Bruxelles – Il governo Meloni non smantelli quanto fatto dal governo Draghi. Christine Lagarde non vorrebbe entrare nel merito delle questioni italiane, ma alla fine qualcosa da dire ce l’ha. Non entra nel merito di situazioni-Paese, nel corso dell’audizione in commissione Affari economici, almeno finché la presidente della Banca centrale europea riceve una domanda precisa, diretta, che arriva dal capodelegazione di Forza Italia in Parlamento europea, Fulvio Martusciello. A quel punto non rispondere diventa difficile. Lagarde si felicita con il Paese per aver saputo finalmente portare una donna a palazzo Chigi. A Giorgia Meloni, dice dopo le congratulazioni di rito, “auspico il meglio per guidare l’economia italiana verso il successo, perché credo sia nell’interesse di tutti gli italiani e di tutti gli europei”. In questo compito, “due cose sono importanti”. La prima, andare avanti come fatto finora. “Negli ultimi anni sono stati conseguiti progressi in riforme e nella produttività, e auspico che tutto questo resti a lungo”. In secondo luogo, “il piano di ripresa (Pnrr) include una serie di impegni, e mi auguro che questi impegni siano tradotti in pratica”.
Ecco dunque la risposta politica di Lagarde per l’Italia. Non va vanificato quanto fatto da Mario Draghi, e non bisogna stravolgere quanto lo stesso Draghi ha negoziato con Bruxelles. Il riferimento al Pnrr non è casuale. L’attuale esecutivo tricolore vorrebbe riaprirlo, anche parzialmente, ma le indicazioni che stanno arrivano sono di opposta natura. Una volta di più, dunque, l’Europa torna a richiamare l’attenzione sulle regole del gioco. Non si detta alcuna agenda, si appresta a chiarire la numero uno dell’Eurotower. Intanto perché non è nelle corde della Bce, e poi perché anche la cabina di regia è qualcosa che non apparitene all’eurosistema. “Parlare di coordinamento è forse eccessivo. Discutiamo tra noi e ci informiamo, ma non coordiniamo”.
Quali sono le regole del gioco cui Lagarde fa riferimento, è noto da tempo. Le ricorda lei stessa, già prima di ricevere la domanda sull’Italia. Non fa nomi, in questo suo pro-memoria, ma i riferimenti sono chiari quando parla affronta il tema del debito pubblico. Quello italiano è secondo solo a quello ellenico. “I governi dovrebbero perseguire politiche di bilancio che dimostrino il loro impegno a ridurre gradualmente gli elevati indici del debito pubblico”. Insiste sul concetto, e spiega il perché. Conti in ordine e progressi in tal senso sono “necessarie non solo per garantire la sostenibilità del debito a medio termine, ma anche per sostenere le tre transizioni chiave che determineranno il nostro futuro e il nostro modello”, vale a dire quella verde, quella digitale, e quella economica che vada nel senso di “maggiore sicurezza”.
Il punto è che la Bce ha bisogno dei governi. Perché al fine di garantire la stabilità dei prezzi, che è e resta il mandato principe della Bce, e Lagarde lo ribadisce più volte nel corso dell’audizione, la politica monetaria “è necessaria ma non sufficiente”. Ciò che serve è che “altre aree politiche devono passare all’azione”, come fatto dall’Italia di Draghi in questi anni. E’ l’area della politica, quella vera, quella propria degli Stati membri dell’eurozona, a dover fare la differenza. Per i governi, in tempi di alta inflazione e caro-bollette, l’invito è a non eccedere con il sostegno e le politiche di mitigazione del caro-bollette. Se si offre la possibilità di spendere, ragiona la presidente della Bcee, si corre il rischio di alimentare i consumi domanda con ciò che ne consegue.
“L’andamento dei prezzi dell’energia segue dinamiche elastiche”, ricorda, e non a caso. “Se aumentiamo la domanda non facciamo altro che spingere in alto i prezzi”. Ecco perché “non possiamo continuare a stimolare la domanda come fatto finora”. Dunque avanti con gli aiuti alle fasce più vulnerabili della società e dell’industria, ma “il sostegno di bilancio dovrebbe essere su misura, in modo da non indebolire gli incentivi alla riduzione della domanda di energia”. Anche questo un modo per mettere in sicurezza i progressi registrati in questi anni.