Bruxelles – “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”. La frase celebre che sintetizza il risorgimento italiano a qualcuno potrà suonare ancora molto attuale. Le differenze tra regioni restano, il divario tra nord e sud ancora lì, come quel Ponte sullo Stretto di cui si parla anche prima dell’Italia unita. In epoca moderna l’idea era stata esplorata dai Borboni quando il sud faceva ancora parte del Regno delle due Sicilie. Ferdinando II voleva rendere i suoi possedimenti extra-iberici all’avanguardia, come dimostra la realizzazione della Napoli-Portici, prima linea ferroviaria costruita su suolo dell’attuale Italia peninsulare, e nel 1840 diede ordine di predisporre gli studi del caso. Ma gli studi dell’epoca suggerirono al monarca di lasciar perdere, visti gli eccessivi costi.
Fu nel 1866 che il governo del regno d’Italia iniziò a ragionare sul collegamento fisico tra Sicilia e resto del Paese. Paese ancora tutto da fare. Ancora non era stata combattuta e vinta la terza guerra d’indipendenza, e l’Italia politica e geografica non comprendeva ancora il Veneto, Mantova, e parte del Friuli. Con Roma ancora sotto il controllo del Papato e Firenze capitale. L’Italia non era fatta, ma si pensava già al ponte. Senza passare ai fatti. L’opera continua a restare su carta. Un duro colpò lo assestò il terremoto di Messina del 1908. E’ in quel momento che si comprese che la natura sismica del territorio non poteva essere tralasciata. Neppure l’Italia fascista, che pure produsse importanti politiche infrastrutturali e di ammodernamento del Paese, seppe rispondere alla sfida.
I conflitti mondiali e le rispettive ricostruzioni fecero passare il progetto in secondo piano. E’ solo negli anni Cinquanta del secolo scorso, sulla scia del ‘boom economico’, che i governi Dc ritirarono fuori l’idea di un ponte sullo stretto di Messina rimasto nel cassetto. Ma è solo nel 1971, con il governo Colombo (Emilio Colombo avrebbe poi ricoperto la carica di presidente del Parlamento europeo dal 1977 al 1979, prima che l’istituzione fosse eletta a suffragio universale diretto, ndr), che si decreta l’istituzione di una società responsabile di studio e progettazione dell’opera. Anche se la Stretto di Messina spa verrà costituita solo dieci anni più tardi. Partecipanti dell’impresa Iri, Ferrovie dello Stato, Anas e Regione Calabria e Regione siciliana.
Tutto sembra finalmente prendere vita nel 2005, quando Impregilo si aggiudica la gara di appalto. Ma tutto si ferma immediatamente. La Direzione investigativa antimafia denuncia tentativi di infiltrazioni della criminalità organizzata. L’avvento del governo Prodi contribuisce allo stop di ogni iter. Nel frattempo Stretto di Messina spa viene accorpata ad Anas. Nel 2011 la Commissione europea non approva il progetto, invece vidimato dal IV governo Berlusconi, e non lo inserisce nella lista dei cantieri da finanziare nel quadro delle grandi reti di trasporti Ten-T. L’Italia decide di andare avanti da sola, ma nel 2013 Mario Monti dichiara che non ci sono soldi e l’opera viene abbandonata e il governo Letta, con decreto, mette in liquidazione Stretto di Messina spa. Oggi il rilancio da parte del governo Meloni.