Bruxelles – Anno nuovo, priorità immutate. Per il governo Meloni continua la battaglia contro le Ong sui salvataggi di persone migranti in mare nel Mediterraneo centrale, ma anche per la Commissione Europea la base di ogni azione rimane sempre la stessa: “Salvare vite in mare è un obbligo morale e un obbligo legale e deve essere fatto indipendentemente dalle circostanze che hanno portato le persone a trovarsi in difficoltà in mare”. È quanto ribadito oggi (5 gennaio) dalla portavoce dell’esecutivo comunitario responsabile per Affari interni e migrazione, Anitta Hipper, nel corso del punto quotidiano con la stampa europea.
Al centro dell’attenzione c’è il decreto-legge ‘Disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori‘, voluto dalla coalizione di governo di destra e firmato lunedì (2 gennaio) dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che include due disposizioni particolarmente delicate per le operazioni di ricerca e soccorso (Sar) da parte delle organizzazioni civili. La prima prevede che, appena effettuato il salvataggio, le navi private debbano comunicare al centro di coordinamento competente le dinamiche del salvataggio e richiedere l’assegnazione di un porto di sbarco da raggiungere immediatamente (ma che non necessariamente è il più vicino, come successo all’Ong Sos Méditerranée il 27 dicembre con lo sbarco nel porto di Ravenna, a quattro giorni di navigazione). Si renderà così più difficile la possibilità di effettuare altre operazioni di soccorso durante il tragitto, considerato il fatto che non deve essere compromesso il raggiungimento del porto assegnato nel minor tempo possibile. La seconda disposizione prevede invece l’avvio a bordo della nave di “iniziative volte ad acquisire le intenzioni di richiedere la protezione internazionale“. Le modalità rimangono vaghe, ma è significativo il fatto che per l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) le richieste di asilo dovrebbero essere trattate solo sulla terraferma.
Anche se “non è nostro compito guardare a questo decreto, che deve ancora essere convertito in legge” (il Parlamento italiano ha 60 giorni per farlo), la portavoce della Commissione Ue ha ricordato che “indipendentemente da quello che l’Italia sta facendo, deve essere rispettata la legge internazionale“, in particolare sul fatto che “i cittadini dei Paesi terzi presenti nel territorio degli Stati membri, comprese le acque territoriali, devono poter fare richiesta di asilo”. Si tratta del principio di non respingimento sancito all’articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (Tfue). È poi bene ricordare un altro avvertimento arrivato da Bruxelles a Roma nei giorni caldi di inizio novembre sulla crisi tra Italia e Francia nella gestione delle persone migranti nel Mediterraneo centrale: “Non c’è differenza tra le navi delle Ong o le altre navi, quello di salvare le vite dei migranti in mare è un obbligo chiaro e inequivocabile”, aveva messo in chiaro la stessa portavoce Hipper.
Secondo i dati dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) le persone migranti arrivate in Italia a bordo di navi delle Ong nel 2022 hanno rappresentato il 10,3 per cento del totale: circa 10.600 su oltre 102 mila. Le maggiori organizzazioni non governative che operano a soccorso delle persone migranti in mare accusano il governo Meloni di contraddire il diritto marittimo internazionale, i diritti umani e il diritto europeo con il decreto emanato da pochi giorni, che “ridurrà le capacità di soccorso in mare e renderà ancora più pericoloso il Mediterraneo centrale, una delle rotte migratorie più letali al mondo”, si legge in un comunicato congiunto. Per cercare di riportare il discorso in chiave comunitaria, la portavoce della Commissione ha anticipato che “alla fine del mese ci sarà una riunione del gruppo di contatto sulle attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, per discutere delle sfide con tutti gli attori coinvolti”.
L’inesistente sgambetto svedese sul tema migranti
Se sulla questione del decreto Ong il governo italiano è sotto l’occhio attento di Bruxelles, tra gli addetti ai lavori non creano invece nessun tipo di preoccupazione o scalpore le dichiarazioni del capo della rappresentanza svedese presso l’Ue, Lars Danielsson, al Financial Times in occasione dell’avvio della presidenza di turno del Consiglio dell’Ue del Paese scandinavo. Nonostante siano state definite da alcuni quotidiani italiani come “uno schiaffo” al governo Meloni, le parole dell’ambasciatore svedese sul Patto migrazione e asilo – “Non sarà completato durante la presidenza svedese” – rispecchiano molto più semplicemente la complessità della materia, per cui a Bruxelles si punta a chiudere tutti i dossier quantomeno entro la fine della legislatura nel 2024 (con ancora le presidenze spagnola e belga che potranno dare un contributo decisivo). Non a caso lo stesso ambasciatore Danielsson ha confermato che “faremo sicuramente avanzare il lavoro con piena forza“, il vero banco di prova per il semestre svedese nel campo della migrazione.
Il Patto migrazione e asilo presentato dalla Commissione Ue nel settembre 2020 contiene al suo interno otto dossier, nuovi ed ereditati dai negoziati conclusi sulle proposte del 2016 dello stesso esecutivo comunitario. Si tratta del Regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione, il Regolamento per le crisi e le cause di forza maggiore, il Regolamento sullo screening, il Regolamento sulle qualifiche, il Regolamento modificato sulle procedure di asilo, la Direttiva sui rimpatri, il Regolamento Eurodac modificato, il Regolamento sul nuovo quadro di reinsediamento e la direttiva sulle condizioni di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. A inizio settembre dello scorso anno i co-legislatori del Parlamento e del Consiglio dell’Ue hanno siglato una tabella di marcia per arrivare alla chiusura di tutti i file entro la primavera del 2024: per l’Eurocamera è prioritario l’avanzamento su accoglienza, reinsediamento e qualifiche, mentre la contropartita per il Consiglio è rappresentata da più concessioni su impronte digitali e screening.
Delle proposte in materia di migrazione e asilo proposte negli ultimi anni dalla Commissione, le uniche che si sono concretizzate sono due. La prima è la riforma della Guardia di frontiera e costiera europea (Frontex) dell’aprile 2019, che ha creato un corpo permanente di personale operativo e ha espanso il ruolo che l’Agenzia può svolgere nei Paesi terzi confinanti e non-confinanti con l’Unione, fatto salvo l’obbligo di osservare i diritti fondamentali e il principio di non-respingimento delle persone alla frontiera. La seconda proposta approvata nel dicembre 2021 è l’istituzione dell’Agenzia europea per l’asilo (Euaa), che ha sostituito l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (Easo) e da gennaio lo ha trasformato in un’agenzia indipendente a tutti gli effetti. Il compito della nuova Agenzia Ue è quello di migliorare il funzionamento del sistema europeo comune di asilo e di fornire assistenza tecnica agli Stati membri sulla valutazione delle domande di protezione internazionale, con la prerogativa a partire dal 31 dicembre 2023 di controllare se gli impegni assunti dai Ventisette vengono rispettati sul campo (meccanismo vincolato dall’approvazione del Regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione).