Bruxelles – La Commissione Europea prende coraggio e per la prima volta chiede esplicitamente alla Cina di condividere dati “affidabili e trasparenti” sulla situazione epidemiologica da Covid-19 nel Paese. La richiesta è arrivata oggi (5 gennaio) dalla titolare della Salute nel gabinetto von der leyen, Stella Kyriakides: “Possiamo affrontare la pandemia solo se lavoriamo a stretto contatto”, ha esortato Pechino in un tweet, accogliendo allo stesso tempo “con favore” l’accordo degli Stati membri Ue sulla risposta coordinata alla situazione del Covid-19 in Cina durante l’ultima riunione del meccanismo integrato di risposta politica alle crisi (Ipcr).
Per la Commissione Ue è prioritario il tema della condivisione dei dati da parte del Paese asiatico, che ha conosciuto nelle ultime settimane un forte aumento dei casi (dopo la fine della politica ‘zero Covid’) e che contemporaneamente ha deciso di riaprire i viaggi verso l’estero dall’8 gennaio. Lo conferma una nota dello stesso esecutivo comunitario, in cui viene denunciata la mancanza di “dati affidabili sulla rapida evoluzione della situazione” epidemiologica. A proposito della risposta dell’Unione, a seguito della riunione dell’Ipcr di ieri (4 gennaio) il Comitato per la sicurezza sanitaria dell’Ue – il gruppo consultivo informale sulla sicurezza sanitaria a livello europeo – ha emesso oggi un parere che sottolinea la necessità di una risposta “comune, graduale e proporzionata”, con una serie di misure che ricalcano quelle “fortemente consigliate” ai Ventisette. Dal monitoraggio delle acque reflue alla sorveglianza epidemiologica e virologica, fino alla raccomandazione di mascherine per i voli dalla Cina all’Ue e la possibilità di introdurre test-Covid prima della partenza.
Ma nel parere spicca in particolare l’analisi che il Comitato per la sicurezza sanitaria dell’Ue è in grado di fare sulla situazione Covid-19 in Cina: “Il numero di casi ha raggiunto livelli record“, si legge nel documento, anche se “i dati sui casi, sui ricoveri ospedalieri, sui decessi, sulla capacità e sull’occupazione delle unità di terapia intensiva sono ancora limitati”. Secondo il bollettino quotidiano del sito web del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie cinese del 3 gennaio “sono stati segnalati 5.258 decessi correlati al Covid-19”, ma questi dati “potrebbero non riflettere la situazione reale, a causa del cambiamento della strategia di risposta cinese all’inizio di dicembre”. A questo si somma poi il fatto che “non sono disponibili informazioni sulle unità di terapia intensiva”. Tuttavia per gli esperti a livello Ue – riunitisi due volte tra il 29 dicembre e il 3 gennaio – la situazione in Europa sarebbe sotto controllo, dal momento in cui “le varianti circolanti in Cina sono già in circolazione nell’Ue e non ne sono state rilevate di nuove” nel Paese asiatico.
https://twitter.com/SKyriakidesEU/status/1610925993350373378?s=20&t=dSXMCEMEgg5ibA1XKWQOJA
Tra test-Covid e vaccini offerti alla Cina
Le settimane a cavallo tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio sono state particolarmente intense per i rapporti tra Unione Europea e Cina proprio sulla gestione pandemica e sulle misure applicate dagli Stati membri Ue ai viaggiatori in arrivo dal Paese asiatico. La questione è diventata particolarmente urgente dopo la decisione dell’Italia (ma anche di Francia e Spagna) di introdurre tamponi antigenici obbligatori – e, in caso di positività, test molecolari – per tutti i passeggeri provenienti dalla Cina. Per evitare una frammentazione nella risposta dei Ventisette, una delle primissime decisioni della nuova presidenza di turno svedese del Consiglio dell’Ue è stata quella di convocare una riunione dell’Ipcr, per tentare di concordare una linea unica su restrizioni o requisiti di accesso al territorio comunitario.
Contemporaneamente la commissaria Kyriakides si è rivolta alla controparte cinese per offrire expertise sulla salute pubblica e vaccini contro il Covid-19, anche quelli adattati alle varianti (un articolo di Financial Times ha parlato di donazioni gratuite, ma i portavoce della Commissione non hanno confermato). L’obiettivo era quello di “fornire il nostro supporto, come a tutti gli altri Paesi nel mondo”, ha spiegato la vice-portavoce capa dell’esecutivo comunitario, Dana Spinant: “Siamo sempre disponibili a un sostegno con competenze e vaccini e questo rimane valido ancora oggi”. Pechino ha però respinto l’offerta, rivendicando di avere “le più grandi linee di produzione al mondo di vaccini Covid-19 con una capacità di produzione annuale di oltre 7 miliardi di dosi, che soddisfano le esigenze di garantire che tutte le persone idonee abbiano accesso ai vaccini”, ha risposto la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning.
Se per il governo cinese “la situazione è sotto controllo” e ha minacciato di applicare contromisure sul principio di reciprocità, da Bruxelles è arrivato l’avvertimento che “prendiamo le misure che riteniamo giustificate in linea con l’evoluzione della situazione nel Paese e che si basano sulle discussioni tra i nostri esperti”. La decisione su un approccio comune è arrivata ieri dopo quasi sei ore di discussioni nel quadro del meccanismo integrato di risposta politica alle crisi. Gli Stati membri sono stati “fortemente incoraggiati” a introdurre per tutti i passeggeri in partenza dalla Cina il requisito di un test Covid-19 negativo effettuato non più di 48 ore prima della partenza, ma anche a integrare “test casuali” negli aeroporti (sempre per i passeggeri in arrivo dalla Cina) e il sequenziamento di tutti i risultati positivi, così come delle acque reflue provenienti da aeroporti con voli internazionali e aerei in arrivo dal Paese asiatico.