Bruxelles – Nello scaricabarile tra Frontex e il governo italiano sulle responsabilità del mancato soccorso all’imbarcazione che si è schiantata sulla spiaggia di Cutro lo scorso 26 febbraio, e che è costato la vita a 72 persone, ha provato a mettere un punto la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson.
“Durante il monitoraggio [effettuato da Frontex, ndr], l’imbarcazione non era in una situazione di pericolo e non ha lanciato segnali di allarme, forse perché non voleva essere scoperta”, ha spiegato la commissaria, secondo cui sarebbe questa la ragione per cui “sia Frontex sia le autorità italiane hanno pensato che non si trattasse di un’operazione di ricerca e soccorso“, quanto piuttosto “un’operazione di polizia”. Ecco perché – ma “questa è una risposta che dovrebbero dare le autorità italiane” – a pattugliare le acque calabresi è stata mandata la Guardia di Finanza e non la Guardia costiera. Una risposta l’aveva data ieri (7 marzo) il ministro dell’Interno italiano, Matteo Piantedosi, esponendo la sua versione dei fatti alla Camera e al Senato: “L’attivazione di un soccorso non può prescindere da una segnalazione di una situazione di emergenza, solo ed esclusivamente se c’è tale segnalazione, si attiva il dispositivo di ricerca e soccorso”, ha dichiarato il ministro: “Laddove, invece, non venga segnalato un distress, l’evento operativo è gestito come un intervento di polizia”.
Ma se, secondo quanto riferito da Johansson, quello che ha visto Frontex con le proprie videocamere “è andato direttamente al centro di Roma in modo che potessero vedere esattamente le stesse immagini”, allora forse il materiale era sufficiente per far scattare le operazioni di soccorso. Il personale di Frontex ha visto “poche persone sul ponte, ma con la telecamera termica ha notato che probabilmente molte persone erano sotto coperta“. La segnalazione dell’agenzia europea, arrivata a Roma intorno alle 22:30 di sabato sera, è stata fatta prima che le condizioni del mare cambiassero drammaticamente: nella notte però, due motovedette della guardia di Finanza sono uscite dal porto per aspettare il caicco – barca bialbero di origine turca su cui viaggiavano le persone migranti – all’ingresso delle acque territoriali, ma sono state costrette a rientrare a causa dell’ingrossamento del mare. A quel punto, c’erano le condizioni per far intervenire la Guardia costiera, ma per Piantedosi è stato solo alle 4 del mattino – pochi minuti prima del naufragio – che “per la prima volta si concretizza l’esigenza di soccorso”, quando il 112 ha ricevuto una telefonata da bordo.
Sebbene il Viminale punti il dito contro Frontex, che non ha segnalato la possibile emergenza, è legittimo pensare che la Guardia Costiera italiana abbia le competenze necessarie per farlo autonomamente. “Frontex ha fatto tutto quello che ha potuto e quello che doveva fare in questa situazione, purtroppo non è stato abbastanza”, ha dichiarato ancora Johansson, ammettendo un unico errore nella gestione della vicenda: “Avrebbero potuto restare di più per continuare con il monitoraggio, se avessero avuto più carburante, forse avrebbero visto il cambiamento delle condizioni del mare e allora avrebbero sì dichiarato il pericolo per quella imbarcazione, ma purtroppo non è andata così”.