Bruxelles – Roberta Metsola taglia, ricuce e cambia aspetto al suo piano di riforme immediate per promuovere l’integrità e la trasparenza del suo Parlamento alla luce dello scandalo Qatargate. E i capigruppo, seppur con qualche attrito, lo approvano, perché l’esigenza è proseguire il più spediti possibile.
Ieri sera (8 febbraio), dopo un confronto di oltre tre ore, la Conferenza dei presidenti -che riunisce Metsola e i presidenti dei gruppi politici al Parlamento europeo- ha approvato il piano di 14 punti revisionato dalla numero uno dell’eurocamera, che a margine della seduta ha dichiarato: “Ho promesso un’azione rapida e decisiva in risposta alla perdita di fiducia. Queste riforme concordate oggi sono un nuovo inizio per rafforzare l’integrità, l’indipendenza e la responsabilità del Parlamento europeo”.
Il passo indietro più evidente del Parlamento europeo è su una delle norme che a Bruxelles era da tempo sulla bocca di tutti: la necessità di imporre un periodo di “cooling off” agli europarlamentari a fine mandato, impedendo loro di esercitare attività di lobbying presso il Parlamento. La norma è rimasta, ma senza dubbio è meno ambiziosa: nella bozza originale di Metsola si indicavano due anni di stop, che sono stati ridotti a soli sei mesi.
Rimangono invece l’iscrizione obbligatoria al Registro per la Trasparenza per qualsiasi organizzazione che partecipi a eventi con rappresentati di interessi al Parlamento europeo, l’obbligo per deputati, assistenti e funzionari di dichiarare incontri programmati con rappresentanti di Paesi terzi e il divieto di creazione di gruppi d’amicizia informali con Paesi dove esistono già interlocutori parlamentari ufficiali. Inoltre viene disposto che gli ex membri e gli ex dipendenti riceveranno badge di accesso giornaliero.
Rispetto alla risoluzione del 15 dicembre scorso, approvata nel fervore di un Parlamento sconvolto dallo scoppio del Qatargate, continuano a mancare alcune significative misure: non c’è alcun riferimento né alla creazione di un organismo etico indipendente, né alla volontà di far partire un’inchiesta interna all’eurocamera che faccia luce sui casi di corruzione legati a Qatar e Marocco. Manca inoltre una norma chiara che obblighi gli eurodeputati a dichiarare i loro redditi prima e dopo il mandato europeo, e eventuali profitti supplementari pervenuti durante l’incarico: sarà riveduto il già presente modulo di dichiarazione sugli interessi finanziari, “che includerebbe informazioni più chiare sui lavori secondari e sulle attività esterne dei deputati”.
Sul piede di guerra soprattutto la co-presidente della Sinistra Europea, Manon Aubry, che a margine della riunione con i suoi omologhi e con Metsola ha dichiarato: “La destra e l’estrema destra hanno insabbiato la maggior parte delle 15 riforme che avevano approvato con la mano sul cuore a dicembre”. La spaccatura tra i gruppi si sarebbe acutizzata in particolare sul comitato etico e sull’inchiesta interna, su cui a tentennare sembrerebbero soprattutto il Partito popolare europeo (Ppe) e i Socialisti e democratici (S&d).