Bruxelles – L’Unione europea alla prova del gas. La necessità di reagire all’aggressione russa dell’Ucraina e la necessità di affrancarsi da Gazprom pone sfide economiche, ma ancor più geopolitiche. La Banca centrale europea, nel suo consueto bollettino economico, pone l’accento sui fattori di rischio che ancora pesano sull’economia dei Paesi Ue con la moneta unica, che arrivano tutti da est. Il passaggio dal gas naturale a quello liquefatto (Gnl) ridisegna mercati e loro dinamiche, esponendo “la sicurezza dell’approvvigionamento ai rischi dell’offerta mondiale e alle variazioni della domanda”. Il punto è che sul gas l’Ue “resta vulnerabile”, e rischia di esserlo ancora di più.
Innanzitutto l’Ue presta il fianco all’aumento dei prezzi. Il caro-prezzi vissuto nel corso dell’ultimo anno rischia di riproporsi sotto nuove forme. La spostamento dei Paesi europei sul mercato del Gnl vede un aumento dei listini, a seguito di un aumento della domanda che inevitabilmente porta in alto le quotazioni del prodotto. Ma si sta innescando una vera e propria corsa ad una risorsa che porterà ad un confronto inter-continentale Europa-Asia. Il gas naturale liquefatto (Gnl) quale risposta al gas russo, rileva la Bce, ha prodotto una situazione per cui “gli acquirenti dell’Ue sono in concorrenza con gli acquirenti asiatici e pertanto devono pagare un premio rispetto ai prezzi asiatici per attrarre i necessari quantitativi di Gnl”. Inoltre, per sostituire il gas russo, “negli ultimi due anni la domanda di Gnl proveniente dall’Ue è cresciuta”, e questo contribuisce a far aumentare i prezzi. Anche se, cerca di rassicurazione la Bce, al momento gli indicatori ricavati dal mercato suggeriscono che “nei prossimi anni le quotazioni dei beni energetici saranno significativamente inferiori rispetto a quanto atteso”.
Resta comunque l’assunto di meno gas naturale, che ora costa meno, per un gas naturale liquefatto che in prospettiva sarà più caro e comunque incerto. Anche perché sul mercato asiatico opera la Repubblica popolare cinese. Se la Prc si rimette in moto, per l’Europa e la sua economia potrebbe mettersi male. “Una ripresa delle importazioni cinesi di Gnl potrebbe limitare la capacità dell’Ue di assicurarsi le forniture di gas per tutto il 2023”. La prima logica implicazione riguarda le riserve strategiche, quelle di cui l’Ue ha bisogno per far fronte al prossimo inverno. “L’Ue potrebbe affrontare maggiori sfide nel ricostituire i livelli di stoccaggio del gas prima dell’inverno 2023-2024”, avvertono da Francoforte. L’altra ricaduta colpirebbe la produzione. Lo scenario ‘avverso’ prodotto a Francoforte non esclude “l’assenza di consegne di gas proveniente da gasdotti russi all’Ue e una ripresa della domanda di energia da parte della Cina, che limita la capacità dell’UE di assicurarsi importazioni supplementari di Gnl”.
Imprese e famiglie rischiano seriamente di restare a secco. Vuol dire contrazione della produzione e ristagno dei consumi interni. L’azione a tutto campo dell’Ue, condotta fin qui, non sembra sgombrare il campo dai dubbi della Bce. E’ vero che sono stati siglati accordi con gli Stati Uniti, e che la Commissione europea sta andando alla ricerca del Gnl in Africa, ma la Bce guarda con preoccupazione gli sviluppi dei mercati orientali.
Da un punto di vista degli approvvigionamento lo scenario migliore dell’Ue, nella corsa al ‘nuovo’ gas, sarebbe quello di una Cina poco attiva sul mercato. Questo favorirebbe certamente il club a dodici stelle nella corsa agli approvvigionamenti, ma a scapito delle politiche di sostenibilità e dell’opera di convincimento a spostare i modelli di produzione verso la sostenibilità. “La diminuzione delle importazioni cinesi di Gnl nel 2022 potrebbe riflettere la decisione della Cina di passare a una maggiore produzione di energia da carbone, in un contesto caratterizzato da timori per la sicurezza energetica”. Più carbone vuol dire più inquinamento e più emissioni di CO2.