Bruxelles – La questione climatica sarà sempre più alta nell’agenda politica e decisionale, che rischia seriamente di essere scompaginata da un fenomeno già esistente e non semplice da gestire. La Banca centrale europea le sue valutazioni le sta già facendo, e alcune conclusioni di queste riflessioni le racchiude in un bollettino speciale dedicato proprio a ‘Economia e clima’. La sfida è per tutti, a partire per l’Eurotwer, poco attrezzata. “La Bce dovrebbe intraprendere azioni, nell’ambito del suo mandato, per sostenere la transizione verde, ma la natura della sfida supera notevolmente le competenze e gli strumenti politici della banca centrale”. In altri termini, per limiti giuridico-istituzionali le azioni di risposta ai cambiamenti climatici renderanno meno agevole il compito di Christine Lagarde e del suo staff.
“La Bce dovrà affrontare una serie di sfide uniche”, riconosce il documento. Tra queste, “il cambiamento climatico e la transizione verde renderanno più difficile il conseguimento del suo mandato primario e, man mano che le prospettive fiscali di alcuni Stati membri si deteriorano, ci saranno nuove pressioni sulla Banca centrale europea affinché intervenga nei mercati sovrani”. A Lussemburgo si guarda le possibile ripercussioni sullo stato delle finanze pubbliche dei Paesi eurolandia, per cui la situazione rischia di deteriorarsi ulteriormente.
“Il cambiamento climatico causerà divergenze di reddito tra individui, settori e regioni, aggiustamenti nei mercati dell’energia, aumento della variabilità dell’inflazione, stress dei mercati finanziari, innovazione intensificata, aumento della migrazione e aumento del debito pubblico”. Quest’ultimo aspetto tocca da vicino la situazione di un Paese come l’Italia, già adesso secondo per indebitamento solo alla Grecia (rispettivamente al 161,9% e al 143,6% in rapporto al Pil, secondo le previsioni aggiornate della Commissione Ue per il 2023). Ma si evoca lo spettro di crescenti disparità sociali e regionali. Una situazione che induce la Bce a mettere in guardia dal “rischio di una transizione disordinata”, anche sulla scia di un conflitto in Ucraina che ha impresso un’accelerazione alla transizione verde.
“Sebbene gravi, queste sfide sembrano gestibili per gli Stati membri dell’Ue”. A patto che i governi facciano la propria parte, per tempo e bene. Perché il percorso dell’economia “dipende dal tipo, dalla portata e dalla velocità di attuazione delle politiche climatiche da parte dei governi”. In tal senso “il costo sia per il settore reale che per quello finanziario è minimo quando le politiche climatiche sono introdotte in modo prevedibile e graduale”. Vanno fatte le riforme del caso, con la consapevolezza, la chiarezza e la rapidità che il caso richiede. A più livelli. Perché fare la cose per bene a casa propria potrebbe non bastare.
Per rispondere alla questione del cambiamento climatico “una transizione efficace e agevole verso un’economia a zero emissioni richiede una risposta coordinata su larga scala tra autorità fiscali, banche centrali, autorità di regolamentazione e autorità di vigilanza”. E’ un gioco a incastro politico di quelli non semplici, perché a natura variabile. “Il cambiamento climatico porterà a cambiamenti permanenti nell’organizzazione dell’interazione economica”. Un dato da non trascurare, considerando anche le difficoltà che avrà la Bce a dare una mano in questo ambito.