dall’inviato a Strasburgo – “We have a deal!” Abbiamo un accordo, sulle targhe serbe in Kosovo. Come quasi sempre – tra Pristina e Belgrado – all’ultimo secondo, quando tutto sembra andare per il verso sbagliato. Ad annunciarlo, con un tweet in cui si può leggere tutto il sollievo per una situazione che sembrava essere sfuggita di mano dopo l’ultimo incontro fallimentare a Bruxelles tra il premier kosovaro, Albin Kurti, e il presidente serbo, Aleksandar Vučić, è stato l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell: “Sono molto lieto di annunciare che i capi-negoziatori del Kosovo e della Serbia, sotto la guida dell’Ue, hanno concordato misure per evitare un’ulteriore escalation e concentrarsi pienamente sulla proposta di normalizzazione delle loro relazioni”.
La nuova riunione focalizzata sulla questione delle targhe serbe in Kosovo tra i due capi-negoziatori – il kosovaro Besnik Bislimi e il serbo Petar Petković – era stata convocata nella giornata di ieri (mercoledì 23 novembre) dal rappresentante speciale per il dialogo Belgrado-Pristina, Miroslav Lajčák, a Bruxelles. L’obiettivo era quello di dare un seguito più costruttivo al vertice di alto livello di lunedì (21 novembre), per “trovare una soluzione per allentare le tensioni sul campo” a proposito delle targhe serbe in Kosovo e “lavorare per la normalizzazione delle relazioni“, aveva anticipato lo stesso membro del gabinetto von der Leyen. Dopo diverse ore di negoziati – ormai sullo scadere del termine della proroga di 48 ore concessa da Pristina sull’imposizione di multe per le targhe serbe in Kosovo con la sigla KM (acronimo di Kosovska Mitrovica) e altre utilizzate dalla minoranza serba nel nord del Paese – i diplomatici sono arrivati alla fine a un’intesa complessiva, “grazie al loro impegno costruttivo” e al “supporto inestimabile della diplomazia statunitense”, ha specificato Lajčák.
Secondo quanto reso noto dall’alto rappresentante Borrell, “la Serbia smetterà di emettere targhe con denominazioni di città kosovare“, mentre “il Kosovo cesserà ogni ulteriore azione relativa alla re-immatricolazione dei veicoli“. Si tratta del compromesso su cui era naufragata la riunione d’emergenza di lunedì e su cui l’alto rappresentante aveva ribadito con forza l’assoluta irremovibilità da parte dell’Ue. Allo stesso tempo, “le parti sono consapevoli che tutti i precedenti accordi di dialogo devono essere attuati” – a partire dagli Accordi di Bruxelles del 2013 – a ridosso di una convocazione dei due leader balcanici che arriverà “nei prossimi giorni”, per “discutere dei prossimi passi” sulle targhe serbe in Kosovo e sulla normalizzazione delle relazioni tra i due Paesi. Nonostante Bruxelles rimanga saldamente l’attore internazionale in carica per la mediazione dei rapporti tra Pristina e Belgrado, Borrell ha avvertito senza giri di parole che “in caso di ostruzione da parte di una delle parti, abbiamo concordato che l’Ue può interrompere il processo” che dura ormai da oltre 10 anni.
Nonostante il compromesso sul breve termine sia uguale a quello su cui era naufragata l’intesa lunedì, il quadro generale sul medio e lungo periodo mostra delle significative differenze. Come fanno notare alcuni analisti, il testo del 21 novembre era focalizzato quasi esclusivamente sulle targhe serbe in Kosovo (“L’accordo consente alle parti di esplorare una soluzione sostenibile sulla questione delle targhe nel contesto della normalizzazione delle relazioni”), senza menzionare la proposta di mediazione franco-tedesca che dovrebbe portare a termine il dialogo tra Pristina e Belgrado. Al contrario, il testo del 23 novembre in cinque paragrafi si concentra “pienamente, e con urgenza, sulla proposta di normalizzazione” secondo quanto “presentato questo settembre dal facilitatore dell’Ue e sostenuto da Francia e Germania”. In questo modo la proposta di Parigi e Berlino entra ufficialmente nel cuore stesso del dialogo mediato da Bruxelles. “L’Ue garantirà che le questioni e i principi-chiave relativi alla normalizzazione siano affrontati nel contesto della proposta”, precisa il testo.
