Bruxelles – Immigrazione, ripresa economica, ma soprattutto fighter jet. Gli aerei da guerra che l’Ucraina vorrebbe dopo la richiesta dei carroarmati sono il tema caldo della riunione dei capo di Stato e di governo dei Paesi Ue, chiamati a doversi confrontare sui modi di sostenere l’alleato ucraino. Se i Paesi piccoli spingono per “dare tutto ciò che serve per permettere la vittoria della guerra”, come sottolinea il primo ministro lettone Kristjan Karins, i grandi invece frenano o evitano di esprimersi in termini espliciti.
“La Russia non deve vincere questa guerra”, sottolinea il presidente francese, Emmanuel Macron, convinto che occorre “continuare a sostenere militarmente” Kiev. L’inquilino dell’Eliseo sceglie la via della prudenza ma del ragionamento. “Serve definire i bisogni e le strategie”. Si dice sicuro che “queste sono settimane decisive” per prosieguo ma soprattutto destino del conflitto, ma sugli aerei da guerra non si sbilancia, preferendo dichiarazioni aperte ad ogni possibilità.
Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, si limita a ricordare che fin qui la Germania è stato e ed è il Paese membro dell’Unione europea che ha concesso il maggior sostegno militare e finanziario, lasciando intendere che per ora di fighter jet non è opportuno parlare. Anche perché ogni decisione in materia richiede passaggi parlamentari non scontati anche per via di una dottrina tutta germanica che sulle operazioni di guerra ha fin qui mantenuto posizioni conservative. Già la concessione di carrarmati rompe con il tradizionale non interventismo tedesco in conflitti aperti altrui.
Servirà un confronto, che il primo ministro olandese, Mark Rutte, preferisce però “lasciare a porte chiuse, perché la questione è delicata”, dice entrando in Consiglio per i lavori del vertice dei leader. C’è la scelta in sé, ma c’è anche la questione di fondo delle implicazioni, che pure vanno considerate. L’Estonia, però, insiste. “Noi non abbiamo aerei da guerra” capaci di condurre operazioni d’aria. Ma, sottolinea Kaja Kallas, “se li avessimo, sosterremo l’Ucraina con tutti i nostri mezzi”.
Gli unici mezzi presi in considerazione da Viktor Orban sono quelli non militari, marcando le distanze dal resto dei partner attorno al tavolo. “L’Ungheria continuerà a fornire sostegno umanitario e finanziario”, scandisce il primo ministri di Budapest. “Sosteniamo un cessate il fuoco immediato al fine di prevenire l’ulteriore perdita di vite umane. L’Ungheria appartiene al campo della pace”.
I 27 si mostrano con idee diverse anche sull’altra questione che tocca da vicino il dossier ucraino, quello dell’avvio dei negoziati di adesione. La Lituania vorrebbe che la Commissione li raccomandi per ottobre, “così che il Consiglio possa dare il via libera entro fine anno”. L’auspicio del presidente lituano Gitanas Nauseda è condivisa dal premier irlandese, mentre il lussemburghese Xavier Bettel invita al pragmatismo. “Non promettiamo ciò che non siamo certi di poter mantenere”.