“Il Belgio non ha ratificato il protocollo Onu sulla tortura nelle celle, ha carceri costruite due secoli fa, sovraffollate, pochi agenti e fa un uso eccessivo (quasi 40 per cento) della detenzione preventiva per fare pressioni sui ‘colletti bianchi’”, denuncia oggi sul quotidiano “La Stampa” la Lega per i diritti umani del Belgio. Chi vive in questo regno qualcosa sa, come sa che tante, troppe persone muoiono quando sono sotto la custodia della polizia o, ma questo è altro, vengono uccise in sparatorie violentissime tra malavitosi, come è capitato una dozzina di giorni fa ad un bimba di 11 anni, fulminata da un colpo di arma da fuoco in casa sua.
Sono colpito, in questo quadro, dal trattamento che la giustizia belga sta riservando ad Eva Kaili, la deputata europea greca coinvolta nell’inchiesta di corruzione che chiamiamo Qatargate. Come altri è in prigione dal 10 dicembre, ma a differenza di altri (Antonio Panzeri, Francesco Giorgi, Luca Visentini) si dice del tutto estranea ai fatti. Così come dice Niccolò Figà Talamanca, anche lui in carcere preventivo sulle cui accuse nulla si sa.
Noi non conosciamo, come non le conoscono neanche gli inquisiti, le accuse precise che vengono fatte ai detenuti, e questa già è una cosa che lascia sorpresi. Il Belgio è certamente una democrazia sotto tanti aspetti fondamentali, ma sulle regole della procedura penale e sulla loro applicazione forse qualcosa da approfondire c’è. Ad esempio il fatto di poter essere arrestati senza che sia formulata un’accusa lascia perplessi. A quanto pare si può anche essere interrogati senza che sia formulata un’accusa.
E senza che sia formulata un’accusa, dicono gli avvocati di Eva Kaili, si può essere torturati. Perché è tortura quando i due genitori sono detenuti (Kaili e Giorgi sono partner nella vita) e in tutto questo tempo la figlia di 23 mesi ha potuto incontrare la madre, brevemente, solo due volte. Il padre mai, a quanto sappiamo.
E’ tortura anche detenere una persona in carcere per obbligarla a confessare un reato che non viene contestato con precisione, ma che il detenuto stesso dovrebbe ammettere.
E’ tortura, come sostengono sempre gli avvocati di Kaili, mettere per due giorni una persona in una cella fredda, senza coperte sufficienti e senza acqua per lavarsi, con la luce sempre accesa. Sembra che fossero i due giorni nei quali la Procura definiva l’accordo di pentimento con Antonio Panzeri, e forse i magistrati non volevano rischiare interferenze.
Magari invece non è vero niente, sono solo dicerie e accuse degli avvocati in una strategia difensiva che vuole sollevare l’attenzione del pubblico.
Ma se una Lega per la difesa dei diritti umani, in un Paese dal passato coloniale a dir poco torbido, ma che da decenni, pentito, è in prima fila in queste battaglie, fa la denuncia che abbiamo riportato, insieme alle accuse degli avvocati ed ai fatti che ciascuno di noi può vedere, credo ci siano tutti gli elementi perché il Parlamento europeo prenda carta e penna e chieda conto alle autorità del Belgio, Paese fondatore dell’Unione europea, che cosa sta succedendo.
Certo, la sottocommissione per i Diritti dell’Uomo dell’Eurocamera in questo momento forse è un po’ sotto choc, vista la quantità di suoi membri od ex membri coinvolti nell’indagine. Ma il Parlamento proprio ieri e mercoledì ha votato, ad esempio, due mozioni durissime contro le violenze di Stato in Iran, dunque è in grado di funzionare. Di queste mozioni su violazioni dei diritti fondamentali nel Mondo ne ricordiamo a decine, forse a centinaia. Giustamente è così, io voglio che il mio Parlamento faccia tutto il possibile per la difesa dei diritti umani, ovunque. E questo Parlamento lo fa.
Però ora si sta lanciando in questa campagna anti corruzione nella quale i gruppi politici fanno a gara a chi propone più regole, le più severe, le più apprezzabili dai cittadini. Ne abbiamo scritto ripetutamente in questo giornale. Non vorrei che Kaili, che non è solo una cittadina europea ma è anche una deputata eletta, diventasse una vittima collaterale di questo fervore giustizialista, che rischia di diventare anti parlamentare ed anche inutile, se non ridicolo, come ho già scritto la scorsa settimana.
Spero che qualcuno nel Parlamento europeo alzi la testa, si guardi attorno e si domandi cosa accade nelle carceri del Belgio, cosa accade alla detenuta Kaili Eva. Se l’Unione deve essere un esempio di tutela dei diritti umani, deve iniziare a farlo a casa propria. Anche se Eva Kaili fosse colpevole.