Roma – Migliorare la sostenibilità del modello produttivo europeo, ma senza penalizzare chi, come l’Italia, ha già offerto modelli virtuosi e tanto può dare all’agenda verde a dodici stelle. La Commissione europea, presenterà domani (30 novembre) la proposta di regolamento sull’economia circolare, con un’attenzione particolare agli imballaggi. E’ qui che l’Italia intravede insidie, per il suo modello e le sue filiere industriali. Si sposta l’attenzione da riciclo a riuso, attività fondamentali per la sostenibilità. Il primo comprende un processo industriale di trasformazione dopo essere stata rifiuto, il secondo no. Di fronte a questo impianto dell’esecutivo comunitario occorre che “A fronte delle politiche industriali comunitarie, ‘unità e solidarietà’ vuol dire tener conto delle diverse situazioni di partenza e dei differenti contesti“, scandisce il ministro per le imprese e il made in Italy, Adolfo Urso, nel discorso inviato alla nona edizione di How Can We Govern Europe.
“Il nostro Paese – rivendica il ministro – ha raggiunto nel 2021, con nove anni di anticipo rispetto agli obiettivi di riciclo dell’Europa, un tasso di riciclo degli imballaggi superiore al 70 per cento”. Questo mentre “la media dell’Ue non supera il 65 per cento”. Ancora, grazie agli sforzi compiuti in questi anni “il nostro Paese è inoltre il secondo Paese dell’Ue per quantità di imballaggi pro-capite avviati a riciclo”. Il ministro per il Made in Italy non nasconde le sue preoccupazioni. “Appare evidente che un criterio uguale per tutti rischia di penalizzare maggiormente chi in questi anni ha prodotto maggiori sforzi per trovare soluzioni”. Rassicura i partecipanti all’evento di Eunews, e le imprese. “Come ministro ho intenzione di fare pienamente la mia parte”. Da parte italiana c’è disponibilità a sedersi attorno al tavolo, con spirito costruttivo, con la consapevolezza che “è richiesto a tutti un ulteriore impegno per centrare gli obiettivi”, in questo caso di sostenibilità.
La vera sfida, continua Urso, è trovare quella formula legislativa e di strategia in grado da permettere di “lavorare con modi e tempi compatibili a quelli dell’impresa”. E’ quello che, implicitamente, chiede anche Edo Ronchi, presidente di Circular economy network.”Il sistema italiano già ricicla 2,3 milioni di tonnellate di imballaggio di un certo tipo, ma non col sistema promosso dal regolamento che prevede col deposito cauzionale, ma sul modello italiano con Conai e consorzi di filiera”. Di fronte alle performance tricolori, “perché dovrei passare a questo sistema se quello italiano funziona?” Chiede attenzione, e suggerisce di valutare per bene, in particolare “i costi-benefici ambientali” delle azioni che si vogliono intraprendere.
L’Italia comunque fa sistema. La questione degli imballaggi agita la delegazione italiana del Partito popolare europeo, Forza Italia, ma pure il Partito democratico. In Parlamento europeo “stiamo mettendo insieme tutta una serie di elementi per fare in modo che il regolamento sia migliorativo“, assicura l’eurodeputata Alessandra Moretti (Pd/S&D), membro della commissione Ambiente e salute del Parlamento europeo. Un lavoro di squadra. Dopo aver parlato “con gli altri esponenti degli altri gruppi”, di fronte alla strategia Ue “la rappresentanza italiana sta producendo emendamenti al testo”.
Musica per le orecchie di Alberto Gusmeroli (Lega), presidente della commissione Attività produttive della Camera. “Abbiamo un regolamento che incide su un Paese, come l’Italia, che ha investito tantissimo sul riciclo. Spostarsi sul riuso non è un cambiamento da poco”. Rivendica anche lui, come il ministro Urso, la posizione italiana in materia. “Sul tema ambientale e del riciclo noi siamo leader, siamo molto più avanti” dei partner europei. Per questo “condivido l’approccio del ministro e del sottosegretario Gava, e i timori per la transizione”. Come Italia, insiste l’esponente del Carroccio, “dobbiamo fare in modo che questo regolamento tenga conto in qualche modo non solo la situazione italiana ma pure quella di grosse nazioni dell’Ue”, perché qui “il rischio è quello di distruggere non solo il modello economico vecchio ma pure quello attuale”.
Nello spirito di collaborazione e mediazione Gusmeroli mette sul tavolo la sua idea. “Sarebbe stato preferibile una direttiva” alla proposta di regolamento, così da lasciare mano più libera ai governi e, nel caso italiano, di salvaguardare i progressi compiuti fin qui. Progressi indiscutibili, visti i dati sul riciclo degli imballaggi, a cui ne vanno aggiunti altri, soprattutto nel Mezzogiorno.
“Serve aumentare la differenziata, ma c’è bisogno anhe degli impianti al sud” del Paese, sostiene Giuseppe Vadalà, commissario unico per la bonifica delle discariche. Ripropone una volta di più la questione meridionale, per quella che sarà un’altra grande sfida del governo Meloni. Che non è solo politica. Quando si parla di gestione rifiuti, in Italia si parla troppo spesso di discariche, ricorda, e ricorda anche i contenziosi con l’Europa e le multe comminate o minacciate. “Abbiamo un problema culturale e di organizzazione di un sistema” che va superato. In tal senso una possibilità potrebbe essere “l’isola ecologica aperta sempre, per dare facilità a portare le cose”.