Bruxelles – Una proposta in nove punti che, senza mai citare la parola “indipendenza” esplicitamente, punta a risolvere la disputa tra Serbia e Kosovo mettendo nero su bianco il reciproco rispetto della giurisdizione, dell’integrità territoriale e dell’inviolabilità dei confini dei due Paesi balcanici. Secondo quanto emerge dall’anticipazione dell’ultima bozza della proposta franco-tedesca pubblicata da Euractiv, Parigi e Berlino sarebbero seriamente intenzionate a rilanciare il dialogo tra Belgrado e Pristina mediato dall’Ue dal 2011, e mettere fine a un conflitto diplomatico – dopo quello armato del 1998-1999 – che prosegue dal 2008, con la dichiarazione di indipendenza unilaterale del Kosovo dalla Serbia.
Dell’esistenza di una proposta franco-tedesca a Bruxelles se ne parla ormai da settembre, ma i dettagli erano finora sempre rimasti oscuri (fatta eccezione per una prima indiscrezione dell’Albanian Post, ormai superata dalla nuova bozza). Sia le autorità kosovare sia quelle serbe hanno confermato che il documento è arrivato nelle rispettive capitali e al summit del Processo di Berlino del 3 novembre la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, aveva messo in chiaro che da parte dell’esecutivo comunitario c’è “pieno supporto” al nuovo input e che “sarà integrato” nel dialogo facilitato dall’Ue: “È un ponte gettato per risolvere i problemi nel modo più veloce“, aveva spiegato von der Leyen.
È inedita la sinergia tra Parigi e Berlino sulle questioni balcaniche e sull’allargamento dell’Ue nella regione, ma potrebbe essere il primo tassello di una nuova collaborazione tra le due maggiori forze europee per superare gli stalli che si trascinano da anni, se non da decenni.
La Germania è stato finora l’attore più rilevante – insieme all’Italia – nella spinta in avanti dell’Unione nei confronti dei Sei dei Balcani Occidentali (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia). Nel 2014 l’allora cancelliera tedesca, Angela Merkel, aveva inaugurato il Processo di Berlino, una delle più significative iniziative diplomatiche sull’allargamento Ue nella regione.
La Francia invece, dopo anni a remare contro l’ingresso di nuovi Paesi nell’Unione, di fronte ai rischi reali di destabilizzazione russa nei Balcani Occidentali ha preso in mano le redini diplomatiche nel corso del suo semestre di presidenza del Consiglio dell’Ue e ha contribuito con due proposte allo sblocco dello stallo sull’avvio dei negoziati di adesione di Macedonia del Nord e Albania.
La proposta franco-tedesca sul dialogo tra Serbia e Kosovo
La versione più aggiornata della proposta franco-tedesca è suddivisa in nove articoli e parte dalla constatazione che Kosovo e Serbia dovranno sviluppare “relazioni normali e di buon vicinato basate sulla parità di diritti” e guidate dalle “reciproche aspirazioni all’adesione all’Ue” (la richiesta di Pristina è attesa entro la fine dell’anno, mentre Belgrado si trova in una fase di stallo, a causa del non-allineamento con la politica estera e di sicurezza dell’Unione).
Anche in considerazione degli ultimi sviluppi sul piano delle tensioni nel nord del Kosovo per la re-immatricolazione delle auto con targa serba, la proposta di Parigi e Berlino prevede che i due Paesi Balcanici, “in conformità con gli Accordi di stabilizzazione e associazione firmati da entrambe le parti”, si impegnino a “risolvere qualsiasi controversia tra loro esclusivamente con mezzi pacifici” e ad “astenersi dalla minaccia o dall’uso della forza”. Da notare la specifica sulla “inviolabilità, ora e in futuro, della frontiera/confine esistente” e del “pieno rispetto della reciproca integrità territoriale”. Tra le righe, la Serbia dovrà riconoscere nei fatti la sovranità e l’indipendenza del Kosovo.
Elemento implicito confermato dal quarto punto del documento: “Il Kosovo e la Serbia partono dal presupposto che nessuna delle due parti può rappresentare l’altra nella sfera internazionale, né agire per suo conto”. Di qui dovrebbero seguire le azioni della diplomazia europea, sia per il riconoscimento della sovranità del Kosovo dai cinque Stati membri Ue che ancora non l’hanno fatto (Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia), sia per l’accesso di Pristina a tutte le istituzioni internazionali, dalle Nazioni Unite (al momento bloccato dal veto di Russia e Cina al Consiglio di Sicurezza) al Consiglio d’Europa.
Pristina e Belgrado dovranno poi promuovere “relazioni pacifiche nei Balcani Occidentali” e contribuire “alla sicurezza regionale e alla cooperazione in Europa”, a partire dal “rispetto reciproco della giurisdizione di ciascuna parte“. Il richiamo è di nuovo non solo alla normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo, ma anche al rispetto dei principi della politica estera dell’Unione – a cui entrambi i Paesi balcanici aspirano ad aderire – in primis sulla condanna delle guerra russa in Ucraina e l’allineamento alle sanzioni economiche contro il Cremlino.
Il settimo e ottavo articolo della proposta franco-tedesca si indirizzano alla messa a terra delle “questioni pratiche e umanitarie” tra i due partner: “Concluderanno accordi al fine di sviluppare e promuovere, sulla base del presente Trattato e a reciproco vantaggio, la cooperazione” bilaterale nei settori “dell’economia, della scienza e della tecnologia, dei trasporti, delle relazioni giudiziarie, delle poste e delle telecomunicazioni, della sanità, della cultura, dello sport, della protezione dell’ambiente e in altri campi”, con i dettagli specificati in un “protocollo aggiuntivo”. In questo contesto, Kosovo e Serbia “si scambieranno missioni permanenti” da istituire “presso la sede del rispettivo governo” (le questioni pratiche sull’istituzione di tali missioni “saranno trattate separatamente”, specifica il testo).
E infine i due Paesi balcanici converranno che il documento “non pregiudica i trattati e gli accordi internazionali bilaterali e multilaterali da essi già conclusi“. Si tratta in questo caso di un riferimento implicito al nodo dell’istituzione dell’Associazione delle municipalità serbe in Kosovo, prevista dall’Accordo di Bruxelles del 2013. Recentemente è stato il portavoce del Servizio europeo per l’Azione esterna (Seae), Peter Stano, ad avvertire le autorità kosovare che si tratta di “un obbligo legale vincolante” e che “devono essere avviate immediatamente le iniziative per la creazione” della comunità di municipalità a maggioranza serba a cui dovrebbe essere garantita una maggiore autonomia.