Bruxelles – Proprio mentre il vice-presidente della Commissione europea, Margaritis Schinas, che si trova a Doha per il fischio d’inizio del Mondiale di calcio di Qatar 2022, scriveva in un tweet “Il Qatar, primo Paese arabo a ospitare la Coppa, ha attuato le riforme e merita un successo globale”, tra le spedizioni del vecchio continente è scoppiata la polemica sulla fascia arcobaleno.
In seguito alla decisione della FIFA di punire con un cartellino giallo qualunque capitano indossi sul rettangolo da gioco le fasce in sostegno alla comunità LGBTQ+, le federazioni calcistiche di Inghilterra, Galles, Belgio, Danimarca, Germania, Paesi Bassi e Svizzera hanno rilasciato un comunicato congiunto, in cui chiedono ai propri capitani di non indossare la fascia per “non incorrere in sanzioni sportive”, nonostante si dicano “frustrate dalla decisione della Fifa, che riteniamo senza precedenti”. Sulla questione si è espressa la vice-capo portavoce della Commissione europea, Dana Spinant, che questa mattina (21 novembre) ha dichiarato a proposito: “Per noi è molto importante che le cause rappresentate dalla fascia arcobaleno siano portate in alto e riconosciute in tutto il mondo”.
Football unites the world. #WorldCup2022 the first post-pandemic global event that shows we are taking our lives back.
Qatar, the first Arab and the smallest country ever to host the Cup, delivered reforms & merits a global success.
Europe’s sport model an inspiration for all pic.twitter.com/KWWO5736Nr
— Margaritis Schinas (@MargSchinas) November 20, 2022
La FIFA ha cercato di addolcire la sua posizione con una nota, in cui ribadisce la natura “inclusiva” dell’organizzazione, “che vuole mettere il calcio a beneficio della società sostenendo cause buone e legittime, ma deve essere fatto nel quadro dei regolamenti della competizione che sono noti a tutti”. La legislazione del Qatar sui diritti LGBTQ+, secondo cui gli atti omosessuali sono perseguibili con pene fino a 7 anni di carcere, non è però l’unica questione sul tavolo: parallelamente c’è l’enorme tragedia dei lavoratori migranti arrivati nell’emirato per costruire stadi e infrastrutture per i mondiali. Secondo il The Guardian, le morti bianche per preparare la Coppa del mondo sarebbero state oltre 6 500, dato smentito dal ministro del Lavoro di Doha, Ali Bin Samikh Al Marri, in una recente audizione al Parlamento europeo.
In seguito all’endorsement affidato a Twitter da parte di Schinas, il portavoce della Commissione europea, Peter Stano, ha chiarito nell’appuntamento quotidiano con la stampa la linea ufficiale di Bruxelles: “La nostra politica con il Qatar è apprezzare i risultati ottenuti e incoraggiare gli step successivi per risolvere i problemi che restano”. E dunque l’Ue saluta con favore l’abolizione del sistema del kafala (istituzione giuridica islamica utilizzata per controllare i lavoratori stranieri, che finisce per facilitare casi di sfruttamento) e l’adozione di un minimo salariale per i lavoratori migranti. Ma restano diversi nodi da sciogliere sul mercato del lavoro, soprattutto riguardanti le condizioni di vita e l’accesso alla giustizia per gli immigrati.
In questo contesto l’Unione europea ha inaugurato in settembre la sede della delegazione Ue a Doha, “un ulteriore strumento per condurre il dialogo con le autorità locali e seguire l’effettiva implementazione delle riforme concordate”, ha spiegato Peter Stano. Sia per quanto riguarda la tutela dei diritti dei lavoratori, sia nel campo dei diritti umani. Proprio su quest’ultimo punto il Parlamento Ue, riunito a Strasburgo, ha tenuto un dibattito oggi un dibattito e voterà una risoluzione giovedì 24 novembre.
Il dibattito parlamentare sullo stato dei diritti umani in Qatar
A una settimana dall’audizione con il ministro del lavoro di Doha, gli eurodeputati hanno sollevato nuovamente le preoccupazioni sullo stato dei diritti umani in Qatar. La commissaria Ue per la salute e la sicurezza alimentare, Stella Kyriakides, ha aperto il dibattito citando i dati pubblicati dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO): 50 vittime e 500 feriti in incidenti sul lavoro nella costruzione delle infrastrutture necessarie alla manifestazione. Ben altri numeri rispetto a quelli dell’inchiesta del The Guardian, riportati anche da diverse organizzazioni che difendono i diritti umani. “È fondamentale il nostro impegno per far pressione sul governo del Qatar, affinché porti avanti le riforme anche dopo la fine dei mondiali”, ha ricordato Kyriakides lasciando il microfono agli interventi dei parlamentari.
Dopo di lei, i toni si sono fatti decisamente più accesi, con la copresidente del gruppo Sinistra Unitaria Europea, Aubry Manon, che in un’invettiva sui “mondiali della vergogna” ha indossato la famigerata fascia arcobaleno vietata dalla FIFA.
Hanno preso la parola in aula anche gli italiani Nicola Procaccini, di Fratelli d’Italia, e l’ex 5 stelle Daniele Rondinelli: per Procaccini il Qatar ha investito le sue enormi risorse economiche in un’operazione di “softpower per diffondere l’islamismo nel mondo”, mentre Rondinelli ha accusato le istituzioni europee e internazionali di un silenzio lungo 12 anni, “che suona come assenso ma anche come connivenza”.
I rappresentanti del gruppo dei Verdi hanno portato all’attenzione dell’emiciclo il costo climatico dell’organizzazione della Coppa del mondo, con 3.6 milioni di tonnellate di Co2 prodotte – il 71 per cento in più di emissioni rispetto all’edizione precedente- nella realizzazione di stadi e infrastrutture e stadi che vengono raffreddati con aria condizionata durante le partite. Questione che è passata in sordina, ma che a pochi giorni dalla chiusura della COP27 di Sharm el-Sheik, dove si è raggiunto un accordo sul clima definito da molti deludente, lascia perplessi.
Forse, come ha dichiarato l’europarlamentare della Sinistra europea, Miguel Urban Crespo, si può trovare “un messaggio politico nell’aver organizzato la manifestazione in Qatar: i soldi valgono più dei diritti”, umani, del lavoro o climatici che siano.