Bruxelles – La terza volta per il Paese, la prima per il governo Meloni. È arrivata oggi (3 gennaio) a Bruxelles la nuova richiesta di pagamento pari a 19 miliardi di euro in sovvenzioni e prestiti nell’ambito del Recovery and Resilience Facility (Rff), per finanziare ulteriormente il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) da 191,6 miliardi di euro complessivi.
La terza richiesta di pagamento dell’Italia si riferisce al completamento delle 55 tappe e obiettivi del Pnrr per il 2022, “che riguardano diverse riforme nei settori della concorrenza, della giustizia, dell’istruzione, del lavoro sommerso e della gestione delle risorse idriche”, ma anche “investimenti in materia di sicurezza informatica, energie rinnovabili, reti, ferrovie, ricerca, turismo, rigenerazione urbana e politiche sociali”, si legge nella nota della Commissione Europea. Sarà proprio l’esecutivo comunitario a dover ora valutare la richiesta dell’Italia e trasmettere l’esito della valutazione preliminare al Comitato economico e finanziario del Consiglio (Efc) in merito al raggiungimento dei 55 obiettivi che vincolano l’erogazione della terza rata di pagamenti.
Il governo di destra insediatosi a fine ottobre dello scorso anno ha rivendicato con forza i meriti per questo traguardo del Pnrr. “Sono contenta che siamo riusciti a raggiungere gli obiettivi previsti per il 2022”, ha dichiarato la premier Giorgia Meloni durante la tradizionale conferenza stampa di fine anno organizzata dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti giovedì scorso (29 dicembre), sottolineando che nel momento dell’insediamento “dei 55 obiettivi ne erano stati conseguiti 25, penso che la staffetta con il precedente governo abbia funzionato“. Palazzo Chigi ha potuto così inviare a Bruxelles la lettera con i risultati raggiunti, per chiedere l’esborso di una nuova tranche di pagamenti: la terza in meno di un anno.
I pagamenti del Pnrr all’Italia
Il Pnrr italiano è finanziato da 69 miliardi di euro in sovvenzioni e 122,6 miliardi di euro in prestiti, come previsto dal via libera della Commissione del 22 giugno 2021. L’allora primo ministro, Mario Draghi, aveva accolto la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, negli studi di Cinecittà a Roma per la presentazione ufficiale e il ‘sì’ di Bruxelles al Piano italiano: “Dobbiamo ripagare questa fiducia, abbiamo una responsabilità non solo verso gli italiani ma con i cittadini europei“, era stato il monito di Draghi, lasciando intuire – ben prima dello scoppio della guerra in Ucraina e le speculazioni di un nuovo prestito congiunto contro la crisi energetica – che dalla capacità di spendere bene dipenderà la possibilità di replicare in futuro un programma analogo.
Poco meno di due mesi più tardi Roma riceveva 24,9 miliardi di euro a titolo di prefinanziamento del Pnrr – pari al 13 per cento dell’importo totale stanziato a favore dell’Italia nel quadro di Next Generation Eu – per dare impulso all’attuazione delle misure fondamentali di investimento e riforma. Il primo momento decisivo è arrivato però esattamente un anno fa, il 3 gennaio 2022, quando il governo ancora guidato da Draghi inviava alla Commissione Ue la prima richiesta di pagamento pari a 21 miliardi di euro, con i risultati sia sul piano del rispetto delle condizioni necessarie per ottenere l’esborso del prefinanziamento sia per quanto riguardava i 51 obiettivi per la prima tranche. Nel giro di tre mesi è arrivata la risposta positiva di Bruxelles, seguita da una seconda tranche da 21 miliardi di euro erogata il 27 settembre, a due giorni dall’esito delle elezioni parlamentari che hanno visto il trionfo della coalizione di destra guidata da Fratelli d’Italia.
Per Bruxelles rimane centrale il fatto che i pagamenti siano “basati sui risultati e subordinati all’attuazione degli investimenti e delle riforme delineati nel Pnrr”, è quanto specifica la Commissione. Non è un caso se – proprio in occasione dello sblocco della seconda tranche di pagamenti – la stessa presidente von der Leyen ha esortato l’Italia a “continuare a lavorare bene” sulla strada del “continuo e importante impulso alle riforme in settori-chiave come il pubblico impiego e gli appalti pubblici”. Uno stimolo soprattutto per la premier e i ministri che stavano per entrare in carica e che ora si trovano per la prima volta sotto la lente delle istituzioni Ue per quanto riguarda i requisiti di accesso ai fondi del Next Generation Eu.