Roma – Giorgia Meloni è stata in Europa prima che altrove. La scelta dei suoi impegni internazionali non è casuale: Bruxelles è arrivata prima di Sharm el-Sheikh, per la Cop27, prima di Bali, per il G20, prima di Tirana, per il vertice dei Balcani Occidentali.
Il 3 novembre, pochi giorni dopo il suo insediamento, la leader di Fratelli d’Italia era in missione in Belgio per incontrare i vertici delle Istituzioni europee: “Non è stato un caso è stata una scelta”, rivendica. Muoveva, spiega, da una consapevolezza e da una convinzione: “La consapevolezza che, alla prova dei fatti, non sarebbe stato difficile dimostrare quanto la realtà di questo Governo fosse distante da un certo racconto disfattista, e interessato, che era stato fatto all’estero alla vigilia della sua nascita e la convinzione che l’Italia debba e possa giocare un ruolo da protagonista in Europa, nell’interesse dell’intera Unione ma avendo sempre, come stella polare, la difesa del proprio interesse nazionale”.
Più Italia in Europa, è questo il punto. E, obiettivo alla mano, il 15 e 16 dicembre sarà a Bruxelles a presentare il “contributo autorevole” di Roma su diverse questioni: l’aggressione russa all’Ucraina, la sicurezza e la difesa, l’energia, i rapporti con il Vicinato sud dell’Europa, le relazioni transatlantiche, l’allargamento dell’Unione. Questioni diverse, con un aspetto in comune: “Riguardano la sovranità dell’Unione, la sua capacità di garantire quella sicurezza e quel benessere socio-economico dei nostri cittadini che sono stati prima messi in discussione dalla pandemia e poi minacciati dalla guerra in Ucraina e dal domino di conseguenze che quella guerra ha causato, a partire dall’impatto dell’aumento dei prezzi dell’energia”.
Sul price cap, il Consiglio dei Ministri dell’Energia cerca un punto di caduta comune: “La proposta della Commissione europea è insoddisfacente perché inattuabile alle condizioni date”, taglia corto Meloni nell’Aula di Montecitorio, durante l’informativa pre Consiglio europeo. Prima di tutto, afferma, bisogna frenare la speculazione. “Voglio essere chiara su questo – sottolinea -: la posta in gioco per l’Unione Europea sull’energia è molto alta, perché definisce la capacità stessa dell’Europa di proteggere le sue famiglie e le sue imprese”.
La trattativa è aperta, si riserva di aggiungere informazioni in più domani, quando replicherà all’informativa in Senato. Premette che per una questione epocale come la crisi energetica la soluzione dovrebbe essere comunitaria, ma si dice pronta a intervenire a livello nazionale, “se le misure europee dovessero tardare o rivelarsi inefficaci”. La premier rilancia l’Italia come hub energetico per l’Europa, un corridoio indispensabile e naturale, data la posizione geografica del Paese: “La nostra nazione è cerniera e ponte”, osserva. L’obiettivo del governo, spiega, è far diventare Roma uno snodo che colleghi, tramite gasdotti – che in prospettiva dovranno traportare idrogeno verde -, ed elettrodotti la sponda Sud del Mediterraneo al resto d’Europa. Fa riferimento al recente via libera della Commissione europea allo stanziamento di 307 milioni di euro per co-finanziare la nuova interconnessione elettrica tra Italia e Tunisia: “Un’opera che sarà realizzata da Terna e Steg e costituirà un nuovo corridoio energetico tra Africa ed Europa favorendo la sicurezza di approvvigionamento energetico e l’incremento di produzione di energia da fonti rinnovabili”. Lavora per fare dell’Italia la nazione promotrice di un “piano Mattei per l’Africa”: “Un modello virtuoso – spiega – che non sia predatorio ma collaborativo e che garantisca crescita, dignità, lavoro. E il diritto a non dover emigrare”.
Quanto all’Ucraina, ribadisce l’appoggio a Kiev (“Piaccia o no a chi vorrebbe voltarsi dall’altra parte, il conflitto ci riguarda tutti”, tuona) e la bontà delle sanzioni a Mosca: “Abbiamo ripreso i colloqui per il nono pacchetto. Le sanzioni sono dolorose, ma efficaci”. Ora, incalza, non bisogna permettere che Putin “utilizzi la carenza di cibo come arma contro l’Europa, come già sta facendo con il petrolio e il gas”: “Contrastare la carenza di cibo è sicuramente un dovere morale dell’Unione, ma riguarda strettamente anche la sicurezza europea, perché saremmo direttamente investiti dalle conseguenze dell’instabilità dei Paesi africani in difficoltà alimentare”. Per arrivare a una “pace giusta” si farà di tutto, garantisce, ma “tra timidi segnali incoraggianti, come lo scambio di prigionieri o l’accordo sulla commercializzazione del grano e dei fertilizzanti ucraini, e continue azioni inaccettabili, come i deliberati attacchi russi alle infrastrutture civili – rimarca -, lo spazio di manovra per il cessate il fuoco appare oggi, purtroppo, assai limitato“.