Bruxelles – Edilizia sostenibile, un tema di sostenibilità ambientale che per l’Italia è in realtà un nodo politico, e di quelli non facili da sciogliere. La proposta di direttiva sull’efficienza energetica degli edifici che tanto anima il dibattito sulle ristrutturazioni degli immobili, va oltre la portata ‘green’ dell’iniziativa legislativa. Per poter pianificare gli interventi di ammodernamento ed efficientamento serve innanzitutto una mappatura delle unità abitative, per capire dove intervenire. Mappatura che si traduce con la riforma del catasto. E’ questo uno scoglio tutto italiano che si trascina da anni.
La Commissione europea, e il Consiglio dell’Ue, nell’ambito del ciclo di coordinamento delle politiche economiche, continuano a includere nella raccomandazioni specifiche per l’Italia la riforma del catasto. Il motivo di base è la lotta all’evasione fiscale, questione considerata in Europa come di prioritaria importanza. Un richiamo valido soprattutto per l’Italia, per cui i valori sono considerati “piuttosto obsoleti”. Un principio ribadito anche al governo Draghi, in occasione delle raccomandazioni prodotte a maggio 2022, e portato all’attenzione del governo Meloni, attualmente in carica, nell’opinione alla legge di bilancio licenziata dalla maggioranza di centro-destra. Qui si chiede “una riforma dei valori catastali unitamente ad un meccanismo di adeguamenti periodici”.
Un intervento che da Meloni e i suoi alleati si attende con una certa impazienza, considerando che l’Europa l’aspetta da almeno dieci anni. Già nelle raccomandazioni specifiche per Paese del 2013 si può rinvenire la richiesta esplicita di una “una revisione dei valori catastali”. Indirizzata all’allora governo Letta, a cui ne sono succeduti altri sei, considerando anche quelli attuali. E’ vero che la proposta legislativa all’esame del Parlamento europeo e in corso di iter di discussione è una direttiva, e lascia dunque libertà di manovra agli Stati membri su come agire, ma i numeri relativi alla portata della riforma in cantiere in sede Ue, per l’Italia, rischiano di non essere quelli esatti.
Si stima che ci siano almeno circa 1,2 milioni di case fantasma nel Paese, costruzioni esistenti ma non registrate. Quante e quali di esse possano aver bisogno di sostituzione di infissi, realizzazione di capotti termici, cambio di caldaie risulta difficile da stabilire. Il dilemma del governo è che procedere all’individuazione di queste edifici abitativi vorrebbe dire, una volta compiuto il censimento, procedere alla richiesta del pagamento delle imposte, e chiedere tasse, anche se giustificabile, è un qualcosa che si rischia di pagare in termini elettorali e di consenso.
Oltre alla questione delle ricadute sulle famiglie che comunque si pone, perché ristrutturare casa implica spese per migliaia di euro, c’è dunque il nodo politico della questione. Un nodo su cui rischia di finire la più ampia agende verde dell’Unione europea.