dall’inviato a Strasburgo – Da Paul-Henri Spaak a Roberta Metsola, da un’Assemblea di 78 delegati dei Parlamenti nazionali a un emiciclo di 705 eurodeputati eletti a suffragio universale dai cittadini di 27 Paesi membri dell’Ue. È cambiato molto il Parlamento Europeo da quel 10 settembre 1952, quando per la prima volta si riuniva l’Assemblea comune della Ceca (una delle quattro istituzioni della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio). Eppure, dopo 70 anni, “siamo un punto fermo della democrazia e dei valori comuni”, ha commentato con grande soddisfazione davanti all’emiciclo di Strasburgo la numero uno dell’Eurocamera, che fra due mesi compirà il suo primo anno alla guida dell’istituzione comunitaria.
Nel suo intervento alla cerimonia per il 70esimo anniversario dall’avvio della storia del Parlamento Europeo, la presidente Metsola si è soffermata sul fatto che “questa istituzione incarna la riconciliazione europea” e che, per quanto il simbolismo sia importante, “questa Assemblea è molto di più”. Ciò che è diventata l’Eurocamera -“la nostra casa della democrazia” – nei decenni è “un forum politico potente e indipendente, con poteri co-legislativi e di bilancio” che hanno “un impatto e amplifica la voce di 500 milioni di persone”. Il Parlamento Europeo è l’unico al mondo trans-nazionale, multilingue e multipartitico eletto direttamente dai cittadini: “I suoi 705 membri sono l’espressione dell’opinione pubblica europea“, ha ricordato Metsola.
Inevitabile il richiamo alla guerra in Ucraina e al valore del legame tra le istituzioni comunitarie e Kiev. “Non è una coincidenza che la bandiera dell’Ue sia stata issata su Kherson dopo tanti mesi di brutale occupazione“, è stato l’appunto di Metsola: “È perché simboleggia la speranza, il coraggio e la fiducia, questa è l’eredità della nostra Europa e degli ultimi 70 anni di questa casa”. Ecco perché “è importante celebrare l’anniversario, fermarsi a riflettere sui risultati ottenuti”, dopo aver trovato “la saggezza, il coraggio e l’umanità di scegliere di stare insieme, di abbattere i muri e di unire persone e nazioni”. Nemmeno il Parlamento Europeo è perfetto, “non lo siamo noi, non lo sono i nostri processi a volte frustranti”, ma è questo il succo della democrazia: “Dobbiamo continuare a spingere per un cambiamento positivo, giorno dopo giorno“.
Le sfide per gli eurodeputati sono moltissime: dalla “missione” di affrontare le disuguaglianze generazionali alla lotta contro la povertà e le discriminazioni di genere e della comunità Lgbtiq+, dalle sfide per la sicurezza a quelle per le pari opportunità, la crescita economica e la creazione dei posti di lavoro. “È per il rispetto dei diritti dell’uomo che questo Parlamento combatte per le popolazioni vicine in cerca di democrazia”, ha concluso il suo intervento l’eurodeputata maltese: “Ed è per onorare i bisogni effettivi dei cittadini europei, duramente colpiti dall’inflazione e dal costo della vita, che continuiamo a cercare soluzioni ai nostri problemi comuni“.
“La diversità per noi è ricchezza, non può andare distrutta, se festeggiamo i 70 anni del Parlamento Europeo, non possiamo dimenticarci che dobbiamo creare un progetto ancora più grande“, ha sottolineato con particolare forza nel suo intervento davanti all’emiciclo di Strasburgo il primo ministro del Lussemburgo, Xavier Bettel. A fargli eco l’omologo belga, Alexander De Croo: “Questo Parlamento è la vittoria dell’umanità sul nazionalismo, è la catarsi della lotta fratricida tra le nazioni europee, e ora il progetto è portato avanti non da singoli personaggi, ma da cittadini visionari ed emancipati“. La premier francese, Élisabeth Borne, ha invece sottolineato che “il futuro immediato è la fine della legislatura [nella primavera 2024, ndr] e le prossime elezioni dovranno essere un nuovo respiro democratico, un’occasione per un vero dibattito per costruire un’Europa al servizio dei cittadini”.
