Bruxelles – L’annuncio è arrivato direttamente dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. “Presenteremo una nuova tornata di sanzioni contro la Bielorussia per rispondere al suo ruolo nella guerra russa in Ucraina”, è la secca anticipazione nell’intervento della leader dell’esecutivo comunitario durante la conferenza stampa di presentazione della terza dichiarazione congiunta Ue-Nato di oggi (10 gennaio).
Parlando di “tutto ciò che è in nostro potere per supportare il coraggioso popolo ucraino”, per la numero uno della Commissione è cruciale non solo “mantenere la pressione sul Cremlino per tutto il tempo necessario con un duro regime di sanzioni”, ma anche “estendere queste sanzioni contro chi sostiene militarmente la guerra russa“, ha promesso von der Leyen.
Nei fatti è una risposta a distanza di (molti) mesi alle richieste degli eurodeputati per un adeguamento delle misure restrittive contro il regime di Alexander Lukashenko a quelle già applicate contro Mosca, che sono già arrivate a nove pacchetti di sanzioni. Oltre alla Bielorussia, tra i Paesi terzi che sostegno attivamente la Russia nella sua invasione dell’Ucraina c’è anche l’Iran, ha precisato la stessa von der Leyen. Non è esplicito l’arrivo di nuove sanzioni per Teheran – come lo è stato invece per Minsk – ma il riferimento lascia comunque intendere che nel prossimo futuro a Bruxelles si potrebbe andare nella stessa direzione anche per contro l’Iran.
"The EU will keep supporting the Ukrainian people and pressing against Russia's imperial war.
We will extend sanctions to those who militarily support Russia's war, such as Belarus and Iran."
— President @vonderleyen #StandWithUkraine pic.twitter.com/uxWiHjkNfD
— European Commission (@EU_Commission) January 10, 2023
Le sanzioni a Bielorussia e Iran
Le istituzioni comunitarie hanno riconosciuto sin dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina il ruolo della Bielorussia come supporto per gli attacchi russi da nord e, proprio per questa ragione, hanno incluso decine di esponenti del regime di Lukasehnko e hanno rinvigorito l’embargo supotassio, acciaio, combustibili e trasporti bielorussi. L’azione della Bielorussia ha permesso alle truppe e alle armi russe di muoversi attraverso il suo territorio, di utilizzare il suo spazio aereo, di rifornirsi di carburante e di immagazzinare munizioni militari, ma è stata cruciale anche la decisione di abbandonare lo status di Paese non-nucleare, attraverso un referendum-farsa. Al momento un totale di 195 persone e 35 entità è interessato dalle misure restrittive dell’Ue – compreso lo stesso Lukasehnko e il figlio Viktor, consigliere per la Sicurezza Nazionale – anche per la repressione delle manifestazioni pacifiche dopo l’esito truccato delle elezioni presidenziali dell’agosto 2020.
Rimane alta l’attenzione delle istituzioni comunitarie anche sul supporto dell’Iran all’aggressione armata russa dell’Ucraina. Da ottobre la Repubblica Islamica invia droni kamikaze, armi e addestratori in Crimea, per rendere più efficaci i bombardamenti del Cremlino sulle città e le infrastrutture civili ucraine, macchiandosi di corresponsabilità negli attacchi con droni Shahed 136 a guida Gps che possono volare per oltre duemila chilometri. Tra il 20 ottobre e il 12 dicembre dello scorso anno sette individui e cinque entità sono stati inseriti per questo motivo nella lista delle misure restrittive dell’Unione, tra cui il capo di Stato maggiore delle forze armate e il capo del comando Uav della forza aerospaziale del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche. A questo si aggiungono 60 individui e 8 entità tra il 17 ottobre e il 15 dicembre per la repressione delle proteste interne e le sentenze di pena di morte pronunciate ed eseguite contro i manifestanti pacifici che chiedono un rinnovamento del regime teocratico.