Bruxelles – Che il giudice istruttore che sta portando avanti l’inchiesta denominata Qatargate, il belga Michel Claise, avesse la mano pesante, era noto agli addetti ai lavori già da prima che gli fosse assegnato il dossier. Ora, a due mesi dall’apertura dell’indagine, il polso fermo del magistrato fa emergere più di qualche protesta. Per primi, il 19 gennaio scorso, gli avvocati dell’ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili avevano denunciato le condizioni di detenzione “medievali” della loro assistita, sottoposta da Claise a un regime di isolamento per tre giorni, ma ora a sollevare le proprie preoccupazioni sono dieci eurodeputati italiani della delegazione del Partito democratico, che hanno inviato una lettera alla presidente Roberta Metsola in cui lanciano l’allarme sui metodi “ricattatori e punitivi” utilizzati dalla magistratura belga.
Nella lettera visionata da Eunews, scritta da Massimiliano Smeriglio e firmata dal capodelegazione del Pd a Bruxelles, Brando Benifei, e da Beatrice Covassi, Paolo De Castro, Elisabetta Gualmini, Camilla Laureti, Alessandra Moretti, Daniela Rondinelli, Franco Roberti e Achille Variati, gli eurodeputati esortano Metsola a vigilare sulle condizioni detentive di Eva Kaili: “quello che sta accadendo appare gravissimo”, sostengono i dieci del Partito democratico, sottolineando che “uno Stato di diritto maturo cerca giustizia e non vendetta”. Kaili si trova in carcere dallo scorso 10 dicembre, così come il suo compagno Francesco Giorgi, accusato di essere il braccio destro di Antonio Panzeri nella cricca che distribuiva mazzette al Parlamento europeo per conto di Qatar e Marocco: la figlia di appena due anni è rimasta col nonno materno, ed ha potuto vedere la madre solo due volte. “Una bimba senza più la presenza della mamma né del papà”, rimarcano gli eurodeputati italiani, “un atto violento che pagherà la bambina e che ha tutto il sapore di una pena aggiuntiva”.
Ciò che non sembra rientrare nei principi del giudice Claise verso la ricerca della verità giudiziaria è la presunzione di innocenza, e questo non vale solo per Kaili, ma anche per Niccolò Figà-Talamanca, il segretario dell’ong No Peace Without Justice detenuto in maniera preventiva per due mesi prima di essere rilasciato “senza condizioni”, e ora per gli eurodeputati socialdemocratici Andrea Cozzolino e Marc Tarabella. Il primo è agli arresti domiciliari a Napoli in attesa della decisione della Corte d’Appello sull’estradizione in Belgio, il secondo è già detenuto a Bruxelles. Per loro, i colleghi del Partito Democratico e tutto l’europarlamento hanno votato la revoca dell’immunità che ha permesso al giudice istruttore di disporne la custodia cautelare. Secondo la procedura parlamentare per la revoca dell’immunità, avrebbero potuto impedire l’arresto dei colleghi fino a sentenza definitiva, ma non l’hanno fatto.
Ora Tarabella, sospettato di aver ricevuto dai 120 ai 140 mila euro da Panzeri in cambio del sostegno su dossier parlamentari favorevoli a Doha, potrebbe ricevere lo stesso trattamento dedicato a Kaili e denunciato dai 10 colleghi del Partito democratico. Tant’è che il suo legale Maxim Toller, come riportato dal quotidiano belga Le Soir, ha chiesto che il caso venga riassegnato a un altro giudice, perché “la presunzione d’innocenza del suo cliente è stata derisa diverse volte”. Secondo Toller sta venendo meno l’imparzialità a cui è tenuto il giudice istruttore, che lascerebbe “chiaramente intendere la sua opinione sulla colpevolezza di Tarabella”.
Di seguito, la lettera inviata dai dieci eurodeputati del Partito democratico a Roberta Metsola: