Bruxelles – Target di prestazione energetica più ambiziosi ma più flessibilità per gli Stati membri per raggiungerli. L’Eurocamera si prepara a dare il primo via libera alla revisione della divisiva direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia (la cosiddetta EPDB – ‘Energy Performance of Building Directive’), parte del pacchetto sul clima ‘Fit for 55’ presentato a luglio 2021 per abbattere le emissioni del 55 per cento entro il 2030, come tappa intermedia per la neutralità al 2050. Gli eurodeputati della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia (Itre) voteranno giovedì 9 febbraio sulla relazione a prima firma dell’eurodeputato dei Verdi, Ciaran Cuffe, dopo che i principali gruppi all’Europarlamento – Partito popolare europeo, S&D, Renew Europe, Verdi Ue – un accordo di compromesso sulla posizione negoziale del Parlamento, a cui non hanno aderito solo i gruppi ECR e ID.
“Ci aspettiamo che la direttiva sulla performance energetica degli edifici sia flessibile e si adatti bene ai diversi contesti nazionali e fornisca case migliori per le persone che vivono in Europa”, ha spiegato il relatore in un briefing con la stampa, confermando alcuni dettagli dell’accordo politico raggiunto la scorsa settimana. L’intesa, nei fatti, dovrebbe spianare la strada a un via libera giovedì senza grandi difficoltà. Rispondendo a una domanda sulla polemica in Italia ha aggiunto che “c’è stata molta disinformazione” sulla revisione della direttiva in corso, “come se Bruxelles stesse dicendo agli Stati cosa fare”. E “non c’è niente più lontano dalla realtà”, ha detto.
LA PROPOSTA – La revisione della direttiva è parte dei piani della Commissione Ue del ‘Fit for 55’, il pacchetto legislativo presentata a luglio 2021 per abbattere le emissioni del 55 per cento entro il 2030, come tappa intermedia per la neutralità climatica al 2050. L’Ue prende atto del fatto che l’edilizia è responsabile del 40 per cento dei consumi energetici d’Europa e del 36 per cento dei gas a effetto serra provenienti dal settore energetico. La proposta della Commissione Ue prende di mira gli edifici con le prestazioni energetiche peggiori, introducendo standard comuni minimi di performance energetiche sulla base dei quali costruire una classificazione che va dalla ‘A’ (gli edifici con gli standard migliori) a ‘G’, per quelli peggiori. Ci sono tempi diversi per gli immobili pubblici (come gli ospedali o gli uffici) e quelli residenziali, le case vere e proprie su cui in Italia si è concentrata di più la polemica.
L’approccio che adotta la Commissione europea è quello della ristrutturazione degli edifici con le peggiori prestazioni energetiche, quindi quelli nelle classi “G” o “F”. Quanto agli edifici pubblici che hanno il livello di prestazione energetica più scarso “G” dovranno rientrare almeno nella classe superiore “F” entro il primo gennaio 2027 e di classe E entro il primo gennaio 2030. Per gli edifici residenziali, le case vere e proprie, i tempi si allungano e dovrebbero raggiungere la classe “F” entro il primo gennaio 2030 e la classe “E” entro il primo gennaio 2033.
PE AL VOTO – Per il relatore della commissione industria dell’Eurocamera, l’accordo raggiunto tra i gruppi politici è il primo passo verso la realizzazione del grande potenziale che la direttiva ha di abbattere le emissioni di gas serra provenienti dall’edilizia e al tempo stesso combattere la povertà energetica. Ha precisato che il compromesso è più ambizioso rispetto alla proposta originaria della Commissione europea sui target, ma cerca di garantire maggiore flessibilità agli Stati membri per quanto riguarda gli obiettivi. Ha confermato che saranno gli Stati Membri a realizzare i piani nazionali di ristrutturazione energetica del loro parco immobiliare, fissando gli obiettivi e delineando il percorso con cui raggiungerli. “Ciascuno Stato membro stabilirà un piano nazionale di ristrutturazione edilizia per garantire la trasformazione del patrimonio nazionale in un parco immobiliare efficiente e decarbonizzato entro il 2050”, ha riferito. Sono gli Stati “membri a decidere quali sono questi obiettivi e dispongono di un ampio grado di flessibilità su come intendono fissarli e raggiungerli”, ha chiarito.
Gli Stati membri dovranno aggiornare gli edifici con le prestazioni peggiori da una a tre classi di prestazione energetica entro il 2033 e sono state incluse tutele sociali per garantire che le informazioni finanziarie e i regimi sociali siano in atto per proteggere coloro che non possono permettersi ristrutturazioni o aumenti degli affitti”, ha spiegato il relatore. Nel testo è stata aggiunta anche una sezione dedicata ai finanziamenti, per introdurre un chiaro quadro politico che aiuterà a incrementare e dirigere il denaro pubblico e privato” verso gli obiettivi di efficientamento. Compromesso raggiunto inoltre sull’eliminazione dei combustibili fossili negli edifici entro il 2035 o, se concordato dalla commissione, entro il 2040 al più tardi.
Nel testo di compromesso, sono state confermate una serie di deroghe a categorie di edifici che non dovranno essere incluse nel tasso di ristrutturazione nazionale, tra cui gli edifici storici, quelli religiosi, i piccoli edifici sotto i 50 metri quadrati e le case per le vacanze. Dopo il voto in commissione questa settimana, il passaggio in plenaria dell’Eurocamera, secondo il relatore, è atteso a marzo. L’idea è quella di avviare il negoziato con il Consiglio (che ha adottato lo scorso 25 ottobre la sua posizione negoziale) e trovare un accordo politico entro la fine del semestre svedese alla guida dell’Ue, che terminerà il 30 giugno.
LA POLEMICA IN ITALIA – Avanzata dalla Commissione europea il 15 dicembre 2021, la proposta di direttiva ha sollevato in Italia un’aspra polemica prima di essere pubblicata, soprattutto per quanto riguarda la parte relativa ai finanziamenti. Secondo le stime, basate sulla proposta della Commissione Ue che difficilmente rimarrà uguale dopo il negoziato con il Parlamento europeo e gli Stati membri, per l’Italia potrebbe significare dover ristrutturare al massimo tra 3,1 e i 3,7 milioni di edifici residenziali entro il 2033, degli oltre 12 milioni totali.
Nello specifico, Bruxelles ha proposto di inserire nella classe G, quella “peggiore” del parco immobiliare, il 15% degli edifici con le peggiori prestazioni. Nel caso italiano, la classe ‘G’ si applicherebbe al 15% dei 12,2 milioni di edifici residenziali presenti in Italia, dunque circa 1,8 milioni di edifici residenziali. Complessivamente, se la direttiva dovesse rimanere come proposta dalla Commissione dopo il negoziato con Eurocamera e Consiglio Ue, l’efficientamento edilizio in Italia potrebbe riguardare tra i 3,1 e 3,7 milioni di edifici entro il 2033, anche se il calcolo potrebbe essere rivisto al ribasso viste le esenzioni previste nella proposta (come ad esempio quella per gli edifici storici e per le seconde case). Ad oggi, però, riuscire a stabilire i numeri è difficile, soprattutto perché è improbabile che il testo finale della direttiva sarà lo stesso della proposta originaria della Commissione.
Per il ministro italiano per l’ambiente e la sicurezza energetica Gilberto Pichetto la direttiva in questione “va sicuramente emendata per adattarla al contesto italiano che è diverso e speciale rispetto alla maggior parte del resto d’Europa”, ha detto in un videomessaggio trasmesso a un evento-dibattito sul tema che si è tenuto a Roma organizzato dalla Rappresentanza italiana. Ha ricordato che è “un percorso che per le case già esistenti deve svilupparsi nei prossimi 27 anni, mentre le nuove costruzioni vanno già pensate in chiave di autosufficienza climatica: questo sarà uno stimolo importante per il settore italiano delle costruzioni”. Il ministro ha sottolineato che il governo italiano ha chiare le esigenze del Paese anche in questo caso e le difenderà. Il nostro Paese è antico, prezioso e fragile e dobbiamo conservarlo al meglio per le future generazioni”.