dall’inviato a Roma – Farina di grillo ‘ni’, cibi sintetici decisamente ‘no’. Quando si parla di nuovi alimenti, l’Italia non ha dubbi. E’ vero, ci sono sfide quali l’aumento della popolazione mondiale, e ci sono anche differenze tra novità comunque naturali e altre artificiali, ma l’evoluzione del settore primario non convince il sistema Paese. “Nessuno può dire quali possono essere gli effetti a 10-20 anni” di tutto ciò che è nuovo, e quindi “non accetteremo mai che in nome dei novel food ci possiamo trovare di fronte a prodotti di cui non avremmo il controllo”, scandisce Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, partecipando all’evento di WITHUB: ‘L’evoluzione dell’agroalimentare italiano ed europeo’.
La Commissione europea prova a rassicurare. “Si continuerà a restare liberi di scegliere cosa mangiare”, garantisce Klaus Berend, direttore Sicurezza alimentare, sostenibilità e innovazione della Direzione Generale per la Salute della Commissione europea (DG Sante), “Non si imporrà a nessuno di mangiare insetti”, e quindi l’Italia e il suo ‘made in’ non hanno di che preoccuparsi. Ma di fondo la questione resta. “Fonti alternative di cibo, soprattutto per le proteine, serviranno per rispondere ad una domanda mondiale crescente”, e a fronte di incertezze tutte nuove. “La sicurezza alimentare è diventato un fattore molto importante, anche per le conseguenza dell’aggressione russa all’Ucraina”. Ma ci sono almeno due considerazioni che Berend tiene a fare col pubblico. In primo luogo “a livello mondiale circa due miliardi di persone mangiano insetti, e i gamberi, che appartengono alla categoria degli artropodi, già fanno parte della nostra dieta”. Inoltre, gli insetti “richiedono meno acqua, e questo può rispondere al problema dei cambiamenti climatici” e rispondere all’agenda di sostenibilità dell’Ue.
Qui la risposta che arriva dall’Italia è diversa. “Non penso che per risparmiare acqua vadano coltivati più insetti, ma usare bene i soldi del Pnrr per fare pi invasi”, taglia corto Marco Cerreto, capogruppo di FdI in commissione Agricoltura della Camera. Che chiude in modo categorico ai cibi sintetici. “Il tentativo che secondo noi si vuole fare, è creare un’offerta commerciale per il cittadino che consuma che costa meno”. In Italia, denuncia, “rischiamo questo: una società dove i ricchi mangiano bene e gli altri saranno costretti, indotti, a comprare carne sintetica”. Come maggioranza “noi questo modello non lo vogliamo”.
Ma all’interno della maggioranza Herbert Dorfmann (Svp, partito che in Europa siede con Forza Italia nel Ppe), europarlamentare membro della commissione Agricoltura, è più possibilista. “Io in generale sono sempre a favore dell’innovazione, anche in agricoltura“. Il paradosso, dice, è che “vogliamo il cellulare nuovo, e poi mangiare cose vecchie”. Certo, poi “l’innovazione va analizzata”. Ricorda che “anni fa si aveva in Parlamento europeo il dibattito sugli animali clonati. A cosa serve?” Adesso “lo stesso vale per la carne sintetica. Che senso ha?”
Anche Camilla Laureti (Pd/S&D), europarlamentare membro della commissione Agricoltura, opera dei distinguo. “Una cosa sono le carni sintetiche, un’altra sono le farine di insetti”. Su tutto ciò che è nuovo cibo ” il ruolo dell’Ue è l’informazione che può dare ai consumatori. Lo sta già facendo e continuerà a farlo”. Offre un sostegno agli operatori del settore. “La sostenibilità è una sfida per tutti ma vogliamo vincerla con gli agricoltori, non contro di loro”.
Sponde che trovano il plauso di Pekka Pesonen, segretario generale di Copa-Cogeca. “L’Italia è un buon esempio della nostra cultura” agricola, ed è per questo che “come agronomo e operatore agricolo mi fiderò di più degli agricoltori italiani di oligarchi occidentali come Bill Gates”. Un affondo al filantropo statunitense che ha investito qualcosa come 50 milioni di dollari nella produzione di alimenti sintetici. “Questi prodotti sintetici complementeranno il mercato, ma non saranno mai in grado di rimpiazzare in tutto e per tutto quelli tradizionali”, sostiene il capo dell’associazione europea degli agricoltori. Ma solo “se sapremo fare un lavoro sull’etichettatura”, solo così “potremo mantenere i consumatori vicini alle nostro produzioni”. Sugli insetti, invece, la posizione è diversa. “Li vediamo come opportunità per la filiera, ma solo per alimentazione. Ma riconosciamo che c’è anche un fattore culturale che rende complicato per qualcuno fare uso di queste sostanze“.