Bruxelles – Prima il divieto di frequentare parchi e palestre, poi l’obbligo di indossare il niqab, il velo integrale che lascia scoperti solo gli occhi, ora la mazzata più devastante: in Afghanistan, il regime dei talebani ha chiuso le porte delle università alle donne “fino a nuovo ordine”. In 16 mesi, altrettanti decreti che hanno a poco a poco estromesso le donne dalla vita pubblica del Paese.
La fazione integralista islamica, che ha preso il potere a Kabul nell’agosto del 2021, sta inasprendo sempre più la sua interpretazione della Sharia (la legge islamica): dopo aver già escluso le ragazze dalla maggior parte delle scuole secondarie, ieri (21 dicembre) il ministro dell’Istruzione superiore, l’ex comandante militare Neda Mohammad Nadim, ha inoltrato una lettera a tutte le università del Paese in cui ordina di “sospendere le donne dall’istruzione universitaria”. Definito da Nadim “non islamico e contrario ai valori afghani”, il percorso scolastico femminile viene di fatto bloccato dopo che, neanche tre mesi fa, a migliaia di donne era stato permesso di sostenere gli esami di ammissione agli atenei del Paese, anche se con pesanti restrizioni sulla scelta dei corsi di studio.
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Donne che sono scese in piazza, a Kabul e a Jalalabad, per protestare contro il regime, seguite dai colleghi maschi e da alcuni professori che hanno deciso di abbandonare le aule in segno di solidarietà. È arrivata immediatamente anche la ferma condanna della comunità internazionale: i governi di Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Spagna, Olanda, Norvegia, Svizzera, Canada e Australia hanno rilasciato un comunicato congiunto in cui definiscono le oppressive misure del regime “implacabili e sistemiche”, che smascherano “il disprezzo dei talebani per i diritti umani e le libertà fondamentali del popolo afghano”. I ministri degli esteri degli 11 Paesi promettono che “le politiche talebane progettate per eradicare le donne dalla vita pubblica avranno conseguenze” sulle relazioni con il regime.
Alla condanna si è unito l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, Josep Borrell, che ha citato lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, secondo cui “le privazioni intenzionali dei diritti fondamentali a causa dell’identità del gruppo o della collettività, commesse nell’ambito di un attacco diffuso o sistematico, sono definite crimini contro l’umanità“. L’Unione europea, ancora presente a Kabul con una sede allo scopo di monitorare la situazione umanitaria e facilitare la consegna degli aiuti, “rimane impegnata nei confronti del popolo afghano” e continuerà a fornire “l’assistenza necessaria alla popolazione nel miglior modo possibile”.
The EU strongly condemns the Taliban’s decision to suspend higher education for Afghan women.
A unique move in the world that violates rights and aspirations of Afghans and deprives #Afghanistan of women’s contributions to society.
Gender persecution is a crime against humanity
— Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) December 21, 2022