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La storia del Parlamento Europeo
La storia del Parlamento Europeo inizia il 10 settembre 1952 a Strasburgo con la prima riunione dell’Assemblea comune della Ceca, formata da 78 membri – quasi tutti uomini – nominati all’interno dei Parlamenti nazionali dai governi dei sei Stati membri (Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Germania Ovest e Paesi Bassi) e senza poteri legislativi. Insieme alle altre tre istituzioni della Ceca (Alta autorità, il Consiglio speciale dei ministri e Corte di giustizia), anche l’Assemblea comune viene unita a quelle della Comunità Europea dell’Energia Atomica (istituite nel 1957 con il Trattato di Roma) attraverso l’entrata in vigore del Trattato di fusione.
Il 19 marzo 1958 nasce così l’Assemblea parlamentare europea, con sede a Strasburgo e composta da 142 membri eletti con le stesse modalità della precedente Assemblea comune. Il 30 marzo 1962 assume finalmente il nome di Parlamento Europeo. Il primo gennaio 1971 viene siglato il Trattato di Lussemburgo, che introduce un sistema di risorse proprie a sostituzione dei contributi dei bilanci nazionali, affidando all’Eurocamera un certo potere sull’assegnazione degli stanziamenti, mentre sei anni più tardi (primo giugno 1977) gli eurodeputati conquistano con il Trattato di Bruxelles il diritto di respingere il bilancio della Comunità e di concedere alla Commissione il discarico (approvazione) per la sua gestione.
Dopo essere passato a 198 membri – con il primo allargamento a Danimarca, Irlanda e Regno Unito – il 20 settembre 1976 viene deciso a Bruxelles di rendere il Parlamento Europeo eleggibile a suffragio universale diretto: le prime elezioni europee si svolgono tra il 7 e il 10 giugno 1979, con i membri che toccano quota 410 (nel corso degli anni crescono fino a 782, prima di essere fissati a 750 più il presidente dal Trattato di Lisbona siglato nel 2007). Un mese più tardi, il 17 luglio 1979, l’ex-ministra della Sanità francese e sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz, Simone Veil, diventa la prima presidente del Parlamento Europeo e prima tra le sole tre donne che hanno guidato l’istituzione comunitaria (sarà seguita da Nicole Fontaine tra il 1999 e il 2022 e, oggi, da Roberta Metsola).
Da allora diverse personalità-chiave della storia contemporanea sono salite sul podio dell’emiciclo di Strasburgo: dal presidente egiziano Anwar Sadat nel 1981 (a pochi mesi dal suo assassinio) alla premier britannica Margaret Thatcher (prima presidente del Consiglio a comparire davanti agli eurodeputati per aggiornarli sui dibattiti fra i leader dei 10 Stati membri) il 16 dicembre dello stesso anno, dal presidente statunitense Ronald Reagan nel 1985 al Dalai Lama e Papa Giovanni Paolo II nel 1988, Nelson Mandela nel 1990 (primo vincitore del Premio Sacharov per la libertà di pensiero, insieme defunto dissidente sovietico Anatoly Marchenko) e la Regina Elisabetta II nel 1992 (qui il discorso integrale).
Con l’entrata in vigore dell’Atto unico europeo il primo luglio 1987 (che pone l’obiettivo della creazione di un Mercato unico), viene non solo sancita in via ufficiale la denominazione di Parlamento Europeo, ma anche riconosciuta ai suoi membri la possibilità di pronunciarsi in materia legislativa. Dopo l’ingresso di Spagna e Portogallo e delle ex-province della Germania Est (alla caduta del muro di Berlino nel 1989), il primo novembre 1993 il Trattato di Maastricht apre la strada alla creazione dell’Unione Europea e della moneta unica, introducendo parallelamente la procedura di co-decisione (poteri pari a quelli del Consiglio in alcuni settori giuridici) e la facoltà di approvare la Commissione – ovvero l’esecutivo comunitario – nel suo insieme (il diritto di approvare il presidente arriva solo il primo maggio 1999 con il Trattato di Amsterdam).
