutere le testimonianze raccolte dal New York Times all’interno dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), secondo cui l’accordo che l’agenzia delle Nazioni Unite stipulò nel 2017 con il Qatar, che prevedeva un versamento di 25 milioni di dollari da parte del governo di Doha nelle casse dell’Ilo, avrebbe portato a un atteggiamento più morbido sui diritti dei lavoratori nell’emirato, in vista dei mondiali di calcio.
Fa discutere anche a Bruxelles, perché l’Unione europea è nell’occhio del ciclone “Qatargate” e perché la Commissione europea non ha mai messo in dubbio le valutazioni prodotte dall’Ilo sugli standard e la situazione del lavoro nei Paesi di tutto il mondo. Qatar compreso: le posizioni della Commissione europea, che esaltavano i progressi fatti dal Qatar sui diritti dei lavoratori, si sono sempre basate sui giudizi dell’Ilo. “Non possiamo sostituirci all’Ilo, dobbiamo fare affidamento sulle loro valutazioni”, ha dichiarato oggi (13 marzo) la portavoce dell’esecutivo comunitario, Dana Spinant, sottolineando l’importanza di “lavorare con tali organizzazioni, che sono pagate e incaricate di raccogliere dati e osservare pratiche, con il compito di produrre valutazioni riguardo alla situazione del lavoro in qualsiasi Paese del mondo”.
L’accordo in questione, firmato l’8 novembre 2017, prevedeva l’istituzione di un programma di cooperazione della durata di 3 anni tra Doha e l’agenzia dell’Onu. Il corrispettivo versato all’Ilo però, è stato reso noto solamente la scorsa estate, quando un ex dipendente dell’Ilo, Abdoullah Zouhair, ha rivelato al sito d’informazione francese Blast il lato economico del programma. Tutto legale, perché la natura giuridica dell’organizzazione prevede, tra le diverse fonti di finanziamento, la possibilità di ricevere risorse finanziarie da Paesi a cui fornisce assistenza tecnica, ma la firma dell’intesa tra Ilo e Qatar è arrivata contemporaneamente a un drastico cambio di rotta dei giudizi sul Qatar. Da una procedura di tipo inquisitorio a un accordo di collaborazione: proprio l’Ilo, annunciando la missione, informava di chiudere allo stesso tempo un reclamo contro il governo di Doha per l’inosservanza della Convenzione sul lavoro forzato. I 25 milioni di dollari, secondo l’Ilo, servivano a coprire i costi del personale e operativi, la formazione, la ricerca, gli strumenti di comunicazione: sono già stati fatti più di 25 finanziamenti di questo tipo in passato, con Paesi come Brasile, Sudafrica, Arabia Saudita, Kuwait e altri. Ma per il New York Times, l’accordo con il Qatar, uno dei più consistenti versamenti nella storia dell’Ilo, avrebbe avuto come conseguenza la rinuncia ad effettuare ulteriori indagini sugli abusi commessi nel Paese ai danni dei lavoratori.
La Commissione Ue e l’endorsement al Qatar
La brusca interruzione delle dure critiche a Doha “alla luce delle ultime significative modifiche apportate dal Governo del Qatar alla sua legislazione sul lavoro”, ha quindi aperto la strada all’endorsement definitivo anche da parte dell’Unione europea e ha salvato l’immagine dei Mondiali di calcio, su cui pesavano forti accuse relative alle condizioni di lavoro degli operai migranti, con il The Guardian che prima della manifestazione parlò addirittura di 6.500 morti bianche nei cantieri della Coppa del mondo. Il vicepresidente della Commissione europea, Margaritis Schinas, alle critiche per la sua partecipazione al match inaugurale della manifestazione e per le sue dichiarazioni a favore dell’emirato, aveva risposto: “Ho seguito religiosamente, scrupolosamente le posizioni della Commissione”. Che si fondano esattamente sulle valutazioni dell’Ilo.
“Abbiamo rappresentanti all’Ilo e solleveremo qualsiasi questione rilevante riguardo la situazione in Qatar“, ha promesso la portavoce della Commissione europea: sarebbe questa la prassi, nel caso in cui l’Ue ritenga che “le loro analisi debbano essere migliorate, approfondite, o se ci sono dubbi sull’obiettività dei dati e della valutazione”. Visto l’elefante nella stanza, quel Parlamento europeo alle prese con tentativi di ingerenze proprio da parte del Qatar, il dubbio, quanto meno sulle intenzioni dell’emirato, è lecito.