dall’inviato a Strasburgo – È quasi unanime la volontà del Parlamento Europeo di spingere su soluzioni comuni sul tema della gestione delle persone migranti in arrivo sul territorio degli Stati membri, che, in altre parole, si traduce nella necessità di non scaricare solo sui Paesi di frontiera come l’Italia tutte le responsabilità di soccorso e accoglienza. Quello che manca – senza troppe sorprese – è però un orizzonte comune in cui inserire questo sforzo di solidarietà, considerate le differenze significative tra i gruppi politici sulle misure da mettere in atto sul breve e lungo termine.
“Ci saranno sempre sfide da affrontare, non possiamo continuare a lavorare crisi dopo crisi, imbarcazione dopo imbarcazione”, ha esordito oggi (mercoledì 23 novembre) nel suo intervento davanti all’emiciclo di Strasburgo il vicepresidente della Commissione Ue, Margaritis Schinas: “Serve un approccio comune e concreto, dopo tutte le crisi abbiamo capito che fare da soli non è un’opzione“. Il richiamo è all’Italia e alla Francia – dopo la crisi di inizio mese – ma anche a tutti i Ventisette: “Abbiamo già tutto ciò che serve, ma non riusciamo a usarlo, è come avere un paracadute e gettarsi da un aereo senza“. Il riferimento è alla proposta di Patto per la migrazione e l’asilo, presentata ormai due anni fa, il cui stallo ha imposto una tabella di marcia firmata dai co-legislatori del Parlamento e del Consiglio dell’Ue a inizio settembre per non far naufragare l’intero pacchetto con la legislatura in dirittura di arrivo nel 2024.
Nel frattempo però “non possiamo aspettare a dare risposte a chi ha bisogno di soccorso in mare, salvare le vite dei migranti è la priorità“, ha ricordato il vicepresidente della Commissione, richiamandosi alle parole già utilizzate dall’esecutivo comunitario nel pieno dell’emergenza delle 234 persone migranti sulla nave Ocean Viking. La richiesta agli Stati membri è di mostrare “volontà politica” al consiglio Affari Interni straordinario di venerdì (25 novembre), dove “potranno fare progressi rapidi” sul Piano d’azione per il Mediterraneo centrale presentato lunedì (21 novembre): “Non eliminerà comunque la necessità di rispondere alle sfide sul lungo termine, non possiamo ripetere quello che è successo con la crisi dei migranti nel 2015 e 2016“, ha avvertito ancora Schinas.
Dal Consiglio dell’Ue, il presidente di turno e ministro ceco degli Interni, Mikuláš Bek, ha confermato che “continueremo a mettere al centro soluzioni di più lungo termine”, seguendo la tabella di marcia con il Parlamento: “Il Patto è la soluzione alle sfide europee”. Anche la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, ha sottolineato che “la buona notizia è che il lavoro è in corso, i negoziati stanno facendo passi avanti grazie alla presidenza ceca e quella precedente francese”.
A spingere per una soluzione comune basata sulla condivisione delle responsabilità e della solidarietà nella gestione delle persone migranti in arrivo nell’Ue è in particolare il gruppo degli S&D, con la sua presidente Iratxe García Pérez: “La migrazione deve essere vista come un’opportunità per l’Europa, ma non può essere gestita solo dai Paesi di primo approdo, altrimenti negheremmo l’esistenza di una frontiera comune europea“. Oltre all’approvazione “quanto prima” del Patto, è necessaria anche “più cooperazione con Paesi di origine e transito” e la fine degli attacchi alle Ong: “Nove migranti su 10 arrivano senza, dobbiamo smettere di criminalizzare chi aiuta a salvare vite in mare”. Dal presidente del gruppo del Ppe, Manfred Weber, è arrivata una sponda all’Italia: “Quella della migrazione è una sfida europea, ecco perché la solidarietà è così necessaria“, mentre “le promesse di Francia e Germania non sono state rispettate sui ricollocamenti”. A questo si aggiunge la necessità di “azioni più rapide sui rimpatri” e “non permettere a Stati terzi di farci ricattare con la strumentalizzazione dei migranti”.
Di responsabilità e solidarietà ha parlato anche il presidente del gruppo di Renew Europe, Stéphane Séjourné, che ha precisato che “i Paesi di approdo devono poter contare su tutta l’Ue, sia con solidarietà finanziaria sia umana tra gli Stati membri“. L’appello è ai “gruppi europeisti” per fornire regole comuni “giuste, che rispettino i nostri valori su chi può rimanere e chi no” sul territorio dell’Unione: “Se supereremo questa sfida, l’estrema destra perderà carburante”, ha attaccato l’eurodeputato francese, non risparmiando un affondo al governo Meloni, invitato a “terminare il teatrino polemico sui migranti per avere punti in più nei sondaggi”.
Più duro invece il co-presidente del gruppo dei Verdi/Ale, Philippe Lamberts, il quale ricorda che “dal 2014 a oggi sono morte 29mila persone migranti” nel tentativo di raggiungere l’Unione Europea: “Siamo diventati sempre più una fortezza con le porte chiuse, manca la volontà di accogliere i vicini in difficoltà”. Sulla stessa linea d’onda la co-presidente del gruppo della Sinistra, Manon Aubry: “Nessuno avrebbe mai detto agli ucraini di tornare indietro, i 234 esseri umani sulla Ocean Viking sono stati tenuti in ostaggio, ma presentati come minaccia esistenziale in un’Europa con 500 milioni di cittadini”.
