Bruxelles – Aiuti di stato più flessibili e flessibilità degli strumenti finanziari esistenti. Solidarietà attraverso un strumento di debito comune simil-SURE e più investimenti nell’industria verde attraverso un Fondo europeo di sovranità. La prima bozza di conclusioni (datata 23 gennaio) del Vertice Ue straordinario del 9 e 10 febbraio a Bruxelles, di cui Eunews ha preso visione, disegna in quattro punti quella che secondo i capi di stato e governo dovrebbe essere la risposta dell’Ue all’Ira di Biden, il piano da quasi 370 miliardi di euro di sussidi per lo sviluppo delle tecnologie pulite che Bruxelles teme possa svantaggiare le imprese europee.
Tra due settimane, i leader Ue si incontreranno a Bruxelles per discutere di competitività industriale di fronte alla doppia sfida di Cina e Stati Uniti. Il confronto prenderà le mosse da una comunicazione della Commissione, in programma per il primo febbraio, con i dettagli del Piano industriale del Green Deal annunciato dalla presidente Ursula von der Leyen nelle scorse settimane, che dovrebbe prevedere una Legge dell’Ue per l’industria a zero emissioni (“NetZero Industry Act”), una revisione del quadro attuale sugli aiuti di stato, e l’aumento degli investimenti nelle tecnologie pulite attraverso un Fondo europeo di sovranità industriale per il medio termine e una ancora vaga “soluzione finanziaria ponte” prima della sua attuazione.
Il nodo più difficile da sciogliere al Consiglio europeo di febbraio sarà proprio quello dei finanziamenti, su cui gli Stati membri restano divisi come lo erano sul tetto al prezzo del gas. La bozza presentata alle capitali dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, sottolinea che per garantire la ‘solidarietà’ tra gli Stati membri, la “Commissione e il Consiglio dovrebbero portare avanti i lavori “basandosi in particolare sul successo del programma SURE”, lo strumento finanziario di debito comune usato durante la pandemia Covid-19 per mitigare gli impatti della disoccupazione sottoforma di prestiti in forma agevolata. Michel aveva già evocato la necessità di dar vita a un nuovo strumento simil SURE, escluso per ora dalla Commissione europea e da vari Stati membri del peso di Germania e Paesi Bassi.
A lungo termine, per colmare il divario di investimenti verdi, “il Consiglio europeo attende con interesse la rapida proposta della Commissione per un Fondo di sovranità europeo per sostenere gli investimenti nelle aree strategiche”, come annunciato dalla presidente von der Leyen, “sfruttando appieno il potenziale della Banca europea per gli investimenti (BEI)”, come leva finanziaria. Anche sul Fondo sovrano e su come finanziarlo, gli Stati hanno opinioni differenti. Per i Paesi cosiddetti frugali, come Germania e Paesi Bassi, più che pensare a un nuovo Fondo comune, un’idea sarebbe quella di rivedere il quadro finanziario pluriennale (approfittando della revisione intermedia dell’estate) o fare uso dei fondi ancora non spesi nel Recovery Fund e in ‘REPowerEu’, il piano varato a maggio per affrancare l’Ue dai combustibili fossili russi.
Per essere più competitivi, la bozza richiama dunque alla ‘flessibilità nell’utilizzo dei fondi UE esistenti’, con i leader Ue che inviteranno Commissione e Consiglio a “portare avanti i lavori per garantire la piena mobilitazione dei fondi disponibili e degli strumenti finanziari esistenti. Infine, nella bozza di conclusioni, il Consiglio europeo sostiene l’idea della Commissione Ue di semplificare l’attuale quadro Ue di regole sugli aiuti di stato, per renderle più semplici, rapide e prevedibili. Il Fondo sovrano dovrebbe essere di compensazione all’idea di allentare il sistema degli aiuti di stato, che rischia di creare una frattura tra i Paesi che hanno o non hanno spazio fiscale per approvare aiuti di stato a pioggia. Le stime della Commissione europea parlano di almeno 672 miliardi di euro di aiuti di Stato approvati nel quadro del regime temporaneo di crisi durante la guerra di Russia in Ucraina, ma di questi più di due terzi delle risorse sono stati notificati all’Ue da soli due Stati membri: da Germania (53 per cento) e Francia (24 per cento), seguiti con un netto distacco dall’Italia con oltre il 7 per cento.
La bozza ricorda in una parentesi che tutti e quattro i pilastri delle conclusioni dovranno essere completati “sulla base del contributo della Commissione”, ovvero saranno rifiniti una volta pubblicata la comunicazione che l’esecutivo presenterà il primo febbraio per contribuire al confronto tra i leader. Dopo il dibattito al Consiglio europeo straordinario di febbraio che per lo più sarà interlocutorio, a detta di Palazzo Berlaymont, arriveranno le proposte legislative vere e proprie sul Piano industriale e su come finanziarlo, in tempo per il Consiglio europeo ordinario del 23 e 24 marzo.