La sfida globale del settore agroalimentare per i prossimi anni consisterà nel garantire cibo sicuro e prodotto in maniera sostenibile a una popolazione crescente, con le previsioni che parlano di 9,7 miliardi di persone entro il 2050. Se per qualcuno la soluzione per conciliare disponibilità alimentare e ambiente dovrebbe essere smettere di produrre e consumare carne, secondo le stime Fao, invece, in uno scenario sostenibile, sarà necessario garantire un aumento medio del 30 per cento della disponibilità di alimenti di origine animale, soprattutto nei paesi in via di sviluppo (Fonte: Fao, 2018. The future of food and agriculture).
L’agricoltura, di cui la zootecnia è parte integrante, ha già risposto con i fatti alla sfida di aumentare la produzione riducendo gli impatti ambientali: negli ultimi 30 anni il sistema agricolo globale è riuscito a sfamare quasi 2,5 miliardi di persone in più riducendo gli impatti ambientali pro capite del 20% (Fonte: Our World in Data). Inoltre, in base a evidenze scientifiche recenti, la questione del consumo di acqua e di suolo e della cosiddetta feed vs food competition, ha visto posizionarsi la zootecnia come alleata della transizione ecologica e non come soggetto da combattere.
Nonostante gli enormi progressi compiuti, in Europa il settore è ancora guardato con diffidenza. Il comparto in questi anni ha provato a mettersi a disposizione dei decisori politici, in particolare sulla strategia Farm to Fork (F2F), fornendo dati e know how di settore. Ma è caduto inascoltato l’allarme che il comparto ha lanciato sul progressivo e irreversibile smantellamento della produzione zootecnica europea a cui un’applicazione manichea della Farm to Fork che procede senza i necessari studi di impatto potrebbe condurre.
I rischi a cui questo processo potrebbe portare sono stati evidenziati, in primis, dal report tecnico realizzato dal servizio per la scienza e la conoscenza della Commissione, il JRC “Modelling environmental and climate ambition in the agricultural sector with the CAPRI model”, che prende in considerazione diversi possibili scenari rispetto all’applicazione della nuova strategia. Il documento arriva alla conclusione che qualunque sia lo scenario considerato, in tutti i settori della produzione agricola e dell’allevamento, sono previsti cali produttivi dal 5 al 15 per cento con i risultati peggiori per il comparto zootecnico (bovino, pollo, suino) oltre che per le coltivazioni di cereali, semi oleosi e ortofrutta. A fronte di questa diminuzione di produzione, nel report è previsto un aumento netto dei prezzi dei prodotti agricoli di circa il 10% e un calo delle esportazioni con un peggioramento del deficit commerciale dell’Europa. Tuttavia, il punto più controverso prospettato dalla relazione riguarda l’ipotesi degli effetti di questa strategia sulle emissioni. La relazione, infatti, sottolinea come la strategia F2F potrebbe contribuire a ridurre del 28,4 per cento le emissioni di gas ad effetto serra del settore agricolo entro il 2030, ma il report mette anche in luce come oltre la metà dei gas serra che l’Europa risparmierà, sarà invece prodotta da aumenti equivalenti di gas serra nei Paesi terzi, dovuti proprio all’aumento di produzione agricola di quei Paesi, volto a sopperire il calo prospettato per l’Europa.
Dati allarmanti in parte confermati dallo studio di impatto dell’Usda, il Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti d’America. Secondo l’analisi americana “Economic and Food Security Impacts of EU Farm to Fork Strategy”, infatti, l’introduzione della nuova strategia provocherebbe un calo del 12 per cento della produzione agricola a fronte di un aumento dei prezzi del 17 per cento. E per quanto concerne il commercio estero le esportazioni calerebbero del 20 per cento mentre le importazioni aumenterebbero del 2 pct con un calo del Pil di circa 58 miliardi di euro e maggiore insicurezza alimentare per altri 22 milioni di persone. Questo scenario è stato confermato da uno studio indipendenteMarket impacts of Farm to Fork: Reducing agricultural input usage.
Uno scenario preoccupante che la guerra in Ucraina ha reso tangibile, mostrando l’estrema fragilità di sistemi di approvvigionamento non lungimiranti anche per Paesi sviluppati come il nostro. Demandare completamente le produzioni di beni alimentari essenziali a Paesi terzi rappresenta un rischio concreto per l’autosufficienza agroalimentare e lo smantellamento della produzione europea di carne potrebbe portare a emergenze simili a quelle che l’Europa ha dovuto recentemente affrontare per il grano.
Da quanto detto deriva che la sostenibilità è una strada da percorrere insieme al, e non contro il, settore della produzione di carne. La strategia da perseguire, quindi, non può essere quella di penalizzare un comparto che vale circa 170 miliardi di euro e impiega direttamente più di 4 milioni di persone, rendendo inaccessibile a milioni di individui alimenti necessari a una sana alimentazione. Ridurre indiscriminatamente la produzione di carne porterebbe, inoltre, alla necessità di importarla dall’estero, da Paesi che hanno un’impronta ambientale superiore a quella italiana ed europea. Poiché oggi l’Europa è un modello in termini di sostenibilità per il resto del mondo, importare carne ad alto impatto ambientale contrasta con uno degli scopi primari dell’applicazione della stessa strategia Farm to Fork, la riduzione delle emissioni.
Oggi il settore guarda con interesse l’iniziativa di centinaia di studiosi di tutto il mondo che si sono uniti per proporre un progetto globale di ricerca scientifica sui benefici non solo economici, ma anche nutrizionali, ambientali e sociali, che la produzione di carne può apportare. La Dichiarazione di Dublino, questo il nome dell’iniziativa, ha come principale obiettivo quello di contrastare la disinformazione che affligge il settore, contrapponendo una informazione scientifica e verificata. La Dichiarazione, a cui hanno aderito già quasi 600 studiosi le cui basi scientifiche saranno pubblicate a marzo 2023, non rappresenta certo la panacea di tutti i mali, ma una chiara indicazione di come solo un approccio scientifico e non ideologico possa portare reali benefici al processo necessario e non rimandabile della sostenibilità che vede tutti coinvolti, nessuno escluso.
Carni Sostenibili (www.carnisostenibili.it/en/) è un’associazione italiana senza scopo di lucro che rappresenta tutte le filiere della lavorazione e trasformazione delle carni (bovine, suine e avicole), con l’obiettivo di promuovere la produzione sostenibile e il consumo consapevole di carni e salumi. Fondata nel 2012 l’associazione ha realizzato una piattaforma di comunicazione digitale, supportata dalla pubblicazione di studi e ricerche, per promuovere una corretta informazione scientifica e la sua diffusione, in merito alla sostenibilità ambientale, economica e sociale dell’intera filiera della carne.