A questo proposito, il 15 marzo 1999 la Commissione presieduta dal lussemburghese Jacques Santer si dimette – anticipando un probabile voto di sfiducia del Parlamento Europeo – a causa di una relazione sugli abusi di potere dei membri del suo gabinetto. Con l’arrivo del nuovo millennio, il 7 dicembre 2000 viene proclamata la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue e due anni più tardi (nello stesso anno dell’introduzione dell’euro) si riunisce per la prima volta nella sede dell’Eurocamera di Bruxelles la Convenzione sul futuro dell’Europa, per preparare un progetto di Costituzione (rigettato nel 2005 dai referendum in Francia e Paesi Bassi). Nel frattempo il trattato di Nizza (primo febbraio 2003) riforma le istituzioni dell’Ue per consentire l’allargamento dell’Unione a 15 – con Austria, Finlandia e Svezia entrate nel 1995 – all’Europa Orientale. Un anno più tardi sono in 10 Paesi a entrare: Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria.
Anche la tecnologia fa la sua comparsa al Parlamento Europeo. Già nel 1996 è stato aperto il sito Internet – disponibile nelle allora 11 lingue ufficiali – e nel 2006 viene consentita la trasmissione continua in diretta streaming dall’Aula, uno strumento cruciale nel momento dello scoppio della pandemia Covid-19 nella primavera 2020 per mantenere costanti i lavori degli eurodeputati e della stampa anche a distanza. Il primo dicembre 2009 il Trattato di Lisbona porta a compimento la riforma istituzionale dell’Ue: il Parlamento viene posto su un piano di parità nel processo decisionale rispetto al Consiglio e viene istituita l’Iniziativa dei cittadini europei per influire sull’agenda dell’Unione (entrata in vigore nel 2012). Il 10 dicembre 2012 l’Unione Europea riceve il Premio Nobel a Oslo per il contributo alla pace e alla riconciliazione e – mentre l’Unione si allarga ancora a Bulgaria e Romania (2007) e Croazia (2013) – il Parlamento Europeo spinge sull’Accordo sul Clima di Parigi nel 2015 e sull’abolizione del roaming sul territorio comunitario (in atto dal 15 luglio 2017).
Ma il capitolo più duro è quello della Brexit, iniziato con il referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Ue indetto dall’allora premier David Cameron. Il 23 giugno 2016 gli elettori britannici si pronunciano a favore, con la successora a Downing Street 10, Theresa May, che si impegna a far recedere Londra e avviando il processo il 29 marzo 2017. La Brexit culmina con la ratifica dell’accordo di ritiro da parte del Parlamento europeo il 29 gennaio 2020: a partire dal primo febbraio termina il mandato dei deputati britannici, con il numero complessivo di eurodeputati che scende a 705 (dei 73 seggi vacanti, 27 sono ridistribuiti tra gli altri Stati membri e 46 vengono sospesi in previsione di eventuali nuovi ingressi). Anche senza il Regno Unito il Parlamento Europeo adotta nel 2021 la legge europea sul clima – che impone all’Ue di azzerare le sue emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050 – e nel 2022 le leggi sui servizi e sui mercati digitali – per regolamentare le grandi piattaforme tecnologiche e creare uno spazio digitale sicuro. Dopo lo scoppio della guerra russa in Ucraina il 24 febbraio 2022, la presidente Metsola è la prima leader europea a fare visita a Kiev sotto il fuoco dell’esercito di Mosca, a poco più di un mese dall’inizio dell’invasione.