We reached an agreement between #Kosovo and #Serbia today that will allow to avoid further escalation.
We will discuss next steps within the framework of our proposal for normalisation of relations between the two parties. pic.twitter.com/YQ7vVWPOgT
— Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) November 23, 2022
Cos’aveva scatenato le tensioni sulle targhe serbe in Kosovo
Le tensioni imperniate sulle targhe serbe in Kosovo sono cresciute giorno dopo giorno nelle regioni settentrionali del Paese nelle prime tre settimane di novembre, dopo l’introduzione del piano a tappe per l’applicazione delle regole sulla re-immatricolazione dei veicoli lo scorso 28 ottobre. Secondo quanto previsto dal piano, fino al 21 novembre è stato emesso solo un solo avvertimento a chi non si è adeguato alle nuove norme sulle targhe serbe in Kosovo, mentre da giovedì (24 novembre, con una doppia proroga per un totale di tre giorni) e il 21 gennaio le autorità kosovare avrebbero dovuto emettere una multa e tra il 21 gennaio al 21 aprile avrebbero dovuto applicare una targa temporanea. Dal 21 aprile in poi l’entrata in vigore sarebbe dovuta essere invece definitiva e i veicoli non conformi sottoposti a sequestro.
Il principale partito che rappresenta la minoranza serba in Kosovo, Lista Srpska, ha deciso di far dimettere sindaci, consiglieri, parlamentari, giudici, procuratori, personale giudiziario e agenti di polizia dalle rispettive istituzioni nazionali, denunciando la “violazione del diritto internazionale” e la mancata istituzione dell’Associazione delle municipalità serbe in Kosovo (comunità di municipalità a maggioranza serba a cui dovrebbe essere garantita una maggiore autonomia). La situazione è arrivata a diventare così delicata da essere definita dallo stesso alto rappresentante Borrell “la più pericolosa dal 2013“, anche peggiore rispetto ad agosto, quando si era riaccesa la disputa a proposito delle targhe serbe in Kosovo per colpa dell’assenza di una soluzione definitiva dopo quasi un anno di negoziati. “Meno di 50 poliziotti kosovaro-albanesi stanno gestendo la situazione, questo crea un vuoto di sicurezza sul campo molto pericoloso in una situazione di fragilità evidente”, è stato l’allarme suonato a Bruxelles.
Lo scorso 14 novembre l’alto rappresentante Borrell ha poi dato il via libera al lavoro dei negoziatori delle due parti, prima di convocare una settimana più tardi i leader Kurti e Vučić, proprio in occasione della prima scadenza (prorogata in quel momento a martedì 22 novembre) sull’entrata in vigore delle multe per chi ancora utilizza targhe serbe in Kosovo. Riunione andata poi malissimo, a causa del “comportamento non costruttivo delle parti e della totale mancanza di rispetto per i loro obblighi legali internazionali, in particolare del Kosovo”, ha attaccato con veemenza Borrell al termine del vertice. Nello specifico, quella presentata era “una proposta che avrebbe potuto risolvere la situazione, che il presidente Vučić ha accettato, mentre il primo ministro Kurti non l’ha fatto“. Una proposta simile – ma non identica – a quella su cui è stato raggiunto un compromesso sulle targhe serbe in Kosovo nella tarda serata di soli due giorni più tardi.
Mentre Pristina ha accettato lunedì a mezzanotte una proroga di 48 ore sulle multe contro chi usa targhe serbe in Kosovo – chiesta dall’ambasciatore statunitense nel Paese balcanico, Jeff Hovenier, per tentare di raggiungere un’intesa dell’ultima ora – immediatamente si è attivata la diplomazia. L’Italia, in particolare, si è inserita con una missione diplomatica guidata dai ministri italiani degli Esteri, Antonio Tajani, e della Difesa, Guido Crosetto, a Pristina. La tradizionale posizione italiana di sponsor delle prospettive di integrazione della regione nell’Unione si è affiancata alla proposta di mediazione franco-tedesca di ampio respiro su cui anche Bruxelles spinge per chiudere in tempi relativamente brevi un dialogo che ha visto fin troppi colpi di scena dall’8 marzo 2011.