Bruxelles – Nessuna sorpresa rispetto alle indiscrezioni della settimana scorsa. La Commissione Europea ha deciso oggi (lunedì 30 novembre) di non mettere fine alla sua proposta di congelare i 7,5 miliardi di euro dalla politica di coesione destinati all’Ungheria attraverso il meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto, bocciando le 17 riforme presentate da Budapest. Ma nello stesso giorno ha voluto lanciare un messaggio cruciale a Viktor Orbán e al suo governo: il Piano nazionale di ripresa e resilienza ungherese è approvato, a condizione di attuare “pienamente e correttamente 27 super-obiettivi”.
A proposito dell’iter del meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto nei confronti dell’Ungheria, la valutazione del gabinetto von der Leyen sottolinea che “nonostante le misure adottate, sussiste ancora un rischio per il bilancio dell’Ue“, dal momento in cui quelle che devono ancora essere attuate “sono di natura strutturale e orizzontale”. Entro la data-limite del 19 novembre, l’Ungheria “non è riuscita ad attuare adeguatamente alcuni aspetti centrali” di quanto concordato con la Commissione, in particolare per quanto riguarda l’efficacia dell’Autorità per l’integrità e la procedura di revisione giudiziaria delle decisioni dei pubblici ministeri.
“L’Ungheria si è mossa nella giusta direzione e possiamo confermare che il meccanismo di condizionalità è un catalizzatore efficace per proteggere il bilancio”, ha puntualizzato il commissario per il Bilancio e l’amministrazione, Johannes Hahn. Tuttavia, “il bilancio dell’UE continua a essere a rischio a causa delle lacune che permangono nei punti centrali delle riforme” e, di conseguenza, l’esecutivo comunitario “deve mantenere la sua proposta del 18 settembre” sul congelamento del 65 per cento dei fondi previsti dal bilancio pluriennale Ue 2021-2027 nell’ambito della politica di coesione. A questo punto la palla passa ora ai 27 ministri Ue delle Finanze – alla riunione del 6 dicembre o in una successiva straordinaria – che dovranno decidere entro il 19 dicembre se accettare, modificare o respingere la proposta della Commissione sulla sospensione dei fondi destinati a Budapest.
L’iter di congelamento dei fondi dell’Ungheria
L’attivazione del meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto era iniziata lo scorso 27 aprile, con la notifica scritta della Commissione all’Ungheria, il primo passo della procedura che consente a Bruxelles di sospendere i pagamenti provenienti dal bilancio pluriennale a un Paese membro, quando le violazioni dello Stato di diritto hanno o rischiano di avere un impatto negativo sul bilancio europeo. L’attivazione del meccanismo è giustificata da “serie preoccupazioni” sull’uso dei fondi attraverso il quadro finanziario pluriennale 2021-2027, in particolare per quanto riguarda il public procurement (spesa pubblica destinata all’acquisto diretto di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione), audit (valutazioni indipendenti di controllo delle spese), trasparenza, prevenzione delle frodi e corruzione.
Nonostante l’impegno del governo Orbán con 17 misure nel corso dell’estate, il gabinetto von der Leyen ha proposto lo scorso 18 settembre di sospendere il 65 per cento dei fondi destinati all’Ungheria attraverso la politica di coesione dell’Unione, pari a 7,5 miliardi di euro. I programmi operativi interessati sono tre e dovrebbero essere finanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), dal Fondo di coesione, dal Fondo per la transizione giusta (Jtf) e dal Fondo sociale europeo Plus (Fse+): ‘Ambiente ed efficienza energetica Plus’, ‘Trasporto integrato Plus’, e ‘Sviluppo territoriale e degli insediamenti Plus’. È previsto anche il divieto di assumere nuovi impegni giuridici con i trust di interesse pubblico nell’ambito di qualsiasi programma dell’Unione in gestione diretta e indiretta.
Inizialmente Orbán ha provato a tastare il terreno per creare un blocco di Paesi contrari all’interno del Consiglio, ma – dopo aver capito non avere i numeri per andare allo scontro – ha deciso di percorrere la strada dell’allineamento alle richieste di Bruxelles. Grazie alla proroga di due mesi concessa dal Consiglio (inizialmente era prevista per il 19 ottobre), l’Ungheria ha ora poco più di due settimane di tempo per fare passi avanti sulle riforme sullo Stato di diritto, prima della decisione definitiva dei 27 ministri Ue. La valutazione della Commissione confluirà nell’iter decisionale del Consiglio dell’Ue, che dovrà deliberare a maggioranza qualificata: significa il 55 per cento dei Paesi membri (15 su 27), che rappresentino il 65 per cento della popolazione dell’Ue.
L’ok al Pnrr dell’Ungheria
Parallelamente al bastone dell’avanzamento del meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto, la Commissione ha deciso di utilizzare anche la carota dell’approvazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ungherese, ma non con sblocco immediato. “Valutiamo positivamente il piano dell’Ungheria“, ha annunciato in conferenza stampa il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue per l’Economia, Valdis Dombrovskis, mettendo però in chiaro che “solo una volta che le riforme sullo Stato di diritto saranno state pienamente attuate, sarà possibile sbloccare l’accesso al fondo di ripresa dell’Ue”.
Il Piano dell’Ungheria da 5,8 miliardi di euro (in sovvenzioni) prevede uno stanziamento pari al 48,1 per cento dell’intero budget per misure a sostegno degli obiettivi climatici, compresi quelli di RePowerEu per la riduzione della dipendenza dai combustibili fossili russi e gli investimenti sulle energie rinnovabili. Il 29,8 per cento è mirato alla transizione digitale, compresi istruzione, pubblica amministrazione, trasporti ed energia. “C’è voluto molto tempo per arrivare a questo punto“, ha sottolineato Dombrovskis: “Una volta attuato, questo piano di ampio respiro dovrebbe creare posti di lavoro e rendere l’economia ungherese più inclusiva e resiliente”. Il Consiglio avrà ora quattro settimane di tempo per adottare la sua decisione di esecuzione.
Ma per Bruxelles l’aspetto cruciale è l’inclusione di “tappe fondamentali sull’indipendenza giudiziaria e sulla protezione del bilancio dell’Ue”. In altre parole, i 5,8 miliardi di euro all’Ungheria saranno effettivamente sbloccati solo quando saranno attuate le tappe richieste, i “27 super-obiettivi” sullo Stato di diritto. Il piano comprende le 17 riforme già contemplate dal meccanismo di condizionalità (organismi e autorità anti-corruzione indipendenti, aumento delle informazioni richieste per le dichiarazioni patrimoniali), più altre 10 sulla concorrenza e trasparenza negli appalti pubblici, sul conflitto d’interessi, sui requisiti di audit sui fondi del Recovery and Resilience Facility (Rrf) e sulle indagini dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf). Sono previste anche misure per rafforzare l’indipendenza giudiziaria, riformando il funzionamento della Corte Suprema ed eliminando sia il ruolo della Corte costituzionale nella revisione delle decisioni finali dei giudici sia la possibilità per la Corte Suprema di rivedere le questioni che i giudici intendono sottoporre alla Corte di Giustizia dell’Ue.