Bruxelles – Congelare i fondi Ue nei confronti dell’Ungheria, sì o no. Di fronte alla risposta che pure ci si attendeva i ministri dell’Economia e delle finanze dei Ventisette optano per il ‘forse’. Il consiglio Ecofin prende tempo. Chiede alla Commissione europea una nuova valutazione, considerando gli impegni di governo aggiornati. I 7,5 miliardi di euro provenienti dai fondi di coesione che sono in ballo, continuano a ballare dunque. L’esecutivo comunitario ha confermato che sussiste ancora un rischio per il budget a dodici stelle, ma questo una settimana fa. Adesso si chiede uno sforzo nuovo, supplementare. “Il tempo a disposizione è poco”, riconosce Valdis Dombrovskis, ma il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue assicura che “entro la fine della settimana” si risponderà alle richieste del Consiglio.
L’obiettivo della presidenza ceca di turno è trovare un accordo “in Coreper la prossima settimana“, chiarisce il ministro delle Finanze di Praga, Zbynek Stanjura. A quel punto, se ci fosse accordo pòlitico in linea di principio, il lavorio da fare sarebbe solamente “tecnico”. Ad ogni modo si esclude di convocare un Ecofin straordinario. “Certamente non la prossima settimana”, chiarisce il ministro ceco. Se ce ne fosse bisogno è più probabile verso la fine del mese. Il 15 dicembre i capi di Stato e di governo dell’Ue si ritroveranno a Bruxelles per il vertice del Consiglio europeo, e la questione potrà essere lasciata a loro. C’è tempo fino al 19 dicembre per procedere al voto, a maggioranza qualificata, sulla sospensione dei fondi Ue ai danni dell’Ungheria.
Il punto è che la questione ungherese si lega all’agenda europea. Budapest può esercitare il proprio diritto di veto su ogni dossier che richiede l’approvazione all’unanimità. Una dimostrazione di ciò è lo stallo sull’introduzione di una tassazione minima per le imprese, con l’Ungheria unico Stato membro a mantenere riserve. C’è dunque la consapevolezza di come il braccio di ferro potrebbe complicarsi ulteriormente se il Consiglio dovesse negare le risorse in linea teorica destinata allo Stato dell’est. La Commissione ha fatto ciò che doveva, anche sulla scia delle pressioni esercitate dal Parlamento europeo. Ora il Consiglio temporeggia.