Bruxelles – L’Italia agita i pugni ma non li batte. Dopo la tempesta, la quiete. Sull’immigrazione si corregge la rotta, si vuole far rientrare la crisi diplomatica appena consumata, evitarne una nuova, e circoscrivere i danni. Al ministro per gli Affari europei di Parigi, Laurence Boone, “ho spiegato la nostra posizione”, e che nelle dichiarazioni “non c’è intento polemico”, si affretta a spiegare il capo delle diplomazia italiana, Antonio Tajani. Certo, dopo il colloquio tra il presidente francese, Emmanuel Macron, e il capo dello Stato, Sergio Mattarella, “le cose si sono rese più serene”, riconosce il ministro degli Esteri, che incassa il colpo e prova raddrizzare la barra.
A Bruxelles il titolare della Farnesina torna a ripetere una storia già sentita altre, tante, volte. “L’Italia ha posto il problema dell’immigrazione, che è un problema europeo, non è un tema tra Italia e Francia”. Vuole provare a distendere le relazioni con Parigi sostenendo che non ci sono scontri, che “nessuno vuole esacerbare i toni”, e che non “oggi non ci sono toni da frattura” quanto, al contrario, “voglia di tutti di trovare una soluzione al problema”. Una narrativa non diversa da quella di altri governi tricolori, da ultimo quello di Draghi, che nella veste di capo di governo ha spinto tanto e ottenuto poco. Ha sollevato anche lui il tema, è riuscito a portarlo all’attenzione dei leader, ma alla fine ha raccolto poco.
Quel cambio di passo non c’è mai stato, non come l’Italia avrebbe voluto e auspicato, perché il tema continua a dividere e la solidarietà a fasi alterne. Eppure, nonostante tutto e la delicatezza di un tema sempre molto scivoloso per chi deve gestire campagne elettorali, l’Italia aveva ottenuto un accordo su redistribuzioni al termine di un lavoro certosino non affidato a strappi né braccia di ferro. Ma in Patria e ai suoi strenui difensori sollevare il tema, di questi tempi, vuol dire cavalcare su praterie molto fertili in termini e crescita dei consensi. Finché la questione resterà, il modo per auto-alimentare il centro destra sarò assicurato.
Tajani, al termine del consiglio Affari esteri, dopo che i colleghi di maggioranza hanno fatto saltare anche i pochi progressi fin qui raggiunti, ripropone in salsa nuova la ricetta già vecchia del piano per l’Africa per evitare le partenze. La Commissione ci lavora ormai da anni, da quando l’Alto rappresentante si chiamava Federica Mogherini, per una cooperazione non certo nuova e non certo perfetta che comunque esiste e produce risultati.
Il ministro degli Esteri può comunque tornare a casa con qualcosa da offrire all’opinione pubblica. Può dire di aver avuto “una giornata positiva”, che l’Italia si fa valere e rispettare, e che probabilmente otterrà anche una riunione straordinaria dei ministri competenti. Ma vittorie vere e proprie, queste non può prometterle neppure Tajani. “Non siamo entrati nel vivo del dibattito, non siamo scesi nel dettaglio“. Però si cerca di smorzare i toni con Parigi. Sull’immigrazione niente di nuovo. Ancora una volta.