Intransigenti le destre, che spingono verso soluzioni radicali per impedire alle persone migranti di arrivare sul territorio comunitario, in particolare dalle rotte del Mediterraneo. “Solo la dissuasione delle partenze è una vera politica per salvare vite”, ha affermato l’eurodeputato francese Jordan Bardella (Id), sottolineando che “le nostre frontiere sono anche marittime e nessuno può arrivare senza autorizzazione a sbarcare in un porto”. Dal gruppo dei Conservatori (Ecr) l’eurodeputata belga Assita Kanko ha posto l’accento sul fatto che “finora nessuna delle nostre azioni ha risolto la crisi, ma più persone sono morte in mare e i trafficanti si sono arricchiti”. Per i conservatori europei la soluzione è duplice per aiutare i Paesi di frontiera: “Servono partenariati con i nostri vicini e il trattamento delle richieste di asilo fuori dai confini dell’Unione“, ha dichiarato Kanko, riprendendo la controversa proposta degli hotspot extra-Ue.
Gli eurodeputati italiani sul tema migranti
Particolarmente acceso il confronto sul tema della gestione delle persone migranti tra gli eurodeputati italiani dei diversi gruppi politici, con una spaccatura netta tra le destre e gli altri partiti. “In Italia continua la campagna di criminalizzazione contro le Ong impegnate in attività di soccorso e salvataggio”, è stata l’accusa di Pietro Bartolo (Pd/S&D), che ha sottolineato come “prestare assistenza in mare è un obbligo giuridico e morale“. Allo stesso tempo, “abbiamo bisogno di aprire canali regolari di migrazione legale, combattendo la retorica dell’invasione”, ha aggiunto l’eurodeputato socialdemocratico. Dalle fila di Azione-Italia Viva, il capo-delegazione Nicola Danti ha messo in chiaro che “questo è un fallimento degli Stati nazionali che hanno scelto i propri interessi e l’ideologia, non i valori europei”, con i “piccoli e faticosi passi in avanti sul Patto che rischiano di essere resi vani dal populismo, come quello del governo italiano“.
Dai seggi del Movimento 5 Stelle Laura Ferrara ha attaccato il governo Meloni per la “propaganda e incompetenza” mostrata in particolare sulla proposta di istituire blocchi navali contro l’arrivo di persone migranti. “Ogni Stato membro ragiona in termini inter-governativi, stiamo affrontando una crisi dopo l’altra senza volontà comune”, ha attaccato l’eurodeputata M5S. L’ex-collega di partito e oggi indipendente del gruppo dei Verdi/Ale Rosa D’Amato ha affermato con veemenza che “si tratta di un nostro fallimento, perché con i soldi dei contribuenti finanziamo le carceri libiche e le guardie costiere nordafricane, responsabili dell’aumento dei morti”. Anche sul fronte delle Ong l’eurodeputata verde ha sottolineato con forza che “la teoria del fattore di attrazione è falsa, le Ong rispettano il diritto internazionale, mentre i governi lasciano i barconi alla deriva”.
Vigorosa la risposta dalle destre, in particolare dai deputati di Fratelli d’Italia, membri dell’Ecr. “Servono hotspot esterni, la questione non è quale Paese debba accogliere i migranti, ma impedire che arrivino dove non possono trovare opportunità”, è stato il commento di Vincenzo Sofo: “Il governo Meloni ha dimostrato che dobbiamo rispondere tutti uniti alla protezione delle frontiere”. Gli ha fatto eco il collega Nicola Procaccini: “Istituire centri di accoglienza nei Paesi di origine e transito, dove gestire le domande, è una proposta di buon senso e solidarietà”. Una sponda entusiasta è arrivata dalla Lega: “Dobbiamo creare centri di identificazione di migranti in Africa con personale dell’Ue, così manterremo i valori europei ed eviteremo le partenze”, ha ribadito Annalisa Tardino, rinfocolando la polemica sulle Ong: “In troppi casi sono conniventi con i trafficanti, va chiarita la reponsabilità dello Stato battente bandiera”.
Da parte di Forza Italia Salvatore De Meo ha voluto sottolineare che “quando si parla di migrazione si rischia di essere fraintesi” e per questo motivo “deve esserci un approccio comune europeo”. Mentre l’Italia sta “cercando di gestire al meglio” la situazione, l’eurodeputato forzista ha ricordato che “non esiste una questione migranti solo per Roma, ma per l’intera Europa” e che “nessuno può farcela da solo, serve una strategia europea in cui tutti facciano la propria parte”.
Di questo e di tanti altri temi di attualità nelle politiche europee si discuterà nel nono appuntamento annuale di Eunews How Can We Govern Europe?, in programma a Roma il 29 e 30 novembre negli spazi delle rappresentanze di Commissione e Parlamento europei, in piazza Venezia.