Bruxelles – Nell’anno che per le istituzioni comunitarie sarà decisivo per l’integrazione dei Balcani Occidentali nell’Unione Europea, l’Italia sta spingendo con forza per ritagliarsi un ruolo di primo piano negli sforzi diplomatici di stabilizzazione. “Ci batteremo perché il processo di allargamento dell’Ue nella regione continui con ancora più slancio, l’obiettivo è portare più Italia nei Balcani Occidentali“, è l’esortazione della premier Giorgia Meloni nel suo videomessaggio di apertura della conferenza di Trieste dedicata ai rapporti con i sei Paesi balcanici (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia).
“Le attuali dinamiche geopolitiche rendono la conferenza di oggi quantomai cruciale”, ha sottolineato Meloni, affrontando la questione della destabilizzazione russa nella regione mentre continua la guerra in Ucraina: “I Balcani Occidentali hanno un rilievo strategico per l’Italia e rivestono un ruolo di importanza nevralgica per il futuro dell’Europa“. Per questo motivo al vertice di Tirana dello scorso 6 dicembre “è stato importante ribadire l’impegno dell’Ue a sostegno della regione con misure concrete”, ha ricordato Meloni, riferendosi al pacchetto di supporto energetico da un miliardo di euro complessivo per affrontare l’impennata dei prezzi e per raggiungere l’indipendenza dalle fonti fossili russe. Ma per la prima ministra italiana “non possiamo fermarci solo alle misure economiche“, è “urgente” che l’Unione sviluppi “una nuova visione nei confronti di questa regione”. Mettere l’allargamento Ue “tra le nostre priorità” significa “non permettere che questo quadrante dell’Europea rimanga ancora a lungo fuori dalla casa comune“, ha concluso la premier.
A certificare il ruolo di primo piano di Roma per la diplomazia Ue nella regione balcanica è lo stesso commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, intervenuto questa mattina (24 gennaio) alla conferenza di Trieste: “È un partner chiave e uno Stato fondatore dell’Unione Europea, le nostre speranze di integrazione sono maggiori se l’Italia è ancora più decisa” nella spinta a questa politica comunitaria. Nonostante si trovi sotto accusa del Parlamento Ue per presunte posizioni non trasparenti sullo Stato di diritto nei Paesi in via di adesione, il commissario Várhelyi ha voluto ribadire che “l’allargamento è tra le tre massime priorità della Commissione e dei leader” dei Ventisette.
Una politica che “funziona solo se c’è vera integrazione economica e sociale” ed è per questo che il titolare dell’Allargamento nel gabinetto von der Leyen ha promesso “un’ulteriore implementazione del Piano economico e di investimenti per i Balcani Occidentali nei prossimi mesi”, dopo l’approvazione negli ultimi due anni di “40 progetti per un valore di 5,7 miliardi di euro”. Anche l’Italia guarda al settore economico con grande interesse, come confermato sia dalla premier Meloni – “Il modello italiano di sviluppo delle piccole e medie imprese è in grado di offrire un’esperienza all’avanguardia” – sia dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani: “Crediamo nella diplomazia economica per essere più presenti nella regione”, come dimostrano i “due business forum che organizzeremo in Serbia e in Kosovo”.
La più grande sfida per Ue e Italia nei Balcani Occidentali
A proposito dei rapporti tra Belgrado e Pristina, il ministro degli Esteri italiano ha messo in chiaro che l’impegno del Paese è già tangibile. Venerdì scorso (20 gennaio) “abbiamo partecipato al quintetto [Stati Uniti, Unione Europea, Francia, Italia e Germania, ndr] per trovare soluzioni sostenibili” alle continue tensioni tra i due vicini balcanici e “nelle prossime settimane e mesi continueremo a essere politicamente presenti con iniziative per stabilizzare Serbia e Kosovo“. Se la proposta di mediazione che adesso è in mano a Bruxelles è di matrice franco-tedesca, Roma non vuole stare a guardare alla finestra e organizzerà prossimamente una riunione dei ministri degli Esteri dei sei Paesi balcanici: “Abbiamo molte cose da dire e da fare, non c’è una mentalità colonizzatrice ma costruttiva”, è la rassicurazione del titolare della Farnesina.
Dopo il mese di aspre tensioni a dicembre nel nord del Kosovo lungo la frontiera con la Serbia – risolte grazie alla diplomazia dei partner europei e statunitensi – sono diventate sempre più intense le pressioni sia su Pristina sia su Belgrado per arrivare finalmente a un accordo definitivo per la normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi. Il rappresentante speciale per il dialogo Belgrado-Pristina, Miroslav Lajčák, ha condotto i colloqui la scorsa settimana nelle due capitali, per spingere la proposta di mediazione Ue e mostrare ai due partner che il tempo dei tentennamenti è ormai scaduto. Incontri “non facili” sia con il premier kosovaro, Albin Kurti, sia con il presidente serbo, Aleksandar Vučić, ma il piano di mediazione sembra comunque essere “una buona base per il prosieguo dei negoziati” e lo strumento più efficace in mano alla diplomazia europea per mettere con le spalle al muro le istanze nazionalistiche nei due Paesi dal giorno dell’indipendenza unilaterale del Kosovo dalla Serbia, il 17 febbraio 2008.