Bruxelles – Sei mesi per cercare di imprimere un deciso cambio di passo nella politica verde e sostenibile e fare del Green Deal europeo le fondamenta della nuova Unione europea. Sei mesi non semplici perché carichi di sfide non facili, ma che hanno nella Svezia un Paese che, per tradizione e attenzione ai temi ambientali, può fare la differenza. Il mondo degli ecologisti europei ripone grande aspettative nella presidenza di turno che si è aperta il primo gennaio. Le 180 sigle riunite European Environmental Bureau (Eeb) invitano quindi a focalizzare l’attenzione sull’agenda verde dell’Ue, con un documento rivolto proprio al governo di Stoccolma, che per sei mesi avrà il compito di dirigere i lavori in sede di Consiglio dell’Ue. Certo le preoccupazioni non mancano, come dimostra Patrick ten Brink, segretario generale dell’Eeb, che nell’introduzione alla relazione non può fare a meno di interrogarsi. “La domanda è: la Presidenza svedese faciliterà i passi avanti e l’ascesa alla sfida storica che l’Europa e il mondo devono affrontare?”
L’auspicio è quello di “avanzare con ambizione nei fascicoli sotto la presidenza svedese del Consiglio dell’Ue”. Per cercare di trovare quelle risposte che il mondo dell’associazionismo vorrebbe, si stila innanzitutto il ‘decalogo’ delle cose da fare, una lista dei dieci ambiti di intervento. Avanti con il Green Deal, garantire la sicurezza energetica, e poi ancora proteggere la biodiversità e promuovere un’agricoltura più sostenibili. L’ombrello delle associazioni ecologiste chiede quini alla Svezia, come quinta cosa, di “affrontare le pressioni sulle acque superficiali e sotterranee e garantire acqua pulita per tutti”. Azione numero sei: politiche per una migliore qualità dell’aria. Quindi politiche di contrasto alla diffusione delle sostanze chimiche, “passare a un’industria a inquinamento zero”, “cogliere tutto il potenziale dell’economia circolare” e rafforzare e promuovere la giustizia ambientale.
Alla nuova presidenza gli ecologisti europei offrono anche suggerimenti su come declinare questa agenda. Sul fronte dei trasporti si esorta ad occuparsi degli spostamenti marittimi. Per dare impulso al Green Deal europeo occorre “decarbonizzarlo, rimuovendo l’esenzione fiscale per i combustibili marini” attraverso la direttiva sulla tassazione dell’energia (ETD)”. Ed è sempre in quest’ottica che si invita “concordare uno standard per i combustibili a intensità di carbonio (EUFuelMaritime) e ridimensionare l’infrastruttura dei combustibili rinnovabili nei porti attraverso il regolamento sull’infrastruttura per i combustibili alternativi”.
Capitolo rinnovabili, essenziale per l’indipendenza energetica e la transizione verde. Qui si insiste sulla necessità di “accelerare in modo significativo l’adozione” dei permessi “semplificando i processi amministrativi senza compromettere le salvaguardie ambientali e fornendo una forte certezza giuridica sia per gli sviluppatori di progetti che per le autorità di autorizzazione”. Si chiede inoltre di garantire “la pianificazione territoriale per accelerare la realizzazione di infrastrutture per le energie rinnovabili”.
Più in generale, però, si invita la presidenza svedese di turno del Consiglio dell’Ue a “sostenere e promuovere obiettivi più elevati per andare oltre la riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030, poiché una maggiore ambizione creerà nuovi posti di lavoro e ridurrà le bollette energetiche”. In tal senso si chiede di “mantenere un obiettivo del 45% per la quota di energia rinnovabile nel consumo finale di energia entro il 2030” nella revisione della direttiva sulle energie rinnovabili, e procedere a “l’adozione di un obiettivo di efficienza energetica del 40% nel consumo finale di energia” nella revisione della direttiva sull’efficienza energetica. Ancora, si chiede di “negoziare solidi criteri di sostenibilità per l’approvvigionamento e l’uso della biomassa”, compreso un meccanismo di limitazione e riduzione graduale per ridurre significativamente l’uso di biomassa legnosa primaria nell’Ue”.
Il documento non manca di toccare il tasto del conflitto russo-ucraino, e gli impegni assunti dall’Ue e dai suoi Stati membri per la ricostruzione dell’Ucraina. Quest’ultima per gli ecologisti europei andrebbe realizzata essendo guidati “dagli obiettivi del Green Deal europeo in particolare neutralità in termini di emissioni di carbonio, inquinamento zero, e una transizione giusta”. Non certo un impegno di poco conto. Ecco perché, scandisce il segretario generale dell’Eeb, “i prossimi sei mesi saranno essenziali per dimostrare e migliorare l’impegno dell’Ue nell’affrontare la tripla crisi climatica, della biodiversità e dell’inquinamento e contribuire a rendere il Green Deal l’agenda di trasformazione di cui l’Europa ha bisogno”. Lo European Environmental Bureau offre il proprio contributo all’azione politica. La parola ora al governo svedese.