Bruxelles -Non una corsa ai sussidi, ma il tentativo di concentrarsi di più sul proprio futuro ‘verde’. Così risponde la Commissione europea alle critiche di una parte dell’Emiciclo di Strasburgo che chiede un impegno più concreto sul Piano industriale per l’industria green e teme che si traduca in una frattura del mercato unico tra chi ha e chi non ha spazio fiscale per approvare aiuti di stato a pioggia. “Non sarà una corsa ai sussidi, non lo abbiamo immaginato così. Si tratta della decisione di rendere l’Unione europea più concentrata sul suo futuro e meno ingenua sulla situazione globale che la circonda”, ha precisato da Strasburgo la commissaria europea per i Servizi finanziari, Mairead McGuinness, nel primo vero dibattito sul Piano industriale per il Green Deal con gli eurodeputati.
Dopo il primo confronto con gli Stati membri al Vertice Ue straordinario del 9 febbraio, inizia a farsi più concreta l’agenda dell’Esecutivo comunitario per arrivare al prossimo Consiglio europeo ordinario del 23 e 24 marzo con proposte legislative concrete. Secondo l’ultima versione dell’agenda provvisoria dei prossimi collegi dei commissari (del 14 febbraio), la Commissione europea presenterà da Strasburgo (dove si riunisce la plenaria) il prossimo 14 marzo i tre pilastri normativi del Piano industriale per il Green Deal: la proposta di revisione del mercato elettrico, il ‘Net-Zero Industry Act’ ovvero una Legge europea per l’industria a zero emissioni, e la Legge per le materie prime critiche (‘Raw Material Critical Act’).
Le prime idee sul Piano industriale per il Green Deal sono state presentate dalla Commissione europea lo scorso primo febbraio, per favorire un dibattito orientativo al Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio dedicato in buona parte alla risposta Ue all’Inflation Reduction Act (Ira) degli Usa, il vasto piano di sussidi alle tecnologie verdi da 370 miliardi di euro, e alla corsa ai sussidi green della Cina. Nell’idea di Bruxelles si fonderà su quattro pilastri: un quadro normativo aggiornato per le tecnologie pulite e la transizione, i finanziamenti, lo sviluppo di competenze ‘green’ e accordi commerciali per non perdere la corsa all’approvvigionamento di materie prime critiche (come il litio per le batterie).
Nel contesto normativo, il nucleo duro del piano per l’industria verde sarà il ‘Net-Zero Industry Act’, una Legge europea per l’industria a zero emissioni, annunciata da Bruxelles per un quadro normativo prevedibile e semplificato sulla scia del ‘Chips Act’ varato per i semiconduttori. L’atto normativo dovrebbe fissare degli obiettivi produttivi vincolanti entro il 2030, in base ad analisi settoriali specifiche, per quelle tecnologie che vengono considerate chiave per il passaggio allo zero netto, tra cui batterie, pompe di calore, solare, elettrolizzatori (per la produzione di idrogeno rinnovabile) e tecnologie per la cattura e lo stoccaggio del carbonio. L’idea è quella di velocizzare il processo di approvazione dei progetti, anche attraverso l’istituzione di sportelli unici negli Stati membri e dovrebbero essere fissati criteri per individuare più facilmente i “Progetti Net Zero” strategici.
Un aumento massiccio dello sviluppo tecnologico verde va di pari passo con l’approvvigionamento delle materie prime critiche, utili per la realizzazione delle tecnologie pulite (vedi il litio per le batterie), di cui ora l’Ue dipende per il 98% dalla Cina. Per questo, la seconda novità legislativa sarà il ‘Raw Material Critical Act’ (che fino a qualche giorno fa era calendarizzato per l’8 marzo), ovvero un atto europeo sulle materie prime critiche che dovrebbe concentrarsi sull’estrazione, la lavorazione ma anche il riciclaggio delle materie prime critiche nell’Unione Europea, e sulla ricerca di sostituti. E’ in questo contesto che la Commissione sta lavorando a un ‘Club delle materie prime critiche’ con partner affidabili per garantire un approvvigionamento globale di materie prime essenziali per la doppia transizione verde e digitale, dal litio al cobalto, passando per il silicio metallico (per i semiconduttori). Terza novità legislativa attesa per il 14 marzo sarà la proposta di riforma del mercato elettrico dell’Ue, che si concentrerà sui “contratti di prezzo a lungo termine per consentire a tutti gli utenti di energia elettrica di beneficiare di servizi più prevedibili e minori costi dell’energia rinnovabile”.
Sul piano normativo non si aspettano negoziati lunghi da parte dei governi, il nodo sarà quello finanziario. L’approccio di Bruxelles è duplice. Sul breve periodo, propone un allentamento delle norme sugli aiuti di stato, facendo leva sulla flessibilità in vigore per gli effetti della crisi pandemica dal 2020, che deve essere prorogata e rivista fino al 2025. Per evitare una frammentazione del mercato unico sugli aiuti di stato, la Commissione europea propone di far leva temporaneamente su tre soluzioni finanziarie ponte (REPowerEu, Fondo Innovazione e Invest Eu) con la prospettiva di arrivare in estate, sfruttando la revisione intermedia del bilancio a lungo termine, a proporre un Fondo di sovranità. Proprio sul Fondo sovrano le idee sono molto vaghe e ancora non è chiaro come verrà finanziato. Flessibilità dei fondi esistenti e spinta su un Fondo sovrano sono le chiavi per compensare l’allentamento del quadro di aiuti di stato, su cui spingono in particolare Francia e Germania (da cui arriva il numero più alto di notifche a Bruxelles). Dopo la proposta legislativa che arriverà a metà marzo, i governi dovranno cerchere un equilibrio su questi tre assi.