Bruxelles – Laurea, questa sconosciuta. Nell’Ue la possiede appena il 41,2 per cento di uomini e donne di età compresa tra 25 e 34 anni, vale a dire meno della metà della popolazione in età da studi universitari. Di fronte a questo dato, quello tricolore brilla ancora meno, attestandosi al 28,3 per cento. Le cifre diffuse da Eurostat aggiornate al 2021, e offerte anche a livello regionale, mettono a nudo i limiti di un’Unione europea che ha nel sistema di istruzione terziaria uno dei suoi punti deboli.
Meno lauree vuol dire meno personale altamente qualificato e specializzato e, di conseguenza, meno possibilità di poter essere competitivi in un mondo sempre più orientato a nuovi modelli. Non è un caso se l’Ue, in termini di innovazione, continua a fare fatica a tenere il passo con Australia, Canada, Corea del Sud e Stati Uniti.
Non solo. Il dato è anche un campanello d’allarme se si considera la voglia di transizione verde e digitale che l’Unione europea ha deciso di compiere. Processi che inevitabilmente apriranno la strada a nuovi mestieri, per cui serviranno nuove leve lavorative adatte allo scopo, come trattato da Eunews nel corso di uno dei tanti eventi organizzati per stimolare il dibattito sull’Europa. Ma nel mercato del lavoro si contano solo giovani con un titolo maturità – classica o scientifica che sia – e qualche diploma di istituti tecnici.
In Italia è l’Emilia-Romagna la regione con la quota maggiore di laureati under 35, con il 33,4 per cento degli immatricolati e non. Una performance forse motivo di vanto a livello nazionale, ma che non riesce neanche a toccare una pur non altissima media a dodici stelle.
Per fare un confronto se in Italia non si contano neanche tre laureati su dieci persone di età compresa tra 25 e 34 anni, in Francia ce ne sono più di sei (64,9 per cento), quasi due su tre. Anche la Spagna ha una quota di laureati superiore a quella italiana (40,2 per cento), ma basta il colpo visivo per rendersi conto di una situazione che non fa onore al sistema Paese. In una scala cromatica ascendente di sei tonalità che va dall’arancione arriva al blu attraverso rosa e celeste, nessuna regione italiana ha alcuno degli ultimi due colori.
L’istituto di statistica europeo cita il Paese, e non per prenderlo a modello. L‘estremità inferiore della distribuzione vede 22 regioni dell’Ue in cui meno di un quarto di tutte le persone di età compresa tra 25 e 34 anni aveva un livello di istruzione terziaria nel 2021. “Queste regioni erano concentrate principalmente negli Stati membri dell’UE orientale, così come prevalentemente tra quelle meridionali d’Italia“, distanti anche dal 28,2 per cento nazionale.
L’Unione europea, Italia in testa, dovrà saper invertire la rotta. O, in alternativa, mettere in piedi un sistema di formazione alternativo ad un’università che non sembra tenere